La politica torna al centrismo: a preoccupare è la crisi

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di Emiliana De Santis

La storia è ciclica, è stato affermato. Il carattere del Paese, sedimentato nel tempo e dalle vicende spesso subite e mai veramente governate, non può cambiare. Può modificarsi, migliorare in qualche aspetto ma nella maggior parte dei casi continua a influenzare il cammino delle sopraggiunte circostanze. Forse è per questo che è tornato in auge il discorso “centrista”, quella convergenza verso un unicum indefinito ma rassicurante che spinge il passo del riformismo necessario per evitare il fallimento.

LA STORIA- Alla fine del 1947 la vita politica italiana era nel caos. L’URSS spingeva i partiti satellite al vassallaggio verso Mosca e alla lotta antisistema, nasceva il Patto di Varsavia e Pio XII pronunciava il famoso “con Cristo o senza Cristo”. Gli italiani, un po’ per smarrimento un po’ per dover di alleanza, premiarono alle urne i soli due partiti riconoscibili e riconosciuti, la Dc e il Pci. Escluso quest’ultimo, per ovvi motivi, da ogni esecutivo, rimaneva al timone la creatura di De Gasperi. Ammettiamolo, l’Italia non è mai stata rivoluzionaria e progressista e le elezioni del ‘48 hanno solo inaugurato una tendenza insita nel nostro modo di essere: il centrismo, il governo dell’accordo e della coalizione in nome dell’anticomunismo e del bene dell’Italia. Ma non è detto che sia un male.

NEMICO PUBBLICO: CRISI- Pure oggi c’è da salvare l’Italia ma non dal pericolo rosso. Oggi bisogna salvarla da un mostro forse più temibile perché volatile e intestino: la crisi sociale e finanziaria che la attanaglia, in misura e in forza accresciuta dalla strutturale debolezza che caratterizza questa non economia, dove tutto è concesso e niente è possibile. Si spiega così il largo sostegno degli italiani e dei partiti al Governo Monti e alla febbrile attività del rinato Casini, la cui popolarità è in crescita esponenziale. Se Alfano e Bersani fanno di tutto per accaparrarsene le simpatie, anche a costo di lasciare sul campo gli ex alleati – Lega, Idv e Sel – il motivo deve esser valido. L’Udc non si risparmia, cerca l’accordo, promuove vertici tripartiti e innalza il vessillo della somma necessità.

MONTI E LA GROSSE KOALITION- Casini ha più volte lanciato l’idea di un governo di grande coalizione anche per il 2013. Quando la legislatura sarà venuta a scadenza e gli italiani saranno tornati alle urne, probabilmente con una legge elettorale proporzionale, Monti potrebbe ancora essere il premier dell’unione. A questo punto non più forzata ma voluta ed eletta. Con un sistema di voto a metà tra il modello spagnolo e quello tedesco, l’Udc farebbe la parte del leone, aggiudicandosi la fetta di elettorato deluso da Pd e Pdl e allergico al vento dell’antipolitica. Veltroni pare già aver fiutato la vittoria e si impegna con un certo slancio a mettere i punti sulle ì del suo segretario, quel Bersani diviso tra richiami governativi e movimenti centrifughi delle ali più estreme. Alfano nicchia.

Dovendolo dire in termini calcistici, che in Italia va sempre di moda, il risultato in questo momento è fermo sullo zero a zero.

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