Amarcord: Milton, la nebbia, le illusioni e le retrocessioni del Como
Certe storie d’amore nascono come un incanto e poi si rivelano sbagliate, o comunque durano poco e si chiudono in brevissimo tempo esattamente com’erano nate. Quella fra Luiz Milton, talentuoso regista brasiliano, e il Como è durata due anni, è nata col brivido e con la passione ma non si è mai consolidata. Vediamo perché.
Il Como degli anni ottanta è una solida, solidissima realtà del calcio italiano: nell’estate del 1988 i lariani si apprestano a disputare il loro quinto campionato consecutivo in serie A e per l’occasione il presidente Gattei prova ad allestire un organico all’altezza di centrare un’altra salvezza. In panchina c’è l’ex allenatore della Juventus Rino Marchesi, in rosa c’è parecchio talento, come gli attaccanti Marco Simone e Salvatore Giunta, o come i gioielli del centrocampo Notaristefano e Didoné. E poi c’è lui, quel brasiliano appena arrivato dal Coritiba, ma soprattutto dalle Olimpiadi di Seul in cui con la nazionale verdeoro ha conquistato l’argento ed incantato gli addetti ai lavori con giocate sopraffine. Si chiama Milton Luiz de Souza Filho, ma tutti lo chiamano più semplicemente Milton. Classico ricciolo corto, baffetti ben curati, aria timida, Milton sbarca a Como con l’etichetta di potenziale fuoriclasse, nonostante abbia già 27 anni. E se l’età in amore conta meno che nel calcio, è pur vero che al Como interessa salvarsi e, giovane o maturo che sia, Milton sembra avere tutte le carte in regola per aiutare i lombardi a raggiungere l’obiettivo.
Le aspettative sono molte, tanto che il brasiliano si prende quasi subito e senza proteste altrui la maglia numero 10; è un regista, molto tecnico, rapido, intelligente, può giocare a centrocampo ma essere utilizzato pure più avanti, nei piedi non ha moltissimi gol ma vede benissimo i compagni, per cui gli attaccanti Corneliusson, Giunta e Simone potranno certamente beneficiare dei suoi assist. Il campionato del Como, però, parte male con due sconfitte di fila contro Juventus e Sampdoria che sono, ad ogni modo, due delle corazzate del torneo. Poco male, perché la situazione si stabilizza nelle successive giornate e la squadra di Marchesi sembra in grado di lottare con le altre per la permanenza in serie A. Milton, intanto, si inserisce negli schemi della squadra, ma fatica a far emergere il suo talento, bloccato dalla tattica asfissiante del calcio italiano e dal freddo; lui, abituato al caldo e al sole del Brasile, si ritrova in una Como che a novembre già nel primo pomeriggio è immersa nell’umido e nella nebbia.
La squadra lariana continua a faticare, il 15 gennaio 1989 va a giocare a San Siro contro il Milan di Sacchi e perde 4-0. Le cronache parlano di un Milan stellare a cui il Como poco si può opporre, di immagini nitide ce ne sono poche perché quel giorno anche a Milano c’è una nebbia che si potrebbe tagliare a fettine e solamente dalle inquadrature dal basso si riesce a capirci qualcosa. A fine partita, Milton viene intervistato da Franco Zuccalà, inviato per la Domenica Sportiva: “Milton, l’aveva mai vista tutta questa nebbia?“, chiede il giornalista, come sempre molto ironico. Il brasiliano risponde in un discreto italiano ma con chiaro accento sudamericano: “Tutta questa nevia non l’avevo mai vista“. Zuccalà coglie la palla al balzo per un’altra battuta: “Nebbia, non neve“, gli dice scherzando. Ma per Milton fa poca differenza, nebbia o neve che fosse, quel clima è insopportabile, si allena e gioca coi guanti e con la calzamaglia, trova i campi troppo duri e pesanti, la mattina apre la finestra e non riesce a vedere nulla. Quando chiama al telefono famiglia ed amici in Brasile dice che Como sarebbe anche carina, ma che non la vede mai alla luce del sole.
Tuttavia, dopo lo scivolone col Milan, il Como batte il Pescara in uno scontro salvezza importantissimo e la domenica successiva è ospite del Torino che, nonostante il blasone, è precipitato fino agli ultimi posti della classifica. Torino-Como del 29 gennaio 1989 diventa un autentico spareggio. Alla vigilia della partita, inoltre, sono diverse le testate giornalistiche brasiliane che si interessano a quel sinistro scontro per non finire in serie B, perché da una parte c’è il centravanti torinista Muller, dall’altra c’è Milton, brasiliani a confronto, talenti di un paese che non vive il miglior momento della propria storia ad un passo dai mondiali del 1990. E sono proprio i due venuti dal Brasile ad aprire le marcature di Torino-Como: Milton porta avanti i lariani al 6′ siglando la sua prima rete italiana, Muller pareggia due minuti più tardi, infine è un prodotto del vivaio italiano, Giorgio Bresciani, a decidere la sfida in favore del Torino. Milton non basta, dunque, e il Como precipita in classifica perdendo fiducia ed autostima e finendo con lo stabilizzarsi in fondo alla graduatoria nonostante prestazioni non sempre malvagie.
