Amarcord: l’ultimo Piacenza in serie A
La storia del Piacenza tutto italiano che collezionava salvezze a raffica in serie A ha tenuto per diversi anni banco in Italia, perché quella società che praticava l’autarchia fra i calciatori, senza ricorrere agli stranieri e riuscendo ogni stagione a centrare gli obiettivi, rendeva il club piacentino un fiore all’occhiello del Made in Italy e la squadra simpatia della serie A. Una favola interrotta nel 2003, quando già gli stranieri erano sbarcati sul Po, e ricordata oggi con nostalgia.
Il Piacenza ha terminato con una salvezza soffertissima il campionato 2001-2002, strappando la permanenza in serie A solamente all’ultima giornata e grazie al 3-0 casalingo rifilato al Verona in un vero e proprio spareggio che ha condannato i veneti alla retrocessione. E così i biancorossi emiliani hanno centrato la salvezza che li autorizza a giocare l’ottavo campionato di serie A nella loro storia dopo il debutto nella stagione 1993-94. In panchina non c’è più Novellino, passato alla Sampdoria e sostituito da Andrea Agostinelli, debuttante in serie A dopo aver raggiunto buoni risultati in serie B alla guida di Pistoiese e Ternana. In campo, poi, salutano anche alcuni leader come Sergio Volpi (che segue Novellino a Genova), Carmine Gautieri ed il brasiliano Matuzalem, mentre è confermatissimo in attacco Dario Hubner che l’anno prima ha vinto la classifica dei marcatori con 24 reti assieme allo juventino Trezeguet. Gli acquisti di maggior rilievo riguardano invece l’esperto difensore Giuseppe Cardone, il talentuoso attaccante colombiano Montano e il centrocampista Enzo Maresca, proveniente dalla Juventus e candidato a diventare il punto di riferimento della mediana piacentina insieme ad Eusebio Di Francesco. L’organico, tutto sommato, non sembra inferiore alle concorrenti e nelle griglie di partenza stilate in estate dai giornali, i biancorossi appaiono candidati a giocarsi la salvezza alla pari delle altre contendenti.
L’avvio, inoltre, è sorprendente: alla prima giornata, infatti, il Piacenza espugna Brescia 2-1 rimontando lo svantaggio negli ultimi venti minuti grazie ai gol di Montano e Hubner il 15 settembre 2002. Una settimana più tardi, poi, gli uomini di Agostinelli si ripetono battendo in casa per 2-0 l’Udinese con reti di Hubner e Maresca, issandosi a sorpresa al comando della classifica a punteggio pieno assieme alla Juventus e alle due milanesi. E chi se lo sarebbe aspettato? Agostinelli, berretto da baseball in testa ed ossessione per il gioco veloce sulle fasce, diventa il tecnico del momento, mentre sui giornali finisce ancora l’eterno Dario Hubner che continua a segnare come un indemoniato nonostante le 35 primavere sul groppone. Le successive sconfitte rimediate contro Bologna ed Inter, nonché il pareggio di Como, passano così quasi inosservate, del resto non è certamente lo scudetto il traguardo da raggiungere per il Piacenza, bensì l’ennesima salvezza che pare ampiamente alla portata degli emiliani. I problemi, invece, sono tanti e Agostinelli inizia a scoprirli in autunno inoltrato: la squadra fatica a produrre gioco ed è molto fragile in difesa, i risultati latitano e prova ne sono le tre sconfitte di fila contro Empoli, Atalanta e Juventus tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre.
Il pareggio casalingo contro la Roma rinvigorisce i biancorossi, autori di una prova di carattere al cospetto dello squadrone di Fabio Capello, in vantaggio con Cassano e rimontato da una gran punizione di Maresca che, dopo l’inatteso digiuno di Hubner, sta diventando l’uomo gol della squadra. Ma il Piacenza non ingrana, perde a Modena, poi batte il Torino faticando, quindi il 1 dicembre in mezzo alla nebbia si fa riprendere e superare dalla Lazio al Garilli, passando dall’iniziale 2-0 al 2-3 finale in favore dei biancocelesti. E’ una botta pesantissima che manda al tappeto gli emiliani alla fine del girone d’andata, chiuso come peggio non si potrebbe: 0-0 a Perugia, 0-3 in casa col Chievo, 1-3 a Reggio Calabria, 1-1 col Parma, 1-2 a San Siro col Milan il 19 gennaio 2003 quando già la panchina di Agostinelli inizia a scricchiolare pericolosamente. Serve un’inversione di rotta, ma il girone di ritorno parte con altre tre sconfitte, patite contro Juventus, Brescia e Udinese. Il pesante ko casalingo contro i bresciani (1-4, ritorno al gol di Hubner dopo 5 mesi di astinenza), peraltro, induce la società ad esonerare Agostinelli per far spazio al ritorno di Luigi Cagni, artefice della grande scalata del Piacenza dalla B alla A ad inizio anni novanta. Una mossa forse romantica e disperata, ma che a quel punto sembra l’unica da compiere per un club che pare condannato ad una retrocessione ormai scritta.
