Amarcord: Piotr Czachowski, niente musica a Udine

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Fra gli anni ottanta e l’inizio dei duemila, di calciatori stranieri in Italia ne sono passati a bizzeffe, da chi ha fatto la storia della serie A a chi ha deluso, fino ad arrivare a chi non ha lasciato traccia alcuna e che anche oggi, andando a sfogliare un vecchio album delle figurine ed incappando in un nome quasi sconosciuto, si strabuzzano gli occhi esclamando: “E questo chi diavolo è?”. E’ certamente il caso di Piotr Czachowski, un centrocampista polacco che a Udine giocò poco e male nonostante premesse di tutt’altro genere.

E’ il 1991 ed il calcio polacco vive uno dei momenti peggiori della propria storia: la nazionale biancorossa ha fallito l’approdo ad Euro ’88, a Italia ’90 e ad Euro ’92 e c’è poca fiducia anche per la qualificazione ai mondiali del 1994. Sono lontanissimi i tempi di Boniek, ancor di più quelli della fantastica Polonia del 1978 e del 1982; anche i club se la passano male, nessuna squadra sembra emergere in campo europeo, anche se il Legia Varsavia è arrivato a giocare la semifinale di Coppa delle Coppe contro il Manchester Utd; mancano le risorse, mancano i talenti, anche se qualche eccezione c’è ed una di esse ha un nome ed un cognome: Piotr Czachowski. Classe 1966, Czachowski è un centrocampista dinamico, baffo castano chiaro come Boniek, tecnica e visione di gioco, sembra l’uomo migliore che la Polonia possa mostrare al resto d’Europa. Ha militato nel Legia Varsavia ed ora gioca nello Zaglebie Lubino, è il 1991 e Piotr Czachowski vince il premio di calciatore polacco dell’anno, un riconoscimento che gli spalanca il mercato mettendogli in mano un biglietto aereo per una destinazione calcisticamente più appetibile della Polonia.

Nell’estate del 1992, l’Udinese neo promossa in serie A va a caccia di talenti in giro per l’Italia e per il mondo e gli osservatori della società friulana fanno tappa in Polonia dove sono due i calciatori visionati: uno è un terzino sinistro e si chiama Marek Kozminski, l’altro è proprio Czachowski. Perché scegliere? I dirigenti bianconeri se ne tornano in Italia coi due talenti polacchi da regalare al tecnico Adriano Fedele che, però, non li allenerà mai poiché sarà esonerato prima dell’inizio del campionato e sostituito da Bigon. L’Udinese è una squadra discreta in cui spiccano gli argentini Sensini e Balbo ed il fantasista Dell’Anno a cui si aggiungono Kozminski e, soprattutto, quel Czachowski di cui si parla un gran bene e che ha il pedigree di razza per quel premio, calciatore polacco dell’anno, che sarà però un boomerang per lui. Moglie e figlia al suo seguito, il centrocampista si presenta con il tipico stile degli uomini dell’est ad inizio anni novanta: baffi, occhiali da sole rotondi, polo insaccata dentro ai jeans, calzini bianchi. “Che tipo di giocatore sei?“, gli chiedono i giornalisti al suo sbarco in Italia. “Mi chiamano il Rijkaard dell’est“, risponde il polacco senza esitazioni. Che non sarà proprio così, probabilmente, lo avrete già capito.

Anche perché, mentre il connazionale Kozminski esordisce quasi subito e diventa, pur alternando buone prestazione ad altre insufficienti, uno dei titolari della squadra, Czachowski fatica ad integrarsi e nelle prime giornate non va neanche in panchina, ritardando l’esordio al turno numero 5, il 1 ottobre 1992, nel successo dell’Udinese per 5-2 contro il Pescara quando il polacco entra nel corso del secondo tempo. Poi più nulla per diverso tempo, addirittura nella sciagurata trasferta di Torino contro la Juventus un mese dopo (5-1 per i piemontesi con quaterna di Roberto Baggio) a Czachowski viene preferito il giovanissimo Tricca che va in panchina al posto del polacco, così come a Bergamo il 22 novembre, a disposizione di Bigon c’è l’altro baby Mariotto che entra pure in campo nel finale. Per rivedere Czachowski in campo bisogna aspettare addirittura l’anno nuovo: è il 31 gennaio ed il polacco entra a fine primo tempo al posto di Pellegrini nel 2-2 che l’Udinese riesce a strappare a San Siro contro l’Inter. Due presenze, peraltro entrambe da subentrato, in 4 mesi sono davvero poche, ma è chiaro che Bigon veda poco il polacco, lento ed inconsistente.

