Amarcord: Roberto Carlos all’Inter, tutte le stranezze di una cessione epocale

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E’ diventato un calciatore leggenda, un mito, probabilmente il terzino sinistro più forte della storia del calcio assieme a Paolo Maldini. Ma è leggendaria anche la sua breve parentesi italiana, una sola stagione che ancora oggi fa parlare e scontrare tifosi, esperti ed appassionati. E’ la storia di Roberto Carlos all’Inter, un rimpianto che è rimasto nel cuore del pubblico nerazzurro.

Quella dell’estate del 1995 è la prima campagna acquisti di Massimo Moratti da presidente dell’Inter. Il patron nerazzurro, figlio di colui che negli anni sessanta aveva regalato al club milanese 2 Coppe Campioni consecutive, ha acquistato la società da Ernesto Pellegrini a febbraio dello stesso anno e vuole partire col botto, con un mercato sfavillante che abbia due significati: farsi immediatamente amare dalla tifoseria e, soprattutto, riportare l’Inter a vincere lo scudetto dopo 7 anni di attesa. Moratti è disposto a spendere, vuole il fantasista argentino Ariel Ortega ed Eric Cantona, ma la dirigenza non riesce ad accontentarlo e gli porta altri due argentini, gli sconosciuti Javier Zanetti e Sebastian Rambert di cui, come si sa, solo il primo farà faville. Arriva, però, anche Roberto Carlos, un terzino sinistro brasiliano di 22 anni e di cui si dicono grandi cose, ovvero che sia velocissimo e con la dinamite nel piede mancino; bassino (appena 1 metro e 68 di altezza) e non particolarmente longilineo, ma è già sul taccuino di tanti club europei, tanto che l’Inter deve sborsare ben 10 miliardi di lire per strapparlo al Palmeiras.

L’allenatore interista è ancora Ottavio Bianchi che in carriera ha vinto lo scudetto col Napoli nel 1987, la Coppa Uefa sempre coi partenopei nel 1989 e la Coppa Italia con la Roma nel 1991, anno in cui coi giallorossi perde anche la finale Uefa proprio contro l’Inter. I nerazzurri, in vista della stagione 95-96, sono tra i favoriti per la vittoria dello scudetto assieme ai campioni in carica della Juventus e ai rivali cittadini del Milan, oltre al Parma di Scala che ha portato a casa il fuoriclasse bulgaro Stoichkhov. E poi c’è la Coppa Uefa, trofeo a cui Moratti tiene molto perché alla portata della squadra e perché negli ultimi anni è stato l’unico alzato al cielo dalla compagine interista, nel già citato 1991 e nel 1994. L’Inter, insomma, ai nastri di partenza dell’annata è attesa e scrutata da tutti, così come quel nuovo terzino brasiliano di nome Roberto Carlos che a qualcuno ricorda l’ex genoano Branco e che per altri è già a lui superiore. Al di là dei paragoni, comunque, il neo interista appare come uno dei protagonisti annunciati della stagione e pure nelle aste del Fantacalcio il suo nome è probabilmente il più gettonato fra i difensori poiché sono tutti convinti che possa segnare fra i 5 e i 10 gol.

La stagione di Roberto Carlos, effettivamente, comincia come meglio non potrebbe: domenica 27 agosto 1995 il difensore nerazzurro decide con un bolide rasoterra su punizione Inter-Vicenza, prima giornata di campionato. La partita viene fondamentalmente ricordata per l’esordio con gol del terzino, meno per la scialba prestazione della squadra di Bianchi, a tratti messa sotto dal neo promosso Vicenza di Guidolin che sfiora prima il vantaggio e nel finale il pareggio con Maurizio Rossi che grazia Pagliuca da due passi. Trascorrono 72 ore e Roberto Carlos si ripete in Coppa Italia a Venezia segnando una spettacolare rete col suo sinistro potente e preciso, diventando immediatamente l’idolo della folla interista. Seconda giornata di campionato: l’Inter perde 2-1 a Parma, ma il gol del vantaggio nerazzurro lo sigla ancora lui, così come suo è il gol con cui la formazione milanese pareggia 1-1 a Lugano nell’andata del primo turno di Coppa Uefa. Siamo solo a metà settembre, ma Roberto Carlos ha già conquistato il popolo nerazzurro ed il presidente Moratti a cui, peraltro, ha dedicato il gol vittoria contro il Vicenza.

