Amarcord: quando Montella era al Genoa

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Vincenzo Montella ha indissolubilmente legato il suo nome e la sua carriera da calciatore alla Roma (dove ha vinto da protagonista lo scudetto nel 2001) e ancor prima alla Sampdoria, squadra con cui ha debuttato in serie A e segnato caterve di gol. Ma la sua avventura a Genova era iniziata dall’altra parte della città, per un anno soltanto e coi ricordi che ormai si ingialliscono. Montella al Genoa lo ricordano in pochi, eppure non è stata un’esperienza da poco.

Nell’estate del 1995 la parte genoana del capoluogo ligure è in fermento, c’è rabbia, sgomento e delusione per la retrocessione in cui i rossoblu sono incappati dopo lo spareggio di Firenze col Padova, perso ai calci di rigore e che ha determinato la caduta in serie B dopo 6 stagioni nelle quali il Genoa aveva addirittura raggiunto la semifinale di Coppa Uefa. Il presidente Spinelli vuole organizzare una squadra competitiva che possa tornare immediatamente in serie A e le risorse per riuscirci non mancano: vengono confermati alcuni pezzi pregiati dell’organico, a partire da Thomas Skurhavy, viene ingaggiato in panchina un allenatore esperto come Luigi Radice, quindi vengono acquistati alcuni giovani talenti che possano arricchire la rosa e divenire un patrimonio tecnico ed economico per la società. Uno di essi si chiama Vincenzo Montella, ha 21 anni ed è reduce da una stagione ad altissimi livelli in C1 con l’Empoli, squadra con cui ha realizzato 17 reti. Di questo giovane attaccante napoletano parlano tutti benissimo: non molto alto, ma dotato di una tecnica sopraffina, di un piede sinistro vellutato e, soprattutto, di un innato fiuto del gol che lo ha reso uno degli elementi più appetibili della serie C.

Il Genoa lo porta in Liguria, Radice lo vede in allenamento e resta strabiliato dalle movenze e dal modo di calciare il pallone; il tecnico è troppo navigato per non rendersi conto di trovarsi di fronte a un calciatore in grado di far gol in qualsiasi categoria, tant’è che lo butta in campo nelle amichevoli senza starci troppo a pensare. Anche la tifoseria genoana inizia ad innamorarsi di quel centravanti piccolo, rapido ma efficacissimo sotto porta, tanto che in molti ne chiedono lo schieramento da titolare già dalle prime uscite stagionali. Il debutto del Genoa in campionato è datato 27 agosto 1995 ed è un debutto amarissimo perché i rossoblu perdono 2-0 in casa del Verona, peraltro diretta concorrente per la promozione. Una settimana più tardi, il 3 settembre, i liguri si prendono la rivincita con gli interessi e seppelliscono la malcapitata Reggina con un pesantissimo 7-0 in cui Montella diventa grande protagonista siglando 3 reti e prendendosi automaticamente i titoli sui giornali il giorno dopo, approfittando pure della sosta della serie A. L’ex empolese non si ferma e va in gol anche la domenica successiva nel 2-1 che il Genoa impone alla Pistoiese, quindi si ripete nel quarto turno di campionato firmando il definitivo 2-2 dei rossoblu a Perugia, dimostrando di essere capace a far gol nonostante la poca esperienza in serie B e la giovane età.

Il Genoa, intanto, è partito discretamente e la sensazione è che non appena la squadra avrà carburato del tutto potrà ammazzare il campionato come da pronostico. Il 15 ottobre al Ferraris arriva il Cesena, altro scontro diretto per la serie A, e i rossoblu vanno in vantaggio al 21′ proprio con Montella che realizza uno splendido gol in rovesciata che fa esplodere lo stadio; il centravanti si rialza, apre le braccia ed esulta mimando il volo di un aereo, dando vita così al celebre festeggiamento che lo caratterizzerà per tutta la carriera. La gara finirà 2-1 per i liguri con rete decisiva di Skurhavy a 5′ dalla fine; sarà l’ultimo gol del ceco con la maglia del Genoa poiché poche settimane più tardi verrà ceduto allo Sporting Lisbona. L’attacco rossoblu è ormai tutto sulle spalle di Montella che segna ancora a Cosenza su rigore rimediando all’86’ l’1-1 finale, quindi piazza un’altra tripletta nel 5-1 che gli uomini di Radice rifilano al Pescara il 29 ottobre. Il Genoa, però, proprio dopo la goleada agli abruzzesi, vive un momento di difficoltà, perde contro Salernitana e Bologna, pareggia 3-3 ad Avellino, qualche certezza inizia a vacillare. La doppietta di Montella all’Ancona rialza i rossoblu che chiudono però il girone d’andata con altre due sconfitte, 1-0 in casa col Venezia e addirittura 4-0 ad Andria.

