Amarcord: Rashidi Yekini, il goleador abbandonato

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Il Toro di Kaduna. Così in Nigeria chiamavano Rashidi Yekini, attaccante fra i migliori della sua generazione, attualmente detentore del record di marcatura con la nazionale nigeriana (37), nonché primo a fare gol ai mondiali con la stessa maglia della forte selezione africana. Tutto quello che voleva fare era segnare, ma fuori dal campo la sua vita è stata controversa e complicata, fino ad un epilogo drammatico e misterioso.

Rashidi Yekini nasce in Nigeria, nella città di Kaduna, il 23 ottobre 1964 e la sua adolescenza non è certo delle più semplici: perde entrambi i genitori ed è costretto a rimboccarsi le maniche, non vive nel lusso, non ha risorse economiche, non ha prospettive scolastiche. C’è però il calcio che, oltre a distrarlo e consolarlo, ben presto diventa una ragione di vita e Yekini capisce che quella del pallone può essere la sua strada. Forza fisica, progressione, fiuto del gol, il giovane nigeriano sembra aver tutto per sfondare, anche se all’inizio non lo conosce nessuno e deve andare a farsi le ossa in Costa d’Avorio dove, però, lo notano alcuni emissari del Vitoria Setubal, club portoghese che lo mette sotto contratto mentre lui, nel frattempo, si è già guadagnato la maglia della nazionale e ha fatto gol alle Olimpiadi di Seul del 1988. La missione di sfondare nel calcio, insomma, è cominciata.

Yekini si trova bene in Portogallo, anche se il Vitoria Setubal non è esattamente la miglior squadra del paese e retrocede subito nonostante le 13 reti dell’attaccante africano. In serie B, Yekini in due stagioni riporta il Vitoria nella massima serie contribuendo alla promozione nella stagione 92-93 con ben 34 gol all’attivo e venendo addirittura insignito del premio di calciatore africano dell’anno. Sarà però il 1994 l’anno di Yekini: il nigeriano è devastante in Portogallo, il Vitoria Setubal è una neopromossa ma arriva al sesto posto grazie anche alle sue 21 reti, in più la Nigeria vince la Coppa d’Africa in Tunisia e Yekini mette a segno 5 reti, oltre a trascinare la nazionale in maglia verde a qualificarsi per i Mondiali, prima fase finale nella storia del paese. Insomma, il 1994 pare davvero l’anno di questo centravanti africano alto 1 metro e 90, capace di partire in progressione palla al piede e trovare con facilità la via del gol, come circa trent’anni dopo si potrà dire, ad esempio, di Romelu Lukaku.

Usa ’94 è, però, il grande obiettivo di Yekini, il traguardo massimo di ogni calciatore, ovvero i mondiali. La Nigeria, come detto, approda per la prima volta nella sua storia alla fase finale della coppa del mondo e, nonostante sia una debuttante, ha una rosa che può comunque dire la sua, certo non per la vittoria, ma quantomeno per passare il primo turno in un girone che comprende anche i vice campioni del mondo in carica, nonché campioni del Sudamerica, dell’Argentina, un’altra esordiente come la Grecia e la Bulgaria che inizialmente non gode di particolari doti ma che sarà la rivelazione del torneo. Ed è proprio Nigeria-Bulgaria la prima partita in assoluto dei nigeriani ai mondiali: è il 21 giugno 1994 e si gioca a Boston, la Nigeria scende in campo con una maglia che farà epoca, bianca con strisce verticali verdi con inserti neri e che, a vederla da lontano, sembra fatta con banconote appiccicate sopra. Al di là dell’aspetto cromatico, però, la Nigeria sembra in palla, corre, ha una potenza fisica devastante e impone ai bulgari un 3-0 che non ammette repliche e la prima rete la segna proprio Yekini che entra nella storia diventando il primo giocatore nigeriano a far gol ai mondiali. Iconica la sua esultanza dentro la porta mentre agita con le mani le maglie della rete.