Quando Cagni torna a Piacenza è l’inizio di febbraio del 2003 e la squadra biancorossa occupa la terz’ultima posizione della classifica con 13 punti, appena 2 in più di Como e Torino, ultime a quota 11, e a ben 6 dalla Reggina quint’ultima. Che serva un mezzo miracolo lo sa anche lo stesso Cagni che però nella conferenza stampa di presentazione si dice fiducioso e convinto che la sua squadra abbia ancora possibilità di salvarsi; il nuovo tecnico chiede più grinta e coraggio ai suoi, dice che sono gli unici elementi con cui si possano vincere 2-3 partite consecutive, ovvero ciò che servirebbe al Piacenza per tentare l’aggancio al treno salvezza. Dopo la sconfitta di Udine all’esordio, il Piacenza batte il Bologna 3-1, ritrovando un successo che mancava dal 24 novembre, poi perde con onore a Milano in casa dell’Inter, bloccata sullo 0-0 per un’ora, quindi rimedia la sconfitta forse più grave dell’intero campionato, ovvero lo 0-1 casalingo contro il Como che in pratica è condannato già alla retrocessione. Il ko contro i lariani porta il Piacenza a 8 punti dalla salvezza, oltre a generare rabbia e scoramento nel pubblico, deluso dall’andamento della squadra ed anche dalla campagna acquisti di gennaio che ha visto il solo Marchionni come arrivo di un certo rilievo in un organico che continua ad arrancare.
Il 9 marzo il Piacenza perde pure ad Empli e viene agganciato in ultima posizione da Como e Torino: 16 punti contro i 25 dell’Atalanta che sarebbe salva e che farà visita proprio ai biancorossi nel turno successivo. O la va o la spacca: Piacenza-Atalanta del 16 marzo diventa l’estrema possibilità per gli uomini di Cagni che non se la lasciano sfuggire e vincono il confronto diretto contro i bergamaschi per 2-0, reti di Hubner e Di Cesare. Ma non basta ancora perché la salvezza è piuttosto lontana, servono almeno un altro paio di prestazioni e di risultati simili per tornare davvero in corsa. Il tempo stringe, il Piacenza cade in casa della Roma, poi acciuffa proprio in extremis il 3-3 contro il Modena che però alla classifica serve a ben poco. Gli ultimi aliti di vita dei piacentini sono le vittorie in casa del Torino (3-1) e al Garilli contro il Perugia, travolto per 5-1 il 27 aprile quando la squadra di Cagni si ritrova terz’ultima con 26 punti a -5 dalla salvezza. Il ko di Verona col Chievo una settimana dopo, però, taglia definitivamente le gambe agli emiliani, virtualmente condannati alla serie B dal successivo 2-2 casalingo contro la Reggina che rimane 5 punti avanti a soli due turni dal termine del campionato. Neanche un miracolo ora può salvare il Piacenza, ne è consapevole pure Cagni che ha evidentemente smesso di crederci e che parla già di riorganizzazione in vista dell’anno che verrà.
Parma-Piacenza del 17 maggio diventa una fotografia emblematica dell’intera stagione dei biancorossi: in vantaggio per 2-0 all’intervallo (reti di Maresca e Hubner), la squadra di Cagni si lascia rimontare dai corregionali che prima pareggiano ed infine al 90′ trovano con Mutu la rete del 3-2 che condanna aritmeticamente i piacentini alla retrocessione. Piacenza-Milan del 24 maggio 2003 è ad oggi l’ultima partita degli emiliani in serie A, finita 4-2 per la formazione di Cagni contro i rossoneri che schierano 11 riserve in vista dell’imminente finale di Coppa dei Campioni vinta poi dalla compagine di Ancelotti a Manchester contro la Juventus. Una retrocessione amara, avvenuta nonostante una rosa non inferiore alle rivali, i 14 gol di Hubner, i 9 di Maresca e i 6 di Di Francesco. Il Piacenza ha pagato la fragilità difensiva ed un attacco che, nel momento dello stop del suo cannoniere, non ha avuto sostituiti all’altezza, con Montano giovane e bizzoso, scomparso durante le feste natalizie e di cui al suo ritorno nessuno si è più fidato, tanto da rispedirlo a Parma con qualche mese di anticipo.
Il Piacenza 2002-2003 è stato l’ultimo in serie A, l’anno successivo la squadra era candidata al ritorno in massima serie, ma una flessione nella seconda parte di stagione ne impedisce la promozione. Da allora, un progressivo ridimensionamento di obiettivi e competitività, fino alla retrocessione del 2011, al successivo fallimento e alla difficoltosa ripartenza che deve ancora riportare gli emiliani almeno in serie B. E i tifosi, così, si consolano col ricordo di quei favolosi anni novanta e di quella serie A persa a maggio del 2003 e mai più riassaporata.
di Marco Milan
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