Rainews 24, inchiesta: cronisti nel mirino delle mafie

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dal Canale youtube di Rainews24

[youtube SjXJAJUkM]

di Sabrina Ferri

Una passione, un mestiere, la voglia di raccontare e di illuninare i “buchi neri” della società. Fare giornalismo implica non soltanto spingersi in contesti sconosciuti, ma anche impantanarsi in luoghi e situazioni ove nessuno oserebbe mai mettere piede. Eppure, spesso, il tentativo di fare emergere verità scomode finisce con lo scontrarsi con qualcosa di più grande: la velleità di dire, e di dire troppo, cozza contro l’interesse dei potenti, dei clan, dei mafiosi.

RaiNews 24, attraverso l’inchiesta La vita per una notizia. Cronisti nel mirino delle mafie, realizzata da Flaviano Masella, ha voluto raccontare il fenomeno dilagante dei giornalisti minacciati in Italia, un fenomeno in crescita e preoccupante, pronto a dilaniare come una metastasi il corpo del nostro Paese. Ben 800 i giornalisti che hanno subito minacce negli ultimi 5 anni, 317 soltanto nel 2011 secondo quanto riportato nel sito di Ossigeno per l’informazione 

A rischiare di più i cronisti locali, soprattutto nel Mezzogiorno, laddove le mafie sono ben sedimentate. Chi lavora in un piccolo giornale, in provincia, ha infatti molte più probabilità di trovarsi di fronte a messaggi minatori, querele e cause civili. Forme di intimidazione che, il più delle volte, si traducono in una sorta di auto-bavaglio per il giornalista che sceglie di non parlare e di rinnegare implicitamente l’art.21 della Costituzione.

Dove finisce, allora, la libertà di parola? E la libertà di stampa? Forse, se è la paura ad ammazzare la notizia, diventa utopistico parlare di libertà. Il giornalista minacciato si ritrova, così, incatenato ad un silenzio incandescente.

Oggi il fenomeno dei giornalisti minacciati è ancora poco conosciuto. La stessa inchiesta di Rai News non è stata trasmessa sui canali generalisti. I media tacciono, l’agenda politica non torna a parlarne fin quando non si verifichi un nuovo caso. L’informazione viene drammaticamente sacrificata. La stessa vita della democrazia è messa in pericolo.

Ossigeno per l’informazione, osservatorio fondato tra gli altri da Alberto Spampinato, fratello del giornalista Giovanni Spampinato ucciso nel 1972, cerca di portare alla luce questi casi, per far sì che se ne possa ancora parlare, per evitare l’autocensura.

Solidarietà e visibilità, scrive Ossigeno, sono la formula per cercare di proteggere il giornalista minacciato e non farlo sentire solo. L’impegno deve, però, essere di tutti: delle istituzioni politiche, dei media, dei cittadini, della società. Perchè dietro ogni notizia perduta c’è un mondo dominato dall’illegalità e dalla corruzione. Perchè sacrificare l’informazione significa, infine, la morte della democrazia.

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