Montella è certamente l’uomo in più della squadra genovese che però vede allontanarsi Bologna e Verona, e comincia ad aver paura di essere risucchiata nella mischia che porterà altre due formazioni in serie A. Il centravanti campano segna a Reggio Calabria ma il Genoa perde 2-1, così come un’altra sconfitta arriva anche in casa contro il Perugia in quella che sarà l’ultima panchina di Radice, esonerato e sostituito da Gaetano Salvemini. Il 17 marzo 1996 i rossoblu vincono a Wembley la Coppa Anglo-Italiana battendo 5-2 il Port Vale e Montella sigla la terza rete; sarà il suo unico trofeo internazionale della carriera. Poi sotto ancora col campionato: la doppietta di Montella nel 3-1 al Chievo permette ai rossoblu di restare in corsa per la promozione, anche se l’andamento della squadra resta troppo discontinuo, l’esatto opposto di quello del suo attaccante che invece segna con una costanza quasi imbarazzante: gol al Cosenza, al Brescia, all’Avellino, in pratica quando Montella segna il Genoa fa punti, quando il numero 9 non trova il gol i liguri non vincono o peggio ancora perdono, come nel rovinoso 0-4 di Palermo o come l’1-0 incassato a Pescara. Quando mancano 5-6 giornate si è ormai capito che solamente un miracolo potrebbe riportare il Genoa in serie A, tanto che pure Montella negli ultimi 4 turni non va in gol e la sua ultima rete in maglia rossoblu è quella all’Avellino del 12 maggio 1996.

La squadra ligure termina il campionato al settimo posto con 52 punti, ben 9 in meno rispetto alla zona promozione. E’ una grande delusione per il popolo genoano che da quella stagione si attendeva il ritorno in serie A e che si ritrova invece a fare i conti con un’annata troppo altalenante e in cui il solo Montella si è distinto per continuità, oltre che per prodezze; i gol del centravanti sono 21, vicecapocannoniere del torneo ad una sola rete da Dario Hubner del Cesena, oltre alle 2 in Coppa Italia e alle 5 nell’Anglo-Italiano che fanno in totale 28. Forse su di lui il Genoa potrà rifondare la squadra per progettare la promozione l’anno successivo, proprio su quel giovane attaccante che è divenuto l’idolo della tifoseria genoana che ne chiede a gran voce il riscatto dall’Empoli. Spinelli, però, decide diversamente, riscatta Montella dai toscani ma cede però in estate alle lusinghe della serie A, ma non lusinghe qualsiasi, perché a bussare con più insistenza alla porta del presidente rossoblu sono i dirimpettai cittadini della Sampdoria che hanno intravisto in Montella un bomber di razza da poter affiancare a Roberto Mancini nella speranza di una nuova coppia da sogno in blucerchiato come fu con Gianluca Vialli.

Vincenzo Montella cambia così maglia ma non città e si trasferisce alla Sampdoria per 8,5 miliardi di lire, un tradimento che i tifosi del Genoa non hanno mai perdonato. Il centravanti scriverà pagine importanti in blucerchiato dove realizzerà valanghe di gol e diventerà uno degli idoli più celebrati della storia sampdoriana, anche se, curiosamente, incontrerà il suo vecchio Genoa pochissimo, perché i rossoblu faticheranno e suderanno tantissimo per ritrovare la serie A, raggiunta solamente nel 2007. Resta quell’unica stagione del Montella genoano, forse dimenticata, forse sbiadita dal tempo, ma pur sempre storica e carica di significato, nonostante la storia ce lo abbia consegnato come simbolo della Genova blucerchiata e quelle immagini in rossoblu siano ad oggi quasi stonate col resto della sua carriera.

di Marco Milan

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