Amarcord: il disastro francese ai mondiali del 2002

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Il calcio è bello ed affascinante anche perché, rispetto a molti altri sport, non sempre rispetta i pronostici della vigilia, anzi, spesso e volentieri si diverte a sovvertirli, permettendo a Davide di sovrastare Golia. E così, capita che la nazionale campione del mondo e d’Europa in carica finisca per rimediare un’epocale figuraccia, rimasta famosa dopo oltre vent’anni.

Dopo aver trionfato ai mondiali casalinghi del 1998 ed aver conquistato al golden gol gli Europei del 2000 a spese dell’Italia, la Francia si ritrova a giocare da grande favorita anche la coppa del mondo del 2002 in Corea e Giappone. Certo, tutti i grandi della squadra hanno 4 anni in più rispetto all’ultima volta e qualcuno sussurra che l’era vincente dei transalpini sia ormai al capolinea, nonostante un organico comunque sontuoso ed alcuni elementi che a Francia ’98 erano degli sbarbatelli o quasi (come Henry o Trezeguet) e che ora sono invece dei giocatori maturi ed esperti per caricarsi sulle spalle il peso dei favori del pronostico. Qualificata di diritto come campione uscente, la Francia è la testa di serie numero 1 ai sorteggi e si ritrova nel gruppo A insieme alla Danimarca, all’Uruguay e all’esordiente Senegal, debuttante assoluto ai mondiali. Il girone, insomma, sembra ampiamente alla portata di una Francia più vecchia ma non certo più debole, almeno sulla carta.

Ma, se il buongiorno si vede dal mattino, da Parigi a Marsiglia, da Lione a Le Mans, che stavolta il destino sembri voler voltare le spalle ai francesi lo si capisce dalle amichevoli pre mondiale, quando contro la Corea del Sud si infortuna Zinedine Zidane, l’uomo simbolo della nazionale guidata da Roger Lemerre. E’ un colpo duro, perché l’ex juventino, ora in forza al Real Madrid con cui ha appena vinto la Coppa dei Campioni contro il Bayer Leverkusen, peraltro grazie ad una rete proprio del fantasista, resta in ogni caso il calciatore più forte della squadra. Ma c’è poco tempo per piangersi addosso, perché il 31 maggio si avvicina e alla Francia tocca il compito di inaugurare i primi mondiali asiatici della storia disputando la partita d’esordio a Seoul contro il Senegal. Una data che rimarrà storica in tutto il mondo, in particolar modo nel paese centro africano perché nessuno si aspetta ciò che accadrà nella capitale sudcoreana. La Francia si presenta forte, sprezzante e spavalda, il Senegal è pronto a far da vittima sacrificale ma, come si scriveva all’inizio, il calcio è bello perché strano.

Francia-Senegal diventa una sorta di riscatto sociale, il paese europeo oppressore che soccombe ai più poveri senegalesi, ma diviene anche una partita che ricorda tantissimo quella inaugurale di Italia ’90 fra l’Argentina campione del mondo in carica ed il Camerun, altra nazionale africana delle meraviglie. La Francia fatica, il Senegal è accorto e poi prende coraggio, fino al gol di Bouba Diop (scomparso nel 2020 a causa della SLA) che in scivolata insacca un cross proveniente dalla sinistra e mal respinto dalla difesa transalpina. Eppure, tutti pensano che nella ripresa la Francia pareggerà senza affanni, invece i campioni del mondo arrancano sempre di più, nel secondo tempo arrivano due pali, uno per parte, ma il risultato incredibilmente non cambierà più e il Senegal, al debutto assoluto, porta a casa vittoria, 3 punti, mezza qualificazione agli ottavi di finale, nonché l’immortalità nella leggenda calcistica. La Francia, colpita ma non ancora affondata, sa che nella seconda partita contro l’Uruguay non avrà alternative alla vittoria.

