Amarcord: Geovani Silva, il profeta mancato di Bologna

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Signori, ho portato a Bologna uno dei 5 migliori calciatori del mondo“. Si presentava così, tronfio ed oroglioso, il presidente felsineo Luigi “Gino” Corioni quando nell’estate del 1989 annunciava l’arrivo in Emilia del talentuoso fantasista brasiliano Geovani Silva, acquistato assieme alle vecchie volpi Cabrini, Giordano e Bonini, e ad altri due stranieri, Iliev e Waas, per la stagione 1989-90, la seconda consecutiva in serie A con Luigi Maifredi in panchina. Le cose, è evidente, saranno leggermente diverse da quanto proclamato da Corioni.

Geovani Silva è un nome che in Europa gira parecchio: ha militato parecchio nel Vasco da Gama, sin da giovanissimo è stato accostato ai grandi fantasisti brasiliani, si dice che abbia visione di gioco ed una capacità strabiliante al tiro da fuori area, sia su azione che da fermo, lui stesso dichiara che in allenamento appende una maglietta all’incrocio dei pali e la centra puntualmente battendo le punizioni. A Bologna sperano di aver trovato un fenomeno, Maifredi, che peraltro fa giocare benissimo la squadra, spera di aver trovato anche quell’uomo da doppia cifra che possa garantire gol assieme a Bruno Giordano, bomber di razza ma arrivato quasi a fine carriera. Ad aumentare le attese, poi, ci pensano i tifosi che, oltre ai passaparola nei bar (il tempo dei social è lontano più che mai) srotolano uno striscione da oscar dedicato al brasiliano: “Testimoni di Geovani“. Le premesse per una grande stagione, insomma, ci sono tutte, il Fantacalcio non è stato ancora inventato, ma ci possiamo scommettere che Geovani sarebbe stato pagato parecchio in moltissime aste.

Eppure, sin dal principio, qualche scetticismo incomincia a serpeggiare: il brasiliano ha tecnica e capacità balistiche, su questo non ci piove, ma appare lento e compassato, gli avversari lo anticipano regolarmente ed anche in allenamento qualche compagno glielo dice: “Guarda che così non arriverai mai sulla palla“; ma Geovani sa il fatto suo e Maifredi lo coccola e lo difende, come farà con Roberto Baggio alla Juventus. Inizia il campionato, il Bologna va pure discretamente, Giordano fa gol, Fabio Poli anche, ma di Geovani si perdono presto le tracce e, perfino quella tifoseria che lo aveva acclamato, incomincia a porsi domande e dubbi circa il reale valore del brasiliano, in quegli stessi bar che sognavano ad occhi aperti, oggi le riflessioni sono altre, la più frequente delle quali è: “Mamma mia – anzi, soccimelquant’è lento!”. Eh sì, Geovani non riesce ad imporsi, spesso vaga per il campo aspettando passaggi illuminanti e illudendosi che la velocità del calcio italiano sia la stessa che in Brasile, ma la serie A è un altro mondo, i difensori sono arcigni, svelti di gambe e di testa, la tattica asfissiante, il fantasista non ha tempo di pensare e fatica terribilmente.

Il 5 novembre 1989 si gioca il sentito derby dell’Appennino Fiorentina-Bologna, a cui i felsinei arrivano un po’ in difficoltà non vincendo in campionato dal 24 settembre. La gara è tirata e per nulla spettacolare, avviata stancamente verso uno 0-0 di cui i posteri ricorderanno poco o nulla, ma al minuto 78 proprio Geovani lascia partire un siluro da 30 metri che toglie le ragnatele dal sette della porta viola, proprio come diceva di fare in allenamento con le magliette appese all’incrocio dei pali. E’ il riscatto di un calciatore fin lì bollato come bidone, anche a fronte dei 10 miliardi di lire spese da Corioni per acquistarlo; Fiorentina 0 Bologna 1, pubblico in festa, presidente raggiante, Maifredi soddisfatto, Geovani stesso contento per essersi finalmente sbloccato ed aver dimostrato il suo valore, peraltro in una delle gare più sentite per il Bologna. E ora, spera l’intero ambiente bolognese, che non si fermi più e ci porti in Europa! In città lo sperano, ma il gran gol di Firenze si rivela un fuoco di paglia, perché il brasiliano ripiomba nel suo gioco spento e nelle sue prestazioni abuliche.

Qualcuno ipotizza che abbia la classica nostalgia del Sudamerica, altri dicono che a Bologna non si sia ambientato anche per via del clima e che abbia commesso l’errore di andarsene ad abitare in campagna dove da novembre ad aprile c’è la nebbia fin dalle 3 del pomeriggio. Geovani si allena e poi si chiude in casa a guardare fuori dalla finestra, anzi, a non guardare perché non vede nulla e si chiede cosa sia quella nube trasparente che gli offuschi la visuale. Il 3 gennaio 1990, mentre in Brasile è piena estate, a Bologna fa freddo ma si gioca ugualmente ed è in programma Bologna-Fiorentina di Coppa Italia; evidentemente, i viola portano bene a Geovani che segna ancora trasformando il calcio di rigore dell’1-0. Il Bologna vincerà 3-2 aggiudicandosi un’altra sfida contro i toscani e il brasiliano farà 2 su 2 contro i rivali. Poi più nulla per oltre un mese, fino all’ultimo guizzo della sua avventura italiana: è il 18 febbraio 1990, si gioca Bologna-Ascoli. I marchigiani, in piena lotta salvezza, passano in vantaggio dopo 5 minuti con un brasiliano che, a differenza di Geovani, in Italia si è ambientato benissimo, Walter Junior Casagrande. Il Bologna reagisce e pareggia con Marronaro al 57′, poi vince la partita proprio grazie al suo brasiliano, in rete di nuovo su rigore al 65′.

A fine stagione, il Bologna annuncia la cessione di Geovani in Germania, al Karlshrue, dove giocherà dal 1990 al 1992 prima di tornarsene per sempre in Sudamerica dove giocherà fino al 2002 tornando anche al Vasco da Gama. Tanta spesa poca resa, verrebbe da dire, e in effetti il bottino di 2 gol in 27 presenze, più una marcatura in Coppa Italia, rappresentano tutt’altro che un successo per il Bologna e per Geovani che forse ha sofferto l’ambientamento al calcio italiano e all’Europa, come il celebre Aristoteles nel film cult L’Allenatore Nel Pallone, in cui, però, il brasiliano poi regala gioie e gol a Lino Banfi. Ma quello era cinema, il flop di Geovani, invece, purtroppo per lui e per il Bologna, è stata una brutta realtà.

di Marco Milan

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