Amarcord: Paolo Piubelli, il sogno interrotto
La storia di Paolo Piubelli non è di quelle mozzafiato, uniche e particolari, è anzi una vicenda piuttosto comune nel mondo del calcio. Ma è una storia sconosciuta ai più, quel nome forse riecheggia nella mente di chi ha intorno ai 40 anni e che collezionando le figurine ricorda vagamente il cognome singolare senza più o meno saperne niente. E allora andiamo a ricordare la carriera di un giocatore praticamente dimenticato.
Paolo Piubelli è un veronese doc, nato a Negrar di Valpolicella il 14 gennaio 1972, alto e magro, di ruolo centrocampista, capelli biondi, non certo un fuoriclasse ma un giocatore preciso, ordinato e dotato anche di un discreto talento, al punto che gli occhi dell’Hellas Verona si posano su di lui molto presto. Dalle giovanili alla prima squadra gialloblu il passo è breve e Piubelli esordisce in serie B nella stagione 90-91 sotto l’attenta guida di Eugenio Fascetti, tecnico che il Verona ha ingaggiato per riportare la squadra in serie A dopo la retrocessione del ’90. L’allenatore toscano è esperto, sa come si ottiene la promozione, del resto l’anno prima ha compiuto la medesima impresa al timone del Torino, ma sa anche come riconoscere i giovani talenti presenti in rosa. L’annata dei veneti è da incorniciare e il ritorno in serie A si materializza senza particolari affanni, così come da sogno è quella di Paolo Piubelli che colleziona 8 presenze a 19 anni, ritagliandosi la sua porzione di gloria seppur da comprimario.
Nell’estate del 1991, il Verona piazza due colpi importanti sul mercato, acquistando dal Bari il giovane centravanti rumeno Florin Raducioiu e, soprattutto, il fortissimo fantasista jugoslavo Dragan Stojkovic. Per Piubelli, le porte sembrano tutte sbarrate ma Fascetti si tiene stretto quel centrocampista tuttofare che può farsi benissimo le ossa anche in serie A senza essere prestato in B come qualcuno scrive sui giornali. Del resto, il giorno del raduno estivo, è lo stesso giovane centrocampista a fare le spalle larghe dichiarando senza emozione: “Il mio sogno è debuttare in serie A, poi vediamo quante partite riuscirò a fare, ma non nego che desidero farmi largo in squadra grazie alle mie caratteristiche“. Il Verona parte male e prosegue peggio, ma Piubelli riesce ad esordire come voleva e lo fa alla seconda giornata, l’8 settembre 1991, in casa della Sampdoria campione d’Italia in carica. Un pizzico di emozione iniziale, poi il ragazzo veronese prende confidenza e risulta uno dei migliori della sua squadra, sconfitta per 2-0 e ultima a zero punti dopo le prime settimane di un campionato amaro di soddisfazioni.
Piubelli chiude il suo primo (e unico) campionato di serie A con 17 presenze, praticamente un intero girone, e nonostante la retrocessione del Verona in serie B, è una delle poche note liete dell’annata gialloblu. Fascetti, nel frattempo, è stato esonerato e in vista della stagione 92-93 viene chiamato in panchina Edoardo Reja. La squadra non è la favorita per la promozione come due anni prima, ma sembra comunque accreditata per giocarsi la serie A. E invece, dopo un ottimo avvio, gli scaligeri si sgonfiano, perdono terreno e punti dalle prime ed escono già in primavera dalla lotta promozione. Piubelli gioca e si destreggia come un veterano, anche se soffre moltissimo la pressione dell’ambiente: lui, veronese di nascita e tifosissimo del Verona, fatica a convivere con la contestazione del pubblico, cioè di quelli che la pensano come lui che va ancora nei bar a parlare di Fanna, Briegel e Galederisi e dello scudetto del 1985. L’8 novembre 1992, Piubelli trova anche, di testa in tuffo, l’unica rete della sua carriera nel 3-3 del Bentegodi contro il Lecce.
Può essere la definitiva consacrazione del quasi ventunenne di Negrar, ma il destino cala inesorabile la sua mannaia sui capelli biondi di Piubelli: a dicembre, infatti, il centrocampista del Verona viene convocato da Cesare Maldini per Malta-Italia Under 21 e, complici anche le assenze dei centrocampisti titolari Albertini e Corini, può addirittura giocare dal primo minuto. La gara degli azzurrini è complicata più del previsto, arriva una faticosissima vittoria per 1-0 anche se Piubelli disputa una partita dignitosa, fino al minuto 76 quando un brutto infortunio muscolare lo costringe al cambio. Sembra uno stiramento, invece il guaio è più serio ed il calciatore è costretto a fare avanti e indietro dall’infermeria, chiudendo l’annata con 10 presenze ed una rete, nonché col Verona a metà classifica, la tifoseria imbufalita e Reja rimpiazzato in estate da Bortolo Mutti. Per Piubelli, la voglia di riscatto è notevole e il campionato 93-94 dovrà essere quello della risalita, per lui e per la squadra che, però, non appare ancora una delle migliori della B, soprattutto perché il torneo cadetto vede ai nastri di partenza formazioni come Fiorentina, Bari, Brescia, Ascoli e Cesena che sembrano invece attrezzatissime per la promozione.
