Amarcord: le imprese del Cagliari di Mazzone

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Carlo Mazzone è da sempre considerato come l’allenatore ruspante per eccellenza. La sua romana veracità, le dichiarazioni spontanee ai microfoni, le frasi in dialetto come “magara“, le corse impazzite sotto le curve, vedi salvezza del Lecce nel 1989, derby di Roma del 1994 o quella rabbiosa nei confronti dei tifosi atalantini a Brescia nel 2001. Ma oltre a tutto ciò si è sempre celato un ottimo tecnico, capace di compiere imprese sulla carta complicate e portare a casa risultati quasi sempre soddisfacenti. Per maggiori informazioni, rivolgersi alla tifoseria cagliaritana.

Nell’autunno del 1991 sono tempi duri sia per il Cagliari che per Carlo Mazzone: la squadra sarda è in fondo alla classifica della serie A 91-92 dopo 6 giornate, frutto della sorprendente vittoria per 3-2 all’esordio contro i campioni d’Italia in carica della Sampdoria e di ben 5 sconfitte di fila contro Milan, Roma, Foggia, Torino e Verona. Eppure, l’organico è praticamente lo stesso che nella stagione precedente si è brillantemente salvato dopo un’epica rimonta, culminata con la vittoria-sorpasso al Sant’Elia contro il Lecce. L’allenatore era Claudio Ranieri, ora al Napoli, rimpiazzato da Massimo Giacomini, una scelta che ha lasciato un po’ tutti interdetti a Cagliari, poiché il tecnico friulano non allenava in serie A da dieci anni e le ultime esperienze a Udine, Brescia e Trieste non erano state particolarmente esaltanti. Il Cagliari 91-92 si ritrova ad inizio ottobre in fondo alla classifica e già fuori dalla Coppa Italia al primo turno per mano del Como, formazione di C1; il presidente Ignazio Orrù decide a malincuore di esonerare Giacomini e chiamare in panchina Carlo Mazzone, reduce da un’opaca esperienza a Pescara in serie B dove la nostalgia della piazza per Giovanni Galeone aveva reso difficili i rapporti fra allenatore, squadra e città.

Mazzone accetta, è in cerca di rivincite, è convinto che con la rosa a disposizione il Cagliari si possa salvare. Del resto, con Firicano in difesa, Herrera in mediana, Matteoli in regia e la coppia d’attacco Fonseca-Francescoli, l’anomalia è che i sardi siano ai confini dell’ultimo posto. L’esordio del tecnico romano è da brividi, il 20 ottobre al Sant’Elia arriva l’Inter; sin da subito di intuisce che il Cagliari ha cambiato faccia, del resto Mazzone è arrivato durante la sosta per le nazionali ed ha avuto due settimane per conoscere lo spogliatoio e proporre le sue idee. I rossoblu sono più determinati, lottano, non si abbattono dopo la rete interista di Dino Baggio e pervengono al pareggio in 5 minuti grazie a Fonseca che, forse per un caso, ma proprio col nuovo allenatore sigla la sua prima rete stagionale. Una settimana più tardi, i sardi vincono 1-0 a Bergamo grazie ad Herrera e nelle successive 6 gare perdono soltanto a Firenze e a Napoli, bloccano sul pareggio il Parma, vincono l’importante sfida salvezza contro l’Ascoli.

Il 1992 si apre col ko di Bari, ma anche con l’1-1 casalingo contro la Juventus quando Firicano riprende i bianconeri, andati in vantaggio con Roberto Baggio. Il 2 febbraio, il Cagliari ospita il Milan di Capello che è primo in classifica ed ancora imbattuto, oltre ad avere la rosa più profonda, completa e talentuosa del campionato. Sulla carta, i rossoneri dovrebbero passeggiare al Sant’Elia, ma dopo neanche 4 minuti vengono colpiti da un’azione furba dei cagliaritani che eludono la proverbiale tattica del fuorigioco milanista, presentano il mediano Bisoli davanti a Sebastiano Rossi ed il centrocampista fa gol, 1-0. Il Milan ci mette tanto per riorganizzarsi, il Cagliari è solido, ben organizzato, Mazzone si agita in panchina, sbraita, a volte minaccia i suoi calciatori se non fanno la cosa giusta, ma la squadra lo segue, ha capito che con lui si può salvare. Nella ripresa, però, nessuno può nulla contro Marco Van Basten: il fuoriclasse olandese decide di vincere la partita e ci riesce: segna 3 gol in meno di venti minuti, poi Massaro mette a segno il 4-1 che è forse un po’ bugiardo per l’impegno profuso dal Cagliari per quasi un’ora.

