Amarcord: Ruben Pereira, professore di lentezza

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Chi ha detto che un calciatore forte debba essere per forza veloce? Prendete Fernando Redondo, ad esempio, simbolo di eleganza e tecnica sopraffina, ma rapido come una tartaruga. O magari Andrea Pirlo, un altro che difficilmente avrebbe partecipato a gare di Atletica Leggera, ma che col pallone fra i piedi faceva ciò che voleva. Se però un calciatore non ha tecnica, estro e fantasia, non regge l’urto fisico e non è neanche veloce, allora sì che pure la lentezza diventa un problema. E’ il caso di Ruben Pereira, centrocampista uruguaiano che l’Italia rigettