Amarcord: Fabrizio Lorieri, quando parare non basta

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E’ stato il primo portiere ad avere la copertina dell’album delle figurine Panini tutta per lui, nonostante giocasse in serie B, nonostante i tanti campioni che affollavano allora il campionato italiano. Per Fabrizio Lorieri le soddisfazioni in carriera non sono mancate, anche se è rimasto e resta quel pizzico di rammarico e la consapevolezza di aver potuto fare di più.

Fabrizio Lorieri nasce a Massa l’11 febbraio 1964 e cresce come portiere nelle giovanili dell’Inter. Gli esperti del settore sono entusiasti di questo ragazzino che vola da un palo all’altro come un gatto, anzi, affermano che il piccolo Fabrizio abbia tutte le doti per diventare un portiere fra i più grandi di sempre: ha fisico, tecnica ed esplosività, è bravo nelle uscite e rapidissimo fra i pali, ha anche un carattere molto forte, a volte eccede negli urli verso i suoi difensori, richiamati all’ordine con un po’ troppa veemenza. L’Inter, che in porta ha un totem come Walter Zenga, lo manda in prestito in serie C prima alla Sangiovannese, poi al Prato, infine al Piacenza, quindi lo cede a titolo definitivo al Torino, capendo che togliere il posto a Zenga sarebbe stato impossibile per il pur bravo Lorieri. Nella stagione 1987-88, la seconda in Piemonte, il portiere toscano si afferma a Torino giocando il campionato da titolare e riscuotendo ottimi giudizi da parte degli addetti ai lavori; il Torino è una buona squadra e sfiora l’ingresso in Coppa Uefa, perso solo nello spareggio contro la Juventus e ai calci di rigore. Il campionato successivo, però, sarà del tutto diverso dal precedente: i granata restano impigliati nella zona bassa della classifica, cambiano allenatori a raffica e non riescono ad avere un titolare fisso in porta: a Lorieri, infatti, si alterna anche un giovane e promettente Luca Marchegiani, amato dai tifosi che ne intravedono il futuro di una formazione in evidente crisi di identità. Lorieri è spesso contestato e lui stesso non fa nulla per avvicinarsi ai tifosi: in Coppa Italia, il Torino perde 4-0 a Verona e il pubblico non gradisce la prestazione, anzi, chiede la testa del portiere. La società risponde come deve: “Lorieri non si vende, lo contestano, è vero, ma noi crediamo in lui e non lo metteremo certo da parte solo perchè ha buscato 4 gol a Verona”.

Il 18 dicembre 1988 allo stadio Comunale arriva il Milan di Arrigo Sacchi: la gara è nervosa, il Torino lotta per non retrocedere, i rossoneri inseguono i cugini dell’Inter ed il Napoli nella corsa scudetto; Milan in vantaggio con Van Basten, quindi la doppietta del brasiliano Muller porta i granata sul 2-1 avvicinandoli ad una vittoria fondamentale in chiave salvezza. A ridosso del 90′, però, sugli sviluppi di un calcio d’angolo i difensori torinisti e Fabrizio Lorieri non si capiscono, i primi restano fermi, il portiere rimane a metà strada fra l’uscita e il restarsene in porta: ancora Van Basten è pronto ad approfittarne e incorna in rete il 2-2 finale. Al triplice fischio dell’arbitro, Lorieri è furibondo e a nulla servono i tentativi dello staff tecnico del Torino che prova a calmarlo, ma il portiere è su tutte le furie, continua ad urlare a tutti di lasciarlo in pace mentre lascia lo stadio fra i fischi del pubblico. A fine stagione il Torino retrocede in serie B, battuto nella gara decisiva in casa del Lecce, e Lorieri, ormai lontanissimo dal progetto granata, viene ceduto all’Ascoli che intanto ha conquistato la salvezza in serie A ma ha perso il portiere titolare, Andrea Pazzagli, passato al Milan. Ascoli Piceno diventa una seconda casa per Lorieri, accolto bene dalla città e dal pubblico, ma soprattutto il portiere toscano riesce ad affermarsi con parate che a volte sorprendono anche lui stesso; il campionato dell’Ascoli è duro e tribolato, la salvezza si fa complicata ogni domenica di più, ma Lorieri sforna parate a ripetizione, anche se spesso la sua squadra esce battuta dal campo e al termine della stagione retrocede in serie B, ma con la promessa di risalire immediatamente.