Poco male, comunque, perché col Milan perdono praticamente tutti e perché non sono quelle le partite in cui andare a cercare punti salvezza. La gara vera è quella del 1 marzo quando al Sant’Elia arriva il Verona: chi perde ha un piede in serie B, chi vince può ingranare la marcia giusta per rimanere in A. E qui si vede il lavoro di Mazzone: i rossoblu incarnano alla perfezione il carattere dell’allenatore romano, combattono su ogni pallone, danno l’impressione che il Verona non possa uscire con punti dallo stadio e l’epilogo non lascia spazio a dubbi perché i sardi vincono 4-0 e si lanciano verso una salvezza certificata dal pari della settimana successiva a San Siro contro l’Inter, dal 4-0 inflitto alla Fiorentina, dal prezioso pari di Parma e dai successi in trasferta contro Ascoli e Cremonese che mettono la cera lacca sulla permanenza in serie A. Mazzone ha compiuto l’impresa, in 28 partite a Cagliari ha raccolto 27 punti che valgono ai rossoblu il 13° posto in classifica, riscattando anche l’annata negativa di Pescara e confermandosi tecnico da battaglia in serie A.

Nell’estate del 1992 a Cagliari arriva Massimo Cellino che rileva la società con un progetto ambizioso. Il nuovo presidente è giovane, carismatico, un po’ impulsivo ma di assoluta competenza calcistica. Qualcuno pensa che, come spesso accade, nuova proprietà sia sinonimo di cambiamenti, a cominciare dalla panchina; ma Cellino è lungimirante, Mazzone ha fatto un capolavoro, è amato dallo spogliatoio e dalla città, a cosa servirebbe cambiarlo? L’allenatore incassa la fiducia della proprietà e si appresta a guidare una squadra profondamente rinnovata: in attacco non c’è più Fonseca, passato al Napoli, ma dal Belgio arriva Luis Oliveira, brasiliano naturalizzato belga che abbina tecnica, furbizia e potenza, diventando presto idolo della tifoseria cagliaritana. Il nuovo terzino sinistro, invece, è un sardo doc, si chiama Vittorio Pusceddu e sarà una delle rivelazioni del campionato grazie alla sua precisione sui calci piazzati e sui cross. Cellino non vuole accontentarsi di una semplice salvezza, anche se Mazzone la sa lunga e vuole fare un passo alla volta, prima ci si assicura la permanenza in serie A e meglio è, per il resto c’è sempre tempo.

L’avvio del campionato 92-93 è da brividi per il Cagliari che alla prima giornata ospita e ferma sullo 0-0 la nuova Juve di Vialli e Baggio, alla seconda perde 3-1 a San Siro contro l’Inter, alla terza fa 1-1 in casa con la Lazio. La prima vittoria arriva alla quinta giornata, il 4 ottobre, quando i sardi battono 1-0 la Roma grazie a Pusceddu, risultato che sblocca psicologicamente i rossoblu che fra il 25 ottobre ed il 6 dicembre vincono 5 partite su 6 perdendo solo col Parma e lasciando le zone basse della classifica. Sotto i colpi dei sardi cadono Brescia, Fiorentina, Genoa, Ancona e Napoli, i giornali iniziano a parlare di Coppa Uefa, mentre Mazzone non sa bene cosa dire in sala stampa, da una parte è raggiante, dall’altra conosce talmente bene la serie A da sapere che incappare in 3-4 sconfitte di fila potrebbe essere devastante per rompere gli entusiasmi della sua squadra. Oliveira, intanto, si è inserito alla perfezione nei meccanismi del Cagliari, così come Pusceddu che sforna assist a raffica e segna come i terzini sudamericani.