L’avventura della Nigeria prosegue fino agli ottavi di finale quando si arrende all’Italia di Arrigo Sacchi e di Roberto Baggio che, con una doppietta, ribalta l’iniziale vantaggio degli africani. Yekini ha ormai 30 anni, sa che la sua carriera ha probabilmente toccato l’apice, sa che difficilmente sarà titolare ai Mondiali francesi del 1998 (sempre che la Nigeria riesca a qualificarsi), ma spera che dopo Usa ’94 qualcuno si possa accorgersi di lui offrendogli un buon contratto in un campionato di livello superiore rispetto a quello portoghese. Si fa avanti l’Olympiakos e forse la lega greca è addirittura inferiore al Portogallo, ma la squadra del Pireo disputa le coppe e per Yekini ci sarebbe teoricamente la possibilità di farsi notare. Ma ad Atene, il nigeriano resta pochissimo, il tempo di capire che l’ambiente non fa per lui e di litigare con il club che, a suo dire, lo tratterebbe come uno schiavo; 2 reti in 4 partite, poi la cessione in Spagna allo Sporting Gijon dove parte a razzo con una doppietta in amichevole al Real Madrid, ma dove si rivelerà una delusione e non andrà mai in gol.

A questo punto, la parabola di Yekini cala vertiginosamente: il ritorno al Vitoria Setubal è poco fortunato (appena 3 reti), mentre meglio va in Svizzera allo Zurigo dove sigla 14 gol che gli consentono di strappare la qualificazione per Francia ’98 dove, però, vede il campo ma non la porta, la Nigeria esce un’altra volta agli ottavi di finale (stavolta contro la Danimarca) e Yekini dice addio alla nazionale dopo 65 presenze e 37 gol che, ancora oggi, gli valgono il primato di miglior bomber delle Aquile. Gli ultimi scampoli di carriera, il centravanti li gioca in Africa (ad eccezione di una breve parentesi in Arabia Saudita), prima in Tunisia, poi in Costa d’Avorio, infine a 40 anni suonati in Nigeria dove smette nel 2005. Da lì in poi la sua vita è avvolta dal mistero: Yekini rifiuta tutte le chiamate della Federazione che lo vorrebbe prima collaboratore, poi ambasciatore per i Mondiali del 2010, declinando le proposte con un semplice “No, grazie“, senza maggiori spiegazioni. Qualcuno parla di depressione, altri di una scelta personale di vivere in maniera quasi monastica dopo 3 matrimoni ed altrettanti figli, pregando e vivendo in solitudine.

Yekini va a risiedere nel sud della Nigeria, nella città di Ibadan, esce poco di casa e chi lo riconosce mette in circolo sinistre voci circa disturbi fisici e mentali, come un disturbo bipolare della personalità. Impossibile conoscere oggi la verità, di sicuro c’è che nessuno aiuta l’ex calciatore, neanche gli organi sanitari, più volte chiamati ad intervenire. Nel 2012, Yekini viene ricoverato in ospedale per l’aggravarsi di una condizione fisica debilitata e sulla quale nessuno ha mai fatto realmente chiarezza: c’è chi sostiene che sia stato lo stesso Yekini a farsi ricoverare, chi parla di ricovero coatto da parte dei familiari dopo che l’ex centravanti si era rivolto ad un paio di santoni che, anziché aiutarlo, lo avrebbero condotto ad un deperimento estremo che ne avrebbe poi obbligato la degenza. Si dice, forse, sembrerebbe. Ciò che è certo è che Rashidi Yekini muore in ospedale il 4 maggio 2012 per cause non meglio identificate, se non uno stato di salute ampiamente compromesso, definizione del tutto vaga ma che nessuno ha mai approfondito.

Chissà quale sarà stato l’ultimo pensiero di un uomo celebre ma sfortunato, di un calciatore bravo ma non sufficientemente considerato. Forse la famiglia, forse il pallone, forse quell’esultanza dentro la porta, un festeggiamento che raramente si vede sui campi di calcio e che ha reso Yekini ancora più un’icona del calcio. La Nigeria ha perso uno dei suoi eroi principali, ma lo ha pure abbandonato ad un destino oscuro e, purtroppo, ormai dimenticato.

di Marco Milan

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