Consiglio di Sicurezza Onu: un anno a testa per Italia e Olanda

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L’Assemblea Generale ONU ha assegnato i seggi non permanenti per il 2017-2018. Vince l’Italia ma è una vittoria a metà

onuIl 28 giugno scorso, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è riunita per il rinnovo dei dieci membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza.
La votazione riguardava i seggi da attribuire nel biennio 2017-2018 e si è conclusa, per l’Italia, con un deludente “pareggio”: il nostro Paese dovrà spartirsi il biennio con l’Olanda, un anno a testa e cioè l’Italia nel 2017 e l’Olanda nel 2018. I nuovi membri entreranno in carica il primo gennaio 2017 e vedranno scadere il loro mandato il 31 dicembre 2018.

Il Consiglio di Sicurezza (CdS) è composto da quindici membri dei quali cinque sono permanenti (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) e hanno diritto di veto e dieci sono membri non permanenti, con mandato biennale non rinnovabile immediatamente.
L’Italia si era candidata dopo il seggio ottenuto nel biennio 2007-2008.
La Carta delle Nazioni Unite, per quanto riguarda la composizione del CdS, prevede (art. 23) che “L’Assemblea Generale elegga dieci altri Membri delle Nazioni Unite quali Membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza, avendo speciale riguardo, in primo luogo, al contributo dei Membri delle Nazioni Unite al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed agli altri fini dell’Organizzazione, ed inoltre ad un’equa distribuzione geografica.”
Secondo una prassi consolidata, l’ “equa distribuzione geografica” viene assicurata attribuendo un numero fisso di posti ad ogni gruppo regionale (3 all’Africa, 2 all’Asia-Pacifico, 1 all’Europa orientale, 2 ai Paesi occidentali, 2 all’America Latina).
Per quando riguarda il contributo al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, il ruolo dell’Italia è ineccepibile: siamo il primo Paese tra quelli occidentali che dal punto di vista quantitativo, contribuisce in termini di truppe alle operazioni di pace delle Nazioni Unite.

Inoltre, il nostro Paese è in primo piano per il raggiungimento degli altri fini delle Nazioni Unite: dalla promozione per la soluzione pacifica delle controversie, al rispetto del disarmo, alla protezione dei diritti umani.

Durante l’ultima votazione, l’Italia non è riuscita a ottenere i voti necessari per avere il seggio nel CdS. Per il gruppo che comprende i Paesi occidentali, erano a disposizione due posti per tre contendenti. Solo la Svezia ha superato subito il quorum di 128 voti (sono riusciti a superare il numero legale al primo colpo anche Bolivia per l’America Latina ed Etiopia per l’Africa. Per il seggio asiatico c’è stato un ballottaggio che ha visto prevalere il Kazakistan sulla Tailandia), mentre l’Italia e l’Olanda si sono contese il secondo seggio a disposizione nel corso di diversi ballottaggi fino ad arrivare alla parità e decidere per la “divisione” del biennio. Si tratta di un evento raro ma già successo: nel 1955 tra Jugoslavia e Filippine e nel 1961 tra la Polonia e la Turchia.

Il “pareggio senza rigori” come lo ha definito il ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni è stato un risultato inatteso in quanto l’Italia era data per favorita soprattutto per il suo contributo nelle missioni onusiane ma anche per la sua posizione strategica nel Mediterraneo che la rende attore chiave su temi di stretta attualità: lotta all’ISIS, cambiamenti climatici e i migranti. Il ministro Gentiloni ha parlato di una scelta “innovativa e creativa”, un importante messaggio di unità dopo la Brexit, anche se è nata per evitare una situazione di stallo.

Buon accordo o delusione cocente?

Se per il per il ministro degli Esteri Gentiloni si tratta “di un onore per l’Italia e di un buon accordo con l’Olanda” in realtà molti parlando di delusione “cocente”, come l’ha definita l’ex ministro degli esteri Giulio Terzi il quale, durante il biennio 2007-2008 in cui l’Italia fu membro non permanente, ricoprì il ruolo prima di direttore politico e poi di rappresentante permanente alle Nazioni Unite.
Giulio Terzi ha parlato di “inadeguatezza dimostrata dalla politica estera del Governo” smentendo il “ruolo da vero protagonista” che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi continua a proclamare con riferimento al nostro Paese. Terzi ha anche aggiunto che la “superiorità del risultato svedese e olandese (l’Olanda ha ottenuto alla prima votazione consensi assai superiori di quelli ricevuti dall’Italia, ndr) non è casuale in quanto si tratta di due Paesi che difendono con coerenza e determinazione diritti umani e stato di diritto nelle relazioni interazionali […] e che non velano le proprie statue dinanzi a visitatori islamici fondamentalisti”.
Infine, ha concluso l’ex ministro con un post su Facebook “non è quindi sbagliato trarre dalla cattiva performance di ieri, che tra l’altro macchia una patrimonio di vent’anni di impegno italiano nella riforma delle Nazioni Unite e del CdS, un duro insegnamento: nella vita internazionale, come in quella delle persone, coerenza e riferimenti valoriali pagano sempre e una politica estera basata su tali presupposti è vincente in una realtà globale dove furbizie, mezze misure e ondeggiamenti di comodo tipici di certi politici italiani sono sempre meno considerati e apprezzati”.