Il 24 gennaio 1993, ultimo turno del girone d’andata, un gol di Moriero a un quarto d’ora dalla fine permette ai sardi di vincere a Pescara e Mazzone al termine della partita, pur trincerandosi dietro a democristiane dichiarazioni di circostanza, lascia trasparire una certa soddisfazione per aver conquistato i due punti in una città che non lo ha amato, al contrario di quanto sta capitando a Cagliari. E’ ormai evidente che i rossoblu abbiano chiuso la pratica salvezza ed ora possono divertirsi puntando al colpaccio, alla qualificazione in Europa che in Sardegna manca da oltre vent’anni. In casa della Juve, i rossoblu sono sfortunati e cadono solamente in zona Cesarini, ma il destino li ripaga due settimane più tardi quando a Roma contro la Lazio rimontano con Cappioli e Firicano l’iniziale rete laziale di Fuser. Il Cagliari ci crede, al Sant’Elia cadono l’Atalanta, il Brescia, il Genoa, travolto da un 3-0 che il 4 aprile 1993 genera un entusiasmo che da quelle parti non si vedeva dai tempi dello scudetto del 1970. Il 3-0 inflitto al quasi retrocesso Ancona è un risultato di routine, non come il clamoroso 5-0 ottenuto in casa del forte Torino il 16 maggio.

E’ il momento in cui a Cagliari capiscono che l’obiettivo Uefa è davvero a un passo a soli tre turni dalla fine del campionato. Venerdì 21 maggio si gioca Cagliari-Milan, la gara è anticipata di due giorni perché i rossoneri devono giocare la finale di Coppa Campioni contro il Marsiglia. La distrazione del Milan è evidente, Francescoli buca la difesa milanista dopo 4 minuti, il pareggio di Massaro sempre nel primo tempo rimette tutto in equilibrio e alla fine entrambe le squadre accettano positivamente il pari. Domenica 30 maggio il Cagliari compie un altro passo verso l’Europa pareggiando per 1-1 a Foggia grazie a Francescoli che rimonta l’iniziale vantaggio foggiano di Mandelli. Ad una giornata del termine, ai sardi serve battere in casa il già retrocesso Pescara e sperare che la Sampdoria non vinca a Brescia. La pratica del Sant’Elia va in archivio facilmente, i rossoblu vincono 4-0 con reti di Bisoli al 1′, Oliveira al 5′, Moriero a fine primo tempo e Francescoli poco prima del 90′. L’attenzione si sposta allora verso le radioline da cui provengono ottime notizie: il Brescia vince 3-1 contro la Sampdoria ed il Cagliari è ufficialmente in Coppa Uefa, di nuovo in Europa 21 anni dopo l’ultima volta.

Mazzone si mette le mani in testa, è quasi incredulo, ha una città ai suoi piedi, una squadra che ha preso in fondo alla classifica e in poco più di un anno ha condotto in Europa. Eppure, negli occhi del tecnico c’è un velo di malinconia, perché quel Cagliari-Pescara del 6 giugno 1993 si trasforma nella sua ultima partita alla guida dei sardi, dal momento che da settimane ormai è d’accordo con Franco Sensi per prendere il posto di Vujadin Boskov a Roma e rilanciare i giallorossi che hanno rischiato addirittura la retrocessione in serie B. A Cagliari non vogliono che Mazzone lasci, ma capiscono bene che l’occasione di allenare la Roma, la squadra della sua città e del suo cuore, non possa essere rifiutata da un tecnico che finora è stato considerato abile e capace solamente in provincia e che ha la grande occasione di dimostrare la sua bravura anche nella capitale. Mazzone lascia Cagliari dopo due stagioni intense, una salvezza che sa di impresa ed una qualificazione in Coppa Uefa che ha del miracoloso, ma che risulta ampiamente meritata per bel gioco, intensità e carattere.

Carlo Mazzone tornerà a Cagliari nel corso del campionato 96-97 in sostituzione dell’uruguaiano Gregorio Perez e nel tentativo di ripetere l’impresa di 5 anni prima. Nonostante un girone di ritorno in rimonta, i sardi si arrenderanno allo spareggio di Napoli perso 3-1 contro il Piacenza, uno dei pochi insuccessi del tecnico romano in panchina. Un risultato che non scalfisce affatto, però, quelle due annate che hanno fatto innamorare l’Italia di quel Cagliari forse non epico come quello di Gigi Riva, ma certamente degno di ammirazione da parte degli appassionati.

di Marco Milan

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