Il brasiliano è felice, lo ripete ad ogni intervista nel suo stentato e timido italiano, mentre in campo non è certo il coraggio o il carattere a mancargli. Peccato, però, che l’Inter non ne segua le caratteristiche: la squadra di Bianchi, infatti, perde in casa clamorosamente nel ritorno contro il Lugano facendosi sbattere fuori dalla Coppa Uefa, poi inizia a stentare anche in campionato dove pareggia 0-0 a San Siro col Piacenza venendo ricoperta di fischi e perde 2-1 a Napoli, proprio dove Ottavio Bianchi ritrova tanti amici ma anche la fine della sua avventura a Milano, poiché Moratti dopo il ko del San Paolo decide di esonerare l’allenatore e chiamare in panchina Roy Hodgson che è inglese ma che in quel momento guida la nazionale svizzera, incarico che ricoprirà fino a dicembre, anche se ciò non gli impedirà di allenare al contempo anche l’Inter. Nessuno sa ancora che l’ingaggio del tecnico britannico sarà l’inizio della fine dell’avventura italiana di Roberto Carlos che continua a lavorare e ad essere ogni domenica il migliore dei suoi. Il talento, del resto, è sotto gli occhi di tutti, oltre al fatto che il brasiliano è costantemente un pericolo anche in attacco.

Domenica 1 ottobre a San Siro si gioca Inter-Torino, Bianchi è andato via ma Hodgson non è ancora arrivato e così in panchina va Luis Suarez, i nerazzurri vincono 4-0 e Roberto Carlos segna la prima rete del pomeriggio, la terza in campionato, la quinta comprendendo anche le coppe. Con l’arrivo di Hodgson incomincia a sorgere un problema tattico nella formazione interista, ovvero il tecnico inglese si lamenta dell’incapacità di Roberto Carlos nel difendere; in pratica, per Hodgson è bravissimo a spingere ma pressoché deleterio quando si tratta di coprire. Così, a dicembre nel mercato di riparazione l’Inter acquista, sotto segnalazione dell’allenatore, dal Vicenza Alessandro Pistone che di mestiere fa il terzino sinistro come Carlos ma che, rispetto al sudamericano, è bravo a difendere e meno a spingere. L’idea è semplice: piazzare Pistone come laterale di difesa ed avanzare Roberto Carlos a centrocampo, a volte perfino in attacco. Ma la vita per il brasiliano si complica, perché le sue caratteristiche di velocista e i suoi trionfi di progressione vengono esaltati dal campo aperto, per cui se riesce a partire da 50-60 metri dà sfogo alla sua potenza, se può percorrerne solamente 20 o 30 si sente limitato, quasi ingabbiato.

A Hodgson, però, va bene così, l’Inter migliora e per l’allenatore è sufficiente. Pazienza se Roberto Carlos tiri e segni meno rispetto a prima, l’importante è aver raggiunto quell’equilibrio tattico che possa permettere alla squadra di risalire in classifica, dal momento che il Milan sta scappando in testa e che Fiorentina, Juventus, Lazio e Roma stiano andando meglio dell’Inter. Verso Natale, Roberto Carlos torna in Brasile dove da poco è nata la sua seconda figlia e agli amici più stretti confessa di non trovarsi più così bene a Milano perché Hodgson lo intrappola in una zona di campo nella quale fa fatica. Il 7 gennaio 1996, alla ripresa del campionato dopo la sosta natalizia, i nerazzurri ne beccano 4 a Bari dopo l’illusorio vantaggio firmato proprio dal brasiliano con una saetta di destro, evento più unico che raro nella carriera del terzino. E’ la sua penultima rete in nerazzurro perché da allora i rapporti con Hodgson si fanno sempre più tesi, in realtà non ci sono scontri o liti, semplicemente l’allenatore non ama le caratteristiche del terzino che, a sua volta, non predilige lo scacchiere tattico impostato dall’inglese. L’Inter, nel frattempo, fatica pure a piazzarsi in zona Uefa, nel girone di ritorno alterna ottime prestazioni come il successo nel derby col Milan o il 4-0 inflitto al Napoli, a capitomboli come il ko di Piacenza in pieno recupero o le sconfitte casalinghe contro Sampdoria e Fiorentina.