Lorieri non ha alcun problema a restare anche nel torneo cadetto che l’Ascoli, partito fra le favorite, vince grazie al capocannoniere Walter Junior Casagrande e ad una difesa di ferro capitanata da un portiere che para, para tanto e para bene. Ascoli di nuovo in serie A, così come Lorieri a cui però ben presto viene appiccicata un’antipatica etichetta, quella di portiere buono solo per le piccole squadre, bravo a parare i molteplici tiri che gli arrivano ogni partita, ma che in una compagine più ambiziosa farebbe fatica ad imporsi. Il campionato 1991-92 è disastroso per l’Ascoli, ultimo dall’inizio alla fine, condannato ad una retrocessione quasi certa; e Lorieri, indirettamente, conferma ciò che pensano i maligni: è un bel portiere, vola a destra e a sinistra, ma gioca comunque nell’Ascoli che perde praticamente tutte le partite e non è un banco di prova così probante; alla terz’ultima giornata, il 10 maggio 1992, con l’Ascoli già aritmeticamente retrocesso, i bianconeri scendono in campo allo stadio Olimpico di Roma contro i giallorossi. E’ un assedio romanista dal primo all’ultimo minuto, Lorieri para il possibile e l’impossibile, il tiro al bersaglio della Roma si infittisce ma il portiere salta a mani aperte e blocca ogni conclusione degli avversari; il pubblico dello stadio Olimpico è arrabbiato con quel portiere che le prende tutte: “Ultimi in classifica e guarda questo come para”, esclamano i romanisti più inferociti. A quasi un quarto d’ora dal termine della gara, la Roma si guadagna un calcio di rigore: finalmente, pensa qualcuno, senza però aver fatto i conti senza l’oste, anzi, senza quel portiere che, capelli lunghi e ricci coperti dal cappello da baseball, ipnotizza Ruggiero Rizzitelli dal dischetto lanciandosi alla propria sinistra e neutralizzando pure il tiro dagli undici metri. Una stregoneria, pensano i tifosi giallorossi, un sortilegio che si spezza al minuto 89 quando un tiraccio dal limite dell’area viene corretto quasi involontariamente da Andrea Carnevale che spiazza pure il miracoloso Lorieri: la Roma vincerà 1-0, l’Ascoli e Lorieri usciranno sconfitti dall’Olimpico, ma tutta Italia scopre un portiere prodigioso, sprecato per difendere i pali dell’ultima della classe.

In estate le richieste per il portiere ascolano fioccano, ma Costantino Rozzi le rifiuta una ad una: Lorieri deve essere il cardine del nuovo Ascoli, pronto a tornare in serie A; qualcuno continua a malignare, ritendolo inadatto a ruoli più grandi, ad ambizioni più rilevanti. L’Ascoli 1992-93 parte bene con 5 vittorie nelle prime 7 gare e la promozione sembra a portata di mano per la truppa del tecnico Cacciatori, ma un girone di ritorno a fasi alterne porta i marchigiani a giocarsi la promozione all’ultima giornata in casa del Padova in una sorta di spareggio, un dentro o fuori da roulette russa: i bianconeri vincono 2-1 ad una manciata di minuti dal termine e sono virtualmente in serie A, il solito Lorieri che vola da palo a palo a sventare gli assalti dei veneti che nel finale, però, trovano prima il 2-2, poi anche il 3-2, inutile perchè in serie A ci va comunque il Piacenza, ma distruttivo per un Ascoli che manca il ritorno in serie A per un soffio e in estate è costretto a cedere alle richieste per un portiere che non può restare un altro anno in B. La Roma, proprio quella Roma che Lorieri aveva stoppato per 89 minuti un anno prima, offre a Rozzi 4 miliardi di lire per il portiere che si trasferisce nella capitale dove avrà finalmente la sua grande occasione per dimostrare il suo valore anche in una piazza importante come quella romana.