I media francesi non risparmiano la nazionale, subissata di critiche, soprattutto perché il commissario tecnico Lemerre sembra aver commesso un errore simile a tanti suoi colleghi (Bearzot nel 1986, ad esempio), ovvero premiare la riconoscenza dei giocatori campioni del mondo di 4 anni prima, anziché effettuare quel naturale ricambio generazionale che avrebbe potuto e dovuto portare in Corea e Giappone qualche emergente dell’Under 21, molti dei quali saranno utili poi ai mondiali tedeschi del 2006. Nell’altra gara della prima giornata, intanto, la Danimarca batte per 2-1 l’Uruguay complicando ulteriormente la situazione di classifica di una Francia sempre più costretta a vincere contro i sudamericani. 6 giugno 2002: a Daegu, Danimarca e Senegal si dividono la posta pareggiando 1-1 e ritrovandosi a braccetto in testa alla classifica e ad un passo dagli ottavi di finale; così, in serata Francia-Uruguay diventa sfida tesissima, chi perde è fuori, ma anche un pareggio taglierebbe molte speranze per entrambe. La partita è brutta, le squadre incapaci di prendere coraggio per vincere: finisce 0-0 e l’avventura sembra al capolinea per tutte e due.

Pare incredibile, ma a 90 minuti dalla fine del girone, la Francia campione del mondo e d’Europa in carica è a un passo dall’eliminazione. Sarebbe un fatto storico, perché in era moderna nessuna nazionale detentrice del trofeo è mai stata eliminata prima degli ottavi di finale. La situazione di classifica è, però, tanto lineare quanto drammatica: ai francesi serve necessariamente battere la Danimarca e sperare che il Senegal non faccia altrettanto con l’Uruguay, dopodiché partirebbero i calcoli della differenza reti. Torna Zidane, ma appare subito chiaro che la stella del Real Madrid non sia in condizione, così come sembra evidente che la Danimarca abbia più voglia e più determinazione di una Francia ormai rassegnata. I danesi segnano al 22′ con Rommedahl, i transaplini stanno lì a guardare quasi impotenti, hanno una timida reazione ma Trezeguet fallisce il pareggio. Nella ripresa, sempre al minuto 22, la Danimarca raddoppia col neo milanista Tomasson e il 2-0 non lascia più spazio a dubbi o interpretazioni di classifica: la Francia torna a casa, gli scandinavi sono primi nel girone davanti al Senegal che acciuffa il secondo posto grazie al 3-3 contro l’Uruguay che relega, peraltro, i francesi in ultima posizione, a completare un’onta già enorme di per sé.

Il resoconto della spedizione asiatica è tremendo per la Francia: ultimo posto nel girone, 0 gol fatti e 3 subìti, poche azioni pericolose, neanche lo straccio di un’organizzazione, neanche lo spunto di un singolo. Sono passati appena 4 anni dal trionfo casalingo, appena 2 dalla festa di Rotterdam agli Europei, ma ai francesi sembra passata un’eternità. C’è poco da recriminare al ritorno in patria, Lemerre sarà sostituito da Santini che qualificherà la squadra ad Euro 2004 dove la Francia cadrà ai quarti di finale contro la sorprendente Grecia e lo stesso Santini lascerà la guida della nazionale al discusso Domenech, capace in ogni caso di condurre i francesi al riscatto ai mondiali del 2006 dove i Blues raggiungeranno la finale perdendo solamente ai calci di rigore contro l’Italia. Le polemiche, però, fra il 2002 e il 2004 investiranno ancora la Francia che si era abituata ormai troppo bene dopo le sbornie del ’98 e del 2000, e che si ritrova a fare i conti con un’eliminazione cocente ed inaspettata e con la consapevolezza che, sulla carta, nazionali migliori di quella transalpina in Corea e Giappone ce ne fossero poche.

Già, sulla carta, perché sappiamo bene come nel calcio i favoriti restino tali se in grado di essere concreti ed umili, risoluti e non supponenti. La Francia del 2002 ha vissuto ciò in cui era incappata l’Italia nel 1986 e in cui ricadranno gli azzurri nel 2010, ma anche la Germania nel 2018, ovvero una riconoscenza verso i vecchi campioni e la porta chiusa ad un ricambio generazionale necessario nelle nazionali. Senza quel fallimento, nessuno avrebbe scoperto il divertente Senegal di Bruno Metsu, una delle realtà più amate al mondo anche a distanza di tanti anni; non ditelo ai francesi, ma forse è stato meglio così.

di Marco Milan

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