La candidatura dell’Italia era precedente l’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi ma il presidente del Consiglio ne ha fatto da subito una priorità “assoluta” del Governo, mosso dalla volontà di ridare al nostro Paese una posizione da protagonista nel panorama internazionale. Sedere nel CdS significa anche conoscere più da vicino tutti i più importanti dossier internazionali, partecipare alla stesura delle risoluzioni e garantirsi ampio potere negoziale.

Per molti l’esito della votazione è un compromesso politico con vincitori e vinti. Alcuni azzardano l’epiteto di “catastrofe” diplomatica, anche perché i Paesi africani e quelli dei Caraibi hanno preferito votare la Svezia durante le prime votazioni. In questi mesi la Farnesina avrebbe condotto la “campagna” per il seggio dell’Italia senza chiedere aiuto a Fondazioni, Ong o imprese presenti nei Paesi esteri, perdendo in questo modo i voti in Africa, ad esempio. Mentre invece, sia il primo ministro svedese sia la regina hanno viaggiato nel continente africano proponendo e realizzando progetti.
Si ipotizza che con questo pareggio in extremis, ci sia il rischio di un nuovo confronto tra Palazzo Chigi e la nostra diplomazia dopo i contrasti degli ultimi mesi per la nomina di Carlo Calenda ad ambasciatore. E Renzi potrebbe di nuovo ripresentare il suo piano di riorganizzazione del MAECI, aprendolo a figure esterne, imprenditori o ex dirigenti d’azienda, da nominare ambasciatori.

Riforma del Consiglio di Sicurezza

A margine del risultato del 28 giugno, occorre riflettere circa una riforma delle Nazioni Unite (e del CdS in particolare) e del ruolo che potrebbe avere in questo senso l’Italia.
Oggi più che mai risulta necessaria la riforma in senso democratico e rappresentativo di tutti i membri delle Nazioni Unite dell’organo “politico” ed esecutivo dell’ONU: il CdS. Contraria all’aumento dei membri permanenti (ha più volte bloccato i tentativi del G4 ossia di Brasile, Germania, Giappone e India di revisione dello Statuto per attribuire a questi Paesi lo status di membri permanenti), il nostro Paese è capofila del movimento Uniting for Consensus.
Secondo lo UfC le modifiche alla Carta, comprese quelle riguardanti il CdS, dovrebbero avvenire sulla base del più ampio consenso, per non minare la legittimità dell’Organizzazione.

La proposta di riforma del CdS presentata nel 2005 da questo raggruppamento, prevede l’allargamento a 25 membri, con dieci nuovi membri non permanenti. Il CdS sarebbe dunque composto dagli attuali cinque membri permanenti e da venti non permanenti senza diritto di veto eleggibili per due anni sulla base di una precisa provenienza geografica.

Utile a questo punto il commento di Roberto Nigido, già Ambasciatore d’Italia: “La discussione sulla riforma del Consiglio di Sicurezza continua a registrare molteplici e contraddittorie proposte che finiscono per incrociarsi con il veto di uno o più dei membri permanenti. Per far progredire il negoziato, l’Italia ha presentato, insieme agli altri Paesi che da tempo condividono la sua posizione di fondo, una proposta di compromesso, che prevede l’istituzione di una terza categoria di membri, con mandato più lungo degli attuali seggi biennali e rinnovabile. A parere di chi scrive, si tratta di un’ipotesi utile per far progredire il negoziato, ma che va maneggiata e modulata con cautela, se non si vuole indebolire la logica del principio sul quale si basa la posizione italiana: che tutti gli Stati sono uguali e hanno gli stessi diritti nelle Nazioni Unite; con l’eccezione del Consiglio di Sicurezza, dove i Cinque permanenti hanno acquisito la loro posizione speciale come imposizione del vincitore al termine della seconda guerra mondiale.”

(di Alessandra Esposito)

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