Il 29 agosto 1993 arriva l’esordio in Genoa-Roma, una gara nella quale i giallorossi faticano e vengono infilati due volte dal pimpante avversario, vittorioso 2-0. I giornali si scatenano, la Roma ha deluso, Lorieri ha beccato tre tiri in porta subendo due reti: “Roma non è Ascoli”, scrive qualcuno, “Parare non basta, bisogna parare quando serve”, afferma qualcun altro. Lorieri è sotto accusa, quello di Roma è un ambiente difficile, il pubblico è severo, esigente e molto umorale, il portiere viene preso anche un po’ di mira da parte di uno spicchio di tifoseria che non gli perdona neanche il minimo errore. Il 19 settembre la Roma gioca in casa del Milan capolista e al 45′ il risultato è ancora fermo sullo 0-0; allo scadere del primo tempo, Albertini batte una punizione dal limite dell’area, tira forte e angolato, sulla traiettoria del pallone c’è Papin che salta e sfiora la palla col tacco beffando Lorieri che forse, senza quella deviazione, sarebbe riuscito anche a parare e che invece viene battuto da quella conclusione beffarda. Il Milan vincerà 2-0 e Lorieri verrà additato come colpevole della sconfitta, ancora una volta tacciato di essere un portiere buono solo per la lotta per non retrocedere. I tifosi della Roma acclamano Giovanni Cervone, l’altro portiere della squadra, atleta dal carattere ombroso e poco incline al dialogo, ma già da quattro anni a Roma e con la personalità per fronteggiare e prendere di petto le critiche e i fischi di una tifoseria delusa. Cervone e Lorieri si alternano, poi, il 19 dicembre, i giallorossi ospitano all’Olimpico l’Inter e si portano sull’1-0 senza peraltro correre particolari rischi; fino alla mezz’ora della ripresa quando un innocuo tiro di Ruben Sosa finisce beffardamente alle spalle di un Lorieri che non trattiene la conclusione non irresistibile dell’uruguaiano: 1-1 e fischi di tutto lo stadio per l’ex portiere dell’Ascoli, ormai capro espiatorio della frustrazione romanista, ormai etichettato come portiere da piccola squadra e nulla più. Lorieri resta a Roma un’altra stagione nella quale giocherà appena 4 partite, 2 in campionato e 2 in Coppa Italia, poi nell’estate del 1995, ormai scaricato da società e tifosi, decide di sposare l’ambizioso progetto del Lecce, reduce da una doppia retrocessione dalla serie A alla C1, ma voglioso di risalire immediatamente. La presidenza pugliese non bada a spese e riesce a portare in Salento il portiere toscano a cui affida il totale controllo della difesa giallorossa, con tanti saluti alla Roma e ad un ambiente oramai ostile.

Il Lecce 1995-96 è una macchina da guerra: condotta da Giampiero Ventura, la compagine salentina domina il girone B della serie C1 ed ottiene in carrozza una promozione scontata fin dal via della stagione. Lorieri è grande protagonista della trionfale annata leccese e viene ovviamente confermato per la stagione successiva nella quale, pur senza dirlo apertamente, il Lecce punta al grande doppio salto; la serie B è dura, ma i giallorossi si dimostrano compatti ed affiatati, segnano parecchio e subiscono pochissimi gol, Lorieri sembra tornato quello di Ascoli, para tutto e di più, chiude la porta della squadra di Ventura e anche quando prende gol risulta ugualmente decisivo, come la trasferta di Palermo nella quale i salentini sono sotto di due reti, rimontano e si portano sul 3-2, affidandosi poi alle prodezze del proprio portiere che conserva il risultato in una delle domeniche decisive dell’intera stagione del Lecce. Fondamentale anche nell’1-0 sofferto contro il Genoa, Lorieri è un’autentica saracinesca, di gran lunga il portiere migliore del campionato, anche se sempre sotto scacco dai maligni che ne celebrano le grandi parate, pur continuando a ritenerlo un portiere incompleto, capace di fare la differenza solo in serie B o in formazioni in lotta per la salvezza in serie A. Ma Lorieri se ne infischia, la sua carriera è buona, l’esperienza di Roma è stata complicata ma nemmeno da buttar via, il suo carattere, poi, non lo aiuta certo a farsi più amici di quelli che ha; a Lecce però lo amano tutti e lo spogliatoio lo riconosce come uno dei leader di un gruppo che in un anno si autocatapulta dalla serie C alla serie A.