L’Udinese sgomita nelle zone basse della classifica ed il tecnico ha poco tempo per gli esperimenti. Czachowski è sempre più ai margini della squadra, spesso il sabato sa che l’indomani non andrà neanche in panchina e allora la domenica mattina porta la famiglia a fare qualche gita, una volta a Venezia, un’altra a Gardaland. Il 7 febbraio 1993, però, il polacco gioca da titolare (maglia numero 7) la sfida che l’Udinese vince al Friuli contro il Parma per 1-0, gol del solito Balbo; Czachowski gioca una gara sufficiente e finalmente tecnico e tifosi possono ammirare un calciatore di buon livello, ordinato, senza guizzi ma neppure sbavature. La buona prestazione, però, non gli vale la riconferma e Czachowski tornerà in campo per una ventina di minuti il 21 marzo nel successo dei bianconeri contro il Torino, a conferma, comunque, di essere quantomeno un talismano poiché quando gioca lui i friulani non perdono mai. E’ forse l’unica consolazione in un’avventura che il polacco sperava più gratificante, l’allenatore lo inserisce col contagocce e lui non riesce ad entrare nel vivo degli schemi anche se, a dirla tutta, in campo si vede poco, non prende iniziative, si limita a passare la palla al compagno più vicino.

Piotr Czachowski gioca ancora in Lazio-Udinese 4-0, entra negli ultimi 3 minuti di Udinese-Juventus 0-0, è titolare in Genoa-Udinese 1-0, in Udinese-Atalanta 1-2 e gioca una gran partita in Udinese-Milan 0-0 del 25 aprile quando finalmente l’Italia si accorge di quell’oggetto misterioso venuto dalla Polonia che proprio nella gara più complicata dell’anno si scrolla di dosso timidezze e paure, risultando il migliore dei suoi. Le ultime due apparizioni del polacco in serie A sono in Cagliari-Udinese 1-1 e in Udinese-Brescia 2-2 del 16 maggio 1993, poi Bigon lo lascia fuori nel finale di campionato e anche nello spareggio che i bianconeri giocano e vincono a Bologna contro il Brescia il 12 giugno 1993, quando Czachowski è ormai lontano da Udine, col corpo e con la mente, ormai deciso a tornarsene in Polonia dopo un anno formativo ma deludente in quello che, a tutti gli effetti, in quell’epoca era il campionato più difficile del mondo. L’Udinese è salva, ma Czachowski ha deluso: appena 11 presenze, nessun gol, nessun assist, nessun motivo che induca il club a trattenerlo anche per la stagione successiva.

Czachowski torna in Polonia nell’estate del 1993, ma la seconda avventura nel Legia Varsavia sarà breve e sfortunata, quindi tenterà fortuna in Scozia trasferendosi al Dundee, quindi chiuderà la carriera in patria nel LKS Lodz, fino al ritiro nel 1998 nelle serie minori polacche. Vanta anche 45 presenze ed una rete con la sua nazionale fra il 1989 ed il 1993 ed oggi apprezzato consigliere di diverse società italiane che gli chiedono informazioni sui talenti emergenti della Polonia. Era difficile giocare in serie A ad inizio anni novanta, Czachowski ci ha provato ed ha avuto poca fortuna, ma può raccontare ai nipotini di essere stato il migliore in campo contro il Milan, il Milan che non perdeva mai, il Milan di Frank Rijkaard, il calciatore a cui qualcuno gli aveva detto di assomigliare. Sarà stato per i baffi.

di Marco Milan

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