Ad aprile, Marchesi viene sostituito da Angelo Pereni, ma il destino è oramai segnato. Milton prova a salvare il salvabile, segna a Pisa il 21 maggio, ma il Como perde 3-1; si ripete a Pescara due settimane più tardi, ma gli abruzzesi pareggiano quasi al 90′, infine va in gol nella partita persa in casa dai comaschi 3-2 contro il Torino l’11 giugno. Il Como retrocede in serie B, Milton chiude l’annata con 4 reti realizzate e tanti complimenti, l’impressione che la società in estate con la sua cessione farà cassa per costruire la squadra che dovrà risalire in serie A. Sul brasiliano si fionda la Juventus che già da mesi lo segue costantemente: il club bianconero apprezza quell’ordine tattico e quelle giocate che da qualche anno mancano alla Juve, poi però Dino Zoff, tecnico juventino, dice alla famiglia Agnelli che Dunga sarebbe l’ideale, molto più di Milton. Ma Juve e Como sono quasi d’accordo, allora da Torino sono pronti ad acquistare il brasiliano e girarlo alla Fiorentina come contropartita per Dunga; le richieste dei viola, però, sono esorbitanti, alla fine la Juventus non prende nessuno dei due brasiliani, su Milton si fa forte il pressing dell’Atalanta, ma a quel punto è il Como a tirarsi indietro, preferisce tenere il calciatore e farne il simbolo della rinascita in serie B.
Il campionato 89-90 vede i lariani, affidati alla guida di Vitali, tra i favoriti per la promozione e l’annata incomincia pure discretamente col successo per 2-0 contro il Foggia che rimarrà, però, l’unico per due mesi. Il Como non ingrana, la società si fa prendere dall’ansia di non riuscire a centrare l’obiettivo del ritorno in serie A, inizia ad agire d’impulso, esonera Vitali e chiama Galeone, ma cambia poco o nulla, gli azzurri sono in evidente crisi e la zona promozione si allontana sempre di più. Milton sgomita e si fa largo nonostante i calci e i trattamenti spicci dei rudi difensori della serie B, ma le sue idee cadono nel nulla, il Como non ha gioco, non ha risorse, è spento ed ha imboccato pericolosamente una via senza uscita, quella di un’altra retrocessione. Alla fine del girone d’andata appare chiaro che sarà un successo già conservare la serie B per i lombardi, impantanati in un mare di inaspettate difficoltà e contestati da un pubblico sempre più deluso ed amareggiato; Milton segna due reti, peraltro inutili, perché sia contro l’Avellino che contro la Triestina, il Como perde 2-1 nonostante il gol del brasiliano. Nel girone di ritorno, gli azzurri staccano la spina, collezionano figuracce come lo 0-5 in casa del Torino ed aspettano come condannati l’esecuzione della pena, ovvero la retrocessione in serie C1.
Milton andrà in gol il 27 maggio 1990 nella sfida che il Como vince al Sinigaglia per 2-0 contro il Licata, una malinconica partita fra squadre in odor di retrocessione. Magra consolazione la gemma del brasiliano che contro i siciliani realizza una delle reti più belle dell’intero campionato. Il tecnico del Como è già Angelo Massola che ha sostituito Galeone e traghettato la squadra in un finale di stagione malinconico che certifica la seconda retrocessione in due anni, dalla A alla C, dalle stelle alle stelle. Un po’ come per Milton che poteva andare alla Juventus e che si è invece ritrovato a perdere contro Ancona e Barletta; il brasiliano chiude la sua seconda ed ultima annata italiana con 4 gol, di cui 3 in campionato ed uno in Coppa Italia contro l’Empoli. In due stagioni a Como, 8 reti e due retrocessioni, meno rispetto alle premesse, anche se nei resoconti finali, non vanno certo ascritte a lui le responsabilità maggiori di un allucinante doppio fallimento, anche se, soprattutto in serie B, da Milton il Como si sarebbe aspettato di più.
Nell’estate del 1990 i riflettori sul regista verdeoro si sono ormai spenti, Milton lascia l’Italia e trova squadra in Svizzera, dove rimarrà fino al 1998 quando deciderà di smettere col calcio. Chiasso, Zurigo, Sion, San Gallo ed ancora Sion saranno le tappe elvetiche delle ultime stagioni da calciatore del brasiliano che vincerà il titolo col Sion nel 1997, allenato da Albertino Bigon. A Como ha lasciato buoni ricordi ed un pizzico di rammarico per aver dato qualcosa, ma non ciò che era lecito aspettarsi da un talento cercato da mezza Europa dopo le Olimpiadi del 1988. Al posto giusto nel momento sbagliato? Forse. O forse no. Nell’eccezionale serie A degli anni ottanta, comunque, c’è stato posto anche per lui e non è poco.
di Marco Milan