Ma il campionato 1997-98 è un disastro per i salentini, relegati nelle ultime due posizioni della classifica dall’inizio alla fine, con 5 sconfitte iniziali e la trasferta in casa del Milan alla sesta giornata che si preannuncia un altro calvario per i giallorossi; ma i rossoneri sono lontani parenti dello squadrone che aveva dominato in Italia in Europa e nel mondo, il Lecce se ne accorge presto e già alla fine del primo tempo è avanti 2-0 a San Siro, uno stadio dove fino ad allora aveva collezionato zero punti nelle precedenti esperienze. Nella ripresa il Milan tira fuori l’orgoglio ed assalta la porta di un Lorieri che in situazioni simili si esalta ed inizia a parare anche l’impossibile: Kluivert, Donadoni, Ibrahim Ba, ci provano tutti, ma il portiere del Lecce è insuperabile e viene battuto solo da un’autorete di Cyprien al 76′, salvo poi ipnotizzare i milanisti nel restante quarto d’ora con parate al limite dell’umanamente comprensibile. I giallorossi vincono 2-1 e Lorieri è il grande protagonista di una vittoria impensabile ma tutto sommato meritata; ma la stagione del Lecce resta assai negativa, simile a quelle vissute da Lorieri ad Ascoli qualche anno prima: record negativi inanellati come se piovesse, sconfitte a ripetizione, retrocessione pressochè inevitabile, nonostante un portiere sempre sulla cresta dell’onda, forse l’unico a salvare la faccia in un’annata completamente da dimenticare. Il Lecce torna dunque in serie B ed in molti iniziano a chiedersi come mai Lorieri, nonostante i 34 anni, non sia richiesto dalla massima serie; ma ormai il portiere nativo di Massa ha sulla schiena un cartello indelebile, quello di portiere di provincia, forse anche di categoria, di serie B, bravo solo quando il livello non si alza. E’ il suo destino, evidentemente, e lui, con la carriera vicina alla fine, decide di assecondarlo e resta a Lecce anche per la stagione 1998-99, con l’obiettivo di riportare i giallorossi in serie A.

Il campionato del Lecce parte alla grande, i salentini sono fra i grandi protagonisti del torneo cadetto assieme a Verona e Torino, hanno un attacco ed un centrocampo completi, oltre ad una solida difesa, affidata alla grande esperienza di Fabrizio Lorieri, ancora una volta sugli scudi. Il 29 novembre 1998, il Lecce di Sonetti gioca a Terni: la gara è tiratissima, la Ternana è in forma ed inizia a mettere alle corde i giallorossi, inspiegabilmente in difficoltà. A forza di rischiare, la difesa leccese commette la prima frittata causando un evitabile rigore: Fabris, capitano degli umbri, va sul dischetto e calcia, Lorieri intuisce l’angolo e respinge la conclusione; una parata che ringalluzzisce il Lecce, bravo a sfruttare una delle poche occasioni avute, con il gol del vantaggio siglato da Francesco Cozza. Ma la partita non è finita, la Ternana si getta avanti col sangue agli occhi e Tovalieri si procura un altro rigore; stavolta sul dischetto va lo stesso centravanti romano, ma Lorieri si esalta ancora e para il secondo penalty di giornata, diventando il protagonista assoluto di una vittoria che diventerà probabilmente a fine stagione la copertina del ritorno del Lecce in serie A dopo una sola annata in B. L’avventura di Lorieri a Lecce termina con la partita promozione dei giallorossi in casa del Chievo, il successo per 2-1 e la festa per la serie A; la società pugliese, infatti, acquista dalla Roma Antonio Chimenti, un deja vù, un altro portiere che fa la strada da Roma a Lecce, proprio come Lorieri nell’estate del 1995. Un Lorieri che non rientra più nei piani del Lecce e che a novembre, dopo un mucchio di tribune, passa in serie B alla Salernitana dove resterà per una stagione prima di tentare una nuova esperienza nel Genoa, provando a scalare ancora la serie B ed approdare in serie A a quasi quarant’anni, anche se in due stagioni i liguri falliranno l’assalto alla massima serie nonostante le brillanti prestazioni di un portiere che di smettere non vuole proprio saperne.

Fabrizio Lorieri chiude la sua carriera giocando poco in serie C, prima a La Spezia e poi vicino casa, al Cuoiopelli, dove appenderà i guanti al chiodo nel 2004 a 40 anni. Uno dei portieri migliori della sua generazione, dotatissimo tecnicamente, con una personalità spiccata ma la sfortuna di non aver mai avuto la possibilità di farsi valere dopo l’agrodolce parentesi alla Roma; sì, avrebbe meritato qualcosa di più questo portiere, relegato a fare miracoli in provincia, con l’etichetta di portiere da salvezza o da promozione, nonostante colleghi improbabili (anche stranieri) che imperversavano in una serie A che un posticino per lui avrebbe potuto ancora conservarlo. Oggi Lorieri è apprezzato preparatore dei portieri, una nuova vita iniziata a Lecce e proseguita a Sassuolo, senza rancore per ciò che poteva essere e non è stato, insegnando ai portieri di oggi trucchi e segreti che lo hanno fatto, tutto sommato, grande ieri.

di Marco Milan

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