Rai, sciopero delle firme: troppi esterni

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I giornalisti del servizio pubblico si mobilitano contro la riduzione degli spazi di informazione e il ricorso alle chiamate dirette di esterni

Sono giorni di fervore in casa Rai, e non solo per la presentazione dei palinsesti della nuova stagione, giudicati da alcuni come frizzanti novità, da altri come eterno ritorno all’eguale. Dopotutto, il varietà, lo svago e il divertimento, è soggetto alle opinioni del pubblico sovrano e soltanto gli ascolti futuri potranno dichiarare la bontà o meno delle scelte compiute, sovrastando le sterili polemiche.

Non può essere lasciata in balìa di chiacchiere effimere, invece, la situazione di malcontento dei giornalisti Rai che lunedì 27 giugno hanno manifestato il proprio dissenso verso il nuovo corso intrapreso dai vertici in materia di informazione, ritirando le firme dai servizi realizzati e leggendo un comunicato stampa durante le edizioni principali dei Tg e Gr. L’iniziativa è stata anticipata da una nota emessa dall’esecutivo Usigrai, il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico, che ha spiegato le ragioni della mobilitazione:

«È il momento dell’innovazione e del cambiamento e noi siamo pronti da tempo. L’azienda invece va in direzione opposta con la riproposizione di vecchi metodi che passano per le chiamate dirette di esterni, la riduzione di spazi di informazione, e l’aumento del peso di società di produzione e degli agenti. Nelle settimane in cui chiediamo ai cittadini di pagare il canone con le nuove regole, dovevamo presentarci con il volto di una Rai nuova, più vicina alle loro esigenze e richieste. E invece il vertice sta riproponendo i soliti vecchi schemi».

Dunque, due sono i nodi al centro della polemica: l’annunciata riduzione degli spazi riservati all’informazione e il ricorso a chiamate esterne, a fronte della presenza di molte professionalità interne al servizio pubblico. «Apprendiamo con stupore e sconcerto le indiscrezioni sui nuovi palinsesti che trapelano dai giornali e che sembrano ancora una volta rispondere a logiche ben precise: mortificazione dei professionisti interni, strapotere di agenti esterni. E la trasformazione dov’è? Quella esibita dai vertici ad ogni occasione per rilanciare la Rai Servizio Pubblico nel presente e nel futuro, dov’è?».
Così l’esecutivo Usigrai ha commentato le notizie trapelate dalla presentazione dei nuovi palinsesti secondo cui i vertici Rai sarebbero pronti a ricorrere ad ulteriori assunzioni per la nuova stagione televisiva. Una scelta che rema in direzione contraria rispetto alla necessaria stabilizzazione dei contratti presenti all’interno dell’azienda e che deriva da una tendenza insita nel nuovo piano industriale, presentato dal Direttore Generale Antonio Campo Dall’Orto e approvato all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione lo scorso aprile.

Gli obiettivi fissati dal Dg sono chiari: rendere la Rai più universale e mantenere a leadership di ascolti nel nuovo contesto digitale multipiattaforma. Come? Trasformando il servizio pubblico in una media company, attraverso uno slittamento verso il digitale e uno snellimento dell’informazione. Proprio quest’ultimo aspetto, accanto al ricorso alle chiamate esterne, preoccupa il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico. Secondo Campo Dall’Orto, infatti, è necessario procedere a un ridimensionamento del palinsesto informativo, riducendo lo spazio riservato a notiziari e rubriche di informazione (che attualmente rappresenta il 70% delle ore di programmazione) e catalizzando l’attenzione sul ruolo di Rai News24. Il tutto, secondo il Dg, senza ricorrere a licenziamenti o prepensionamenti, ma ipotizzando un utilizzo diverso dei cronisti.

Garanzie di rinnovamento, evoluzione e svecchiamento che, fin da subito, non hanno convinto le sigle sindacali, critiche soprattutto nei confronti della linea di condotta relativa alle continue assunzioni di esterni e al ricorso alle consulenze, per le quali la Rai spenderebbe cifre da capogiro. I passi del sindacato non si sono fatti attendere: in occasione della presentazione della squadra di Carlo Verdelli, direttore editoriale per l’offerta informativa Rai, l’Usigrai ha presentato un esposto sull’assunzione di dirigenti esterni da parte della Rai all’ Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) e alla procura generale della Corte dei Conti.

Lo sciopero delle firme del 27 giugno, dunque, sottolinea una situazione irrisolta che, all’indomani della presentazione dei nuovi palinsesti, il sindacato considera ancora più urgente da affrontare e sanare: «Ci rivolgeremo alle sedi opportune per il rispetto del dovuto confronto sindacale sulle modifiche di palinsesto, e forniremo ulteriore documentazione all’Anac e alla Corte dei Conti affinché valuti il rispetto delle regole anche nelle ulteriori nuove assunzioni».

Nel corso di questi mesi, molti sono stati gli argomenti presentati per evidenziare la gravità della vicenda relativa alle nuove assunzioni (il rispetto del limite del 5%, la violazione delle norme del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, il costo del lavoro). Tuttavia, l’aspetto più profondo su cui riflettere emerge proprio dalle ultime dichiarazioni dell’esecutivo Usigrai: «Vediamo la vecchia abitudine di mortificare le professionalità interne per premiare chi viene da fuori. E per questo i soldi si trovano. Non si trovano invece per il cambiamento. Non si trovano per una rivoluzione a cui i giornalisti Rai sono pronti da anni».

La mortificazione, lo svilimento, la sottovalutazione di risorse che hanno lavorato e lavorano all’interno dell’azienda, talvolta in condizione precarie, mosse come pedine per fare spazio a persone esterne, chiamate all’occorrenza per soddisfare le esigenze dei vertici di turno.

(di Giulia Cara)

Fonte immagine: teulada52.net

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