Amarcord: Patrick Kluivert, non tutti gli olandesi sono da Milan

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Dici Olanda e pensi a Cruyff, a Gullit a Van Basten, certamente anche al Milan che proprio grazie alla presenza di tre olandesi ha vinto tutto in Italia, in Europa e nel mondo. Un binomio, quello fra arancioni e rossoneri, che per anni ha fatto tifare per la nazionale olandese moltissimi milanisti, come i napoletani amavano l’Argentina di Maradona e come gli interisti la Germania di Brehme, Matthaus e Klinsmann. Eppure, non sempre l’Olanda ha fornito al Milan risorse vincenti, esempio emblematico ne è Patrick Kluivert, passato in pochi mesi da erede di Van Basten a idolo di Mai Dire Gol.

L’estate del 1997 è burrascosa al Milan: i rossoneri hanno chiuso la stagione 96-97 a metà classifica e fuori dalle coppe europee, il peggior piazzamento in campionato da quando Silvio Berlusconi è in carica alla presidenza milanista. L’esperimento dell’allenatore uruguaiano Oscar Tabarez è fallito prima di Natale, quello del ritorno in panchina di Arrigo Sacchi è naufragato col proseguimento dell’annata, l’eliminazione al primo turno di Coppa Campioni per mano dei modesti norvegesi del Rosenborg, vittoriosi per 2-1 a San Siro quando al Milan bastava il pari per qualificarsi, poi il crollo in campionato, condito dall’umiliante 1-6 casalingo patito contro la Juventus. Ce n’è abbastanza, insomma, per cambiare tutto: Berlusconi in persona contatta Fabio Capello che è reduce dallo scudetto vinto al Real Madrid, club che ha voluto e che ora vuole lasciare. Il presidente, che nell’estate del 1991 aveva investito e scommesso sull’esordiente Capello che lo aveva poi ripagato con 4 scudetti ed una Coppa dei Campioni in 5 anni, convince il tecnico friulano a tornare a Milanello e a riprendere il discorso interrotto a maggio del 1996.

Capello al posto di Sacchi, dunque, come nel 1991, sperando che anche l’epilogo sia identico all’antefatto. Berlusconi ne è convinto, Galliani un po’ meno perché ha parlato coi senatori della squadra (Maldini, Albertini, Costacurta, Desailly, Sebastiano Rossi) che sono scettici circa il ritorno di Capello, non lo vogliono, i 5 anni con lui li hanno spremuti, gli sono grati ma vogliono voltare pagina. Berlusconi è stato, però, irremovibile, ha pure parlato con lo spogliatoio, ha promesso rinforzi ed un ritorno immediato al vertice. Serve un nuovo centravanti, da tempo i rossoneri hanno bloccato Patrick Kluivert, punta dell’Ajax che ad appena 19 anni nel 1995 ha consegnato agli olandesi la Coppa dei Campioni al Prater di Vienna e proprio a spese del Milan. Anche qui, il binomio è immediato: Olanda+Milan, ovvero Gullit, Van Basten, Rijkaard e le tante vittorie del passato. Kluivert come Van Basten, il ritorno ai fasti di un tempo, anche perché Kluivert è centravanti di razza, bravo tecnicamente, forte di testa, senso del gol innato, capacità acrobatiche, naturale predisposizione al sacrificio per la squadra, dote particolarmente apprezzata da Capello.

Il Milan 97-98 sembra veramente uno squadrone: Kluivert è la ciliegina sulla torta ad un attacco in cui c’è già George Weah e quella formata dal liberiano e dall’olandese sembra la coppia migliore della serie A, anche perché i rossoneri non vogliono essere da meno rispetto ai dirimpettai cittadini dell’Inter che si presentano alla nuova stagione con sua maestà Ronaldo di cui si è parlato per tutta l’estate. E l’avventura di Kluivert al Milan parte pure come meglio non potrebbe: la sera di domenica 19 agosto 1997 a San Siro va in scena il Trofeo Berlusconi, di fronte ci sono Milan e Juventus. Bianconeri avanti con il gol di Antonio Conte nel primo tempo, ad inizio ripresa pari milanista con André Cruz, poi al 60′ il capolavoro di Kluivert che, ricevuta palla dalla destra, lascia partire un fendente di destro che si infila sotto l’incrocio dei pali e fa impazzire i tifosi rossoneri, non tanto per la partita in sé che vale poco o niente, quanto per le prospettive di una stagione in cui il Milan potrà tornare protagonista grazie ai gol di quel centravanti olandese che potrebbe rendere meno profonda la ferita dell’anticipato addio al calcio di Marco Van Basten.

Ma il calcio d’estate, si sa, è come l’amore: i baci estivi si esauriscono quando chiudono gli ombrelloni e la prodezza di agosto di Kluivert finirà nel cassetto dei ricordi come un breve flirt in mezzo al mare. Inizia il campionato e il Milan di Capello fa subito cilecca pareggiando all’esordio 1-1 a Piacenza, poi ripete lo stesso risultato alla seconda giornata contro la Lazio a San Siro, partendo già in salita, così come a deludere è proprio Kluivert, lento nella manovra, timoroso nelle conclusioni. Alla terza giornata, però, l’olandese si sblocca facendo gol a Udine in una partita che il Milan comunque perderà a causa della doppietta di colui che appena un anno dopo sarà proprio l’erede di Kluivert in rossonero, Oliver Bierhoff. Quarta giornata: il Milan è già sotto assedio da parte dei media e dei tifosi, contro il Vicenza a San Siro deve vincere ad ogni costo, ma la tensione taglia le gambe ad una squadra impaurita, Kluivert si mangia un paio di gol, Di Napoli fa gol su punizione e i veneti vincono per 1-0, il Milan ha 2 punti in classifica, l’Inter è in testa con 12 a punteggio pieno, le contestazioni in casa milanista aumentano a dismisura.

