Amarcord: la storia della Canzese e di una promozione fantasma

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Canzo: un paesino di 5 mila abitanti in provincia di Como. Un nome che alla maggior parte degli italiani dice poco o nulla, agli appassionati di calcio ancora meno, ma che avrebbe potuto scrivere una pagina importante nella storia del pallone di casa nostra e che, a causa di problemi burocratici, vide sfumare un sogno soltanto accarezzato.

Alla vigilia della stagione 2004-2005, la Canzese è iscritta alla serie D, girone B, assieme alle sarde e alle altre lombarde, fra cui le blasonate Lecco, Seregno e Solbiatese. Il tecnico è Gian Marco Remondina, proveniente dal settore giovanile del Brescia, allenatore con spiccate vocazioni offensive, ispirato da un 4-3-3 molto elastico che desidera proporre anche a Canzo, una città che calcisticamente ha sempre bazzicato fra i dilettanti e che neanche si immagina di poter lottare per un posto tra i professionisti. Il presidente Enzo Gatti, però, ha preso a cuore le questioni della società e della squadra, è oculato nelle spese ma attento a costruire un gruppo solido e coeso, la squadra nel 2002 ha vinto il campionato di Eccellenza, ai nastri di partenza del campionato 2004-05 punta ad un torneo nel quale togliersi più soddisfazioni possibili dopo aver avuto paura fino alla fine di non riuscire ad iscriversi.

La Canzese si dimostra subito una squadra forte e in grado di giocare un calcio divertente e votato all’attacco dove il centravanti Davide Rossi è un’ottima macchina da gol. In porta c’è Marco Tusino, un giovanotto di vent’anni che sembra un’autentica rivelazione, in difesa c’è il vecchio leone Mario Manzo, un passato nelle fila del Milan e tanta serie B. Se il buongiorno si vede dal mattino è chiaro che la Canzese appaia subito come possibile sorpresa del campionato dal momento che all’esordio batte per 1-0 il Lecco con rete di Rossi e, attenzione, i lecchesi sono probabilmente la favorita numero 1 per la promozione in C2. Non è facile il campionato dei lombardi che vivono di alti e bassi nella prima parte del torneo, si ritrovano lontani 8 punti da quel primo posto che forse non sognano nemmeno di poter raggiungere. Nel derby di ritorno a Lecco, poi, la Canzese vince nuovamente, stavolta per 2-1 ed è ancora Rossi il grande protagonista grazie ad una doppietta che manda in visibilio il pubblico di Canzo.

Lo stadio della cittadina comasca è piccolo ma appassionato, la capienza è pochissimo, meno di 600 posti, ma del resto da un paese di 5000 abitanti non ci si può certo aspettare una copia del Santiago Bernabeu. La lotta per la promozione diretta, intanto, si restringe a Canzese e Lecco dopo che la Caratese (partita a razzo) è crollata di schianto; il vantaggio della squadra di Remondina sembra sufficiente, l’entusiasmo è alle stelle, i lecchesi sono sotto pressione perché a loro è stato chiesto di vincere il campionato, alla Canzese no e questo ha finora fatto la differenza, perché la Canzese si è divertita e il Lecco ha faticato, schiacciato dall’obbligo di arrivare primo e da una tifoseria che pretende la C2. La Canzese subisce anche qualche battuta d’arresto, perde con l’Olginatese ma già la domenica successiva travolge l’Arzachena con 5 gol, alla fine l’8 maggio arriva la festa, la promozione matematica in serie C per una società nata da poco, senza nessuna ambizione ad inizio stagione e con uno stadio incassato fra una strada in salita ed un colle.

E’ proprio l’impianto San Miro il pensiero principale della società biancoblu: il giorno dopo la promozione, il presidente Gatti, consapevole che in C2 in quello stadio non si possa giocare e che sarebbe impossibile ampliarlo in meno di due mesi, si precipita a parlare con la prefettura di Como per poter giocare al Sinigaglia le partite del campionato 2005-06. La Gazzetta dello Sport dedica un articolo alla Canzese, parla di problemi legati allo stadio in via di risoluzione, anche Gatti conferma di essere ottimista e l’impressione è che la squadra lariana abbia trovato la sua sistemazione. Ma dopo qualche giorno su Canzo cala il gelo: Como nega l’autorizzazione e la Canzese si ritrova senza stadio, i tifosi iniziano ad aver paura, è una corsa contro il tempo che scorre veloce, a Lecco preparano già inchieste e ricorsi, iniziano a sperare nell’ammissione in C2 al posto della Canzese. La notizia, dapprima accennata, comincia a prendere forma come fosse ormai un destino inevitabile.

Il termine per le iscrizioni scade, il presidente della serie C Mario Macalli prende atto della situazione e la Canzese non presenta la sua domanda, aprendo in città una ferita che non si rimarginerà più. Ma perché è accaduto tutto questo? Perché nel 2005 il regolamento dice che ogni squadra debba giocare le proprie partite casalinghe in un impianto sportivo sito presso il comune dove ha la sede legale. Como ha voltato le spalle alla Canzese ed ora i biancoblu vedono vanificati gli sforzi della vittoria, in un attimo non servono più i 19 gol di Rossi, l’impresa di Remondina verrà riportata sugli almanacchi ma con l’asterisco a certificare un successo mai goduto, una ricchezza mai incassata. Il Lecco viene ripescato in C2, la Canzese rinuncia al professionismo e non riesce a presentare domanda di iscrizione anche in D, vedendo sparire in un sol colpo la possibilità di giocare in serie C e quella di riprovarci l’anno dopo. Passa qualche giorno e sulla storia della Canzese cala il sipario, i giornali dedicano un trafiletto alle mancate iscrizioni, poi il trafiletto diventa una riga, infine il nome di Canzo sparisce definitivamente e per sempre.

Oggi la Canzese gioca in Prima Categoria, su Facebook esiste un gruppo che si chiama “C’era una volta la US Canzese” che con foto e vecchi articoli riprende le stagioni d’oro dei biancoblu in serie D, con particolare menzione per quella splendida cavalcata che nel 2004-05 aveva portato la Canzese in serie C. Canzo è una bella cittadina, sembra una piccola Svizzera, il calcio rappresenta svago e passione, ma ancora oggi quella mancata iscrizione rappresenta un dolore enorme, una caduta da cui nessuno si è ancora rialzato, un’occasione che nella mente delle persone rimarrà irripetibile.

di Marco Milan

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