Il 24 marzo 1996 i nerazzurri espugnano Udine per 2-1 e la rete del momentaneo 2-0 la firma Roberto Carlos su calcio di rigore, siglando la sua ultima rete in Italia, poiché nelle restanti 7 giornate di campionato il brasiliano non troverà più la via del gol e darà l’addio alla serie A giocando a Roma contro i giallorossi il 12 maggio rimediando al minuto 68 un’espulsione dopo una mini rissa col romanista Statuto, anch’egli mandato anzitempo negli spogliatoi dall’arbitro. Roma-Inter è un autentico spareggio per entrare in Uefa, lo vincono i giallorossi che acciuffano la qualificazione europea, mentre i nerazzurri, ironia della sorte, sono costretti a tifare per l’odiata Juve nella finale di Coppa Campioni dei bianconeri contro l’Ajax affinché liberino la casella per portare la squadra di Hodgson in Uefa. La Juventus vince ai rigori e l’Inter agguanta in extremis e non per suoi meriti l’accesso in Europa in vista della stagione 96-97, un’annata che, però, non vedrà in nerazzurro Roberto Carlos che già da un mese parla coi suoi procuratori per andar via dall’Inter. Moratti è dispiaciuto, ma non frena il malessere del brasiliano ed accetta l’offerta di 7 miliardi proveniente dal Real Madrid che anticipa la concorrenza su indicazione di Fabio Capello, neo tecnico degli spagnoli.

Proprio Capello confesserà anni dopo: “Quando venni a sapere che l’Inter metteva in vendita Roberto Carlos, mi fiondai al telefono, parlai con presidente e dirigenti del Real Madrid e li obbligai quasi a comprare il terzino, sapevo che sarebbe diventato il migliore“. L’allenatore friulano non sbagliava: a Madrid, Roberto Carlos giocherà per 11 stagioni vincendo 4 campionati spagnoli, 3 Coppe dei Campioni, 2 Intercontinentali, una Supercoppa Europea e 2 spagnole. L’addio all’Inter si consuma rapidamente, il brasiliano è ai ferri corti con Hodgson e a nulla serve lo scetticismo di Moratti, mentre i tifosi sognano già con un altro sudamericano, il cileno Ivan Zamorano che sta compiendo la tratta Madrid-Milano all’opposto di Roberto Carlos. Hodgson è soddisfatto, non ha mai rinnegato le qualità del terzino, ma ha preferito utilizzare in quel ruolo calciatori maggiormente disciplinati dal punto di vista tattico, come da testuali parole dell’allenatore inglese che negli anni è stato accusato di aver chiesto ed ottenuto la cessione del terzino più forte del mondo.

A pensarci bene, in effetti, il raffronto tra Roberto Carlos e Pistone è impietoso, un fuoriclasse ed un onesto mestierante. Il difensore italiano, però, non ha colpe, ha fatto ciò che poteva nell’Inter, ma nonostante ciò ha vissuto perennemente con l’ombra di Roberto Carlos sul groppone. Ha provato a scaricare quel peso affermando che la società aveva già deciso di cedere il brasiliano per motivi economici ed anche Moratti negli anni ha tentato di smorzare le polemiche su una vicenda che ha fatto scalpore, soprattutto dopo la carriera di Roberto Carlos a Madrid e in nazionale. Ancora oggi, del resto, gli interisti più incalliti ironizzano sull’affare Roberto Carlos-Pistone, rimasto a suo modo leggendario.

di Marco Milan

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One thought on “Amarcord: Roberto Carlos all’Inter, tutte le stranezze di una cessione epocale

  1. Complimenti per questo sito… Lo leggo sempre con un po’ di malinconia… Il calcio della mia adolescenza… Continuate così

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