Sulla graticola non c’è solo Capello, il cui ritorno si sta rivelando un disastro, ma anche quel centravanti olandese che più che Van Basten a parecchi tifosi ricorda Luther Blissett, celebre bidone inglese approdato al Milan ad inizio anni ottanta. La prima vittoria in campionato, i rossoneri la ottengono ad Empoli la settimana successiva grazie ad un gol dell’attaccante svedese Andreas Andersson, ironia della sorte, riserva di Kluivert che è ancora alla ricerca di sé stesso. Sesta giornata, Milan-Lecce: la squadra di Capello va sotto dopo pochi secondi e chiude il primo tempo sullo 0-2; è un Milan sconcertante, così come Kluivert che mostra una peculiarità tutt’altro che invidiabile: ogni qual volta si presenta davanti al portiere avversario, il centravanti cerca di superarlo con deboli pallonetti che si perdono o sul fondo o fra le braccia degli increduli estremi difensori. La sconfitta col Lecce getta Capello e i suoi giocatori in pasto alle critiche più feroci e Kluivert è fra i più bersagliati.

L’olandese, va detto, è anche sfortunato, perché durante Sampdoria-Milan del 2 novembre 1997, ad esempio, l’attaccante è volenteroso e concentrato, ha sui piedi la palla gol per sbloccarsi ma coglie una clamorosa traversa nonostante l’ottimo anticipo sulla difesa sampdoriana; il Milan vince comunque 3-0 e anche su Kluivert torna ad affacciarsi una timida fiducia, rinforzata anche dal gol in Coppa Italia contro la stessa Sampdoria e da quello in campionato contro il Bari ad inizio dicembre. Proprio prima di Natale, l’olandese sembra rinato: a Bergamo il 14 dicembre, Kluivert sigla la doppietta con cui il Milan batte l’Atalanta, anche se la prima rete, segnata dopo appena 1 minuto, viene attribuita dalla Lega Calcio come autogol dell’atalantino Lucarelli su cui carambola il colpo di testa dell’ex attaccante dell’Ajax. Male per le statistiche, bene per Capello che si illude di aver finalmente ritrovato il suo bomber, anche se il Milan chiude il 1997 con il deludente 0-0 casalingo contro il Bologna, gara in cui debutta in rossonero Maurizio Ganz, passato dall’Inter al Milan dopo aver litigato con i nerazzurri.

L’inizio del 1998 non sorride al Milan e a Kluivert, sempre più abulico. A Milanello arriva anche Filippo Maniero, altro centravanti, segno che pure Capello ha perso fiducia nell’olandese che intanto fa gol di testa in Lazio-Milan 2-1 dell’8 febbraio 1998, segnando proprio sul fischio finale dell’arbitro, una rete che non ricorderà nessuno. Due settimane più tardi, però, Kluivert ne fa due al Vicenza, peraltro entrambi molto belli, il primo con un pallonetto dal limite dell’area, il secondo con una staffilata all’incrocio dei pali; il Milan vince 4-1 e spera ancora nella Coppa Uefa, il centravanti olandese spera di aver ritrovato quella vena realizzativa mai avuta finora in Italia, senza sapere ancora, però, che quelli di Vicenza saranno i suoi ultimi centri in serie A e che fra lui e il Milan la storia sta finendo, anche se c’è spazio per un ultimo incontro d’amore, forse il più inaspettato, forse quello che genera più rammarico per ciò che poteva essere e non è stato, ma soprattutto per ciò che non sarà mai.

E’ il 12 marzo 1998, al Tardini si gioca la semifinale di ritorno di Coppa Italia Parma-Milan, all’andata a San Siro è finita 0-0. I rossoneri segnano con Kluivert nel primo tempo dopo aver fallito un rigore con Ziege (altro flop inatteso), ma il Parma nella ripresa ribalta la situazione segnando prima con Chiesa e poi all’86’ con Stanic, un gol che sembra spedire i gialloblu in finale. Il Milan si catapulta in avanti, non ha più nulla da perdere, al 93′ guadagna una punizione dalla trequarti: calcia Boban, in area si accende una mischia furibonda, Costacurta cerca di battere a rete ma la difesa del Parma fa muro, irrompe Kluivert che si ritrova la palla sul destro e la spedisce in rete per il 2-2 che consente ai rossoneri di andare in finale contro la Lazio (finale, peraltro, persa malamente dalla squadra di Capello). L’olandese si fa tutto il campo di corsa esultando come un matto, sommerso dai compagni mentre intanto Capello esulta come un invasato, pensando che la stagione possa essere salvata in extremis dalla Coppa Italia. Non sarà così, il tecnico a fine stagione sarà esonerato, a Milanello ci sarà un’epurazione, arriverà Alberto Zaccheroni in panchina ed Oliver Bierhoff in attacco, anche per Kluivert le porte si chiuderanno.

L’olandese avrà più fortuna a Barcellona dove segnerà tanto vincendo il titolo al primo anno nel 1999, proprio come il nuovo Milan di Zaccheroni. Nel 2000, inoltre, sarà capocannoniere degli Europei che l’Olanda ospiterà assieme al Belgio, tornando ad essere quel bomber che tutta Europa invidiava all’Ajax. Al Milan non è andata, Kluivert è arrivato nel posto sbagliato al momento sbagliato, ha chiuso l’annata con appena 9 gol fra campionato e Coppa Italia, ha subìto la contestazione dei tifosi e pagato più di altri il disastro globale della squadra. Olandese come Van Basten, maglia numero 9 come Van Basten: il Milan voleva ricreare una leggenda che, però, è rimasta negli almanacchi.

di Marco Milan

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