In più, il tecnico Mutti si è portato da Leffe (dove aveva allenato in C1) due pupilli: uno è il centravanti Filippo Inzaghi, l’altro il regista Giovanni Cefis che preferisce sovente a Piubelli. Sin dall’inizio si capisce che le gerarchie sono a favore del nuovo arrivato, tanto che Piubelli vorrebbe andar via in prestito già a fine agosto, ma l’amore per il Verona e l’orgoglio lo convincono a rimanere, almeno fino alla finestra autunnale di calciomercato. A novembre, però, dopo aver inanellato appena 2 presenze, Piubelli va in prestito in serie C1 alla Juve Stabia, per giocare e riconquistare in vista della stagione successiva il posto da titolare in un Verona che, nel frattempo, continua ad arrancare a metà classifica e che chiuderà il campionato in 12° posizione, lontano anni luce dalla serie A. A Castellammare di Stabia, invece, il clima è diverso, Piubelli arriva in una città appassionata, la squadra è gialloblu come il Verona ma disputa un’annata da sogno, conclusa al quinto posto e con l’accesso garantito ai playoff; in semifinale, i campani eliminano la Reggina, poi soccombono in finale al San Paolo di Napoli contro la super Salernitana di Delio Rossi che vince 3-0 spezzando il sogno della Juve. Piubelli gioca 15 partite (più le 3 ai playoff), è sempre preciso ed ordinato, a giugno il Verona lo riporta a casa.
E’ l’estate del 1994, Piubelli parla con Mutti che lo convince a rimanere, anche perché Cefis non ha convinto e il posto di regista è rimasto vacante. I giornali veronesi sono esaltati dalla possibilità che il nuovo Verona possa schierare una coppia di centrocampo formata dai due nativi di Negrar, ovvero Paolo Piubelli e l’emergente Damiano Tommasi, coadiuvati dal nuovo arrivo Aladino Valoti. Il 7 agosto 1994, però, durante un’amichevole che il Verona disputa contro il Rimini, Piubelli resta a terra dopo un durissimo scontro di gioco con un avversario, contorcendosi per il dolore e tenendosi il gnocchio fra le mani. Il medico della squadra, il dottor Filippini, resta gelato quando gli controlla il ginocchio, capisce che il problema è serio, ma rimanda ogni diagnosi al giorno successivo. 24 ore dopo, ecco il responso, terribile: rottura totale del legamento crociato e collaterale, per Piubelli la stagione 94-95 finisce ancor prima di cominciare. E’ dura star fuori, in un’intervista il calciatore confessa le sue paure, perdere un anno significa rimanere indietro con gli altri, forse perdere la fiducia del Verona e ritrovarsi magari a sgomitare in serie C.
Il calvario è solo all’inizio, purtroppo: Piubelli viene operato due volte, ma la situazione non migliora. Si rivolge, allora, al medico del Chievo che gli consiglia di farsi vedere dal luminare francese che aveva salvato il ginocchio a Roberto Baggio, così Piubelli vola a Lione pagandosi viaggio e ricovero di tasca sua nella speranza di tornare a giocare. Il dottor Bousquets, però, fa calare il sipario sulla carriera del centrocampista veronese: “Mi spiace dirglielo – afferma senza mezzi termini il dottore – ma io di fronte ad un guaio simile non posso far altro che permetterle nuovamente di camminare, ma non certo di tornare a giocare a calcio“. Il colpo è durissimo, Piubelli si opera ma non si arrende, è convinto che il professore abbia esagerato e che la sua passione e determinazione siano più tosti di un ginocchio ormai malandato. Ma ogni tentativo è vano: il giocatore prova, ricomincia a correre, ma appena forza la mano avverte fitte dolorosissime e il ginocchio si gonfia come un cocomero, appena indurisce la gamba per un contrasto, il menisco minaccia di uscire. Inoltre, il Verona non lo supporta nelle cure, forse offeso dalla mancanza di fiducia di Piubelli nei medici sociali.
E’ la fine: Paolo Piubelli si arrende a 23 anni, si fa operare un’ultima volta per rimettere il ginocchio a posto, camminare e correre come una persona normale, ma senza più toccare un pallone; le poche volte che ci ha provato come semplice amatore a calcetto con gli amici, è dovuto stare poi due giorni con la borsa del ghiacchio sul ginocchio. Paolo Piubelli ha lasciato presto il mondo del calcio, ha terminato quegli studi interrotti qualche anno prima, coi soldi dell’assicurazione (che gli aveva riconosciuto l’infortunio sul lavoro) ha avviato assieme al padre un’attività di impresa che gestisce tuttora nella provincia di Verona, a Cerea. Per qualche anno non ha visto neanche una partita allo stadio, solo gli spezzoni in televisione; oggi la delusione è passata, i ricordi affiorano in una malinconia mista all’orgoglio di essere stato calciatore, di aver accarezzato il grande calcio e di essere caduto nel momento in cui il volo era quasi spiccato.
Paolo Piubelli si è sposato, ha avuto una figlia, è rimasto a vivere nella sua terra, cresciuto a pane, pallone e Verona, ancora oggi nei ritrovi si ferma a parlare di quella squadra che vinse lo scudetto e che lui, ragazzino delle scuole medie, andava a tifare allo stadio, ma anche della sua carriera, chiusa troppo presto e ingiustamente, come tante altre nel calcio, con tanti rimpianti ma anche tanto orgoglio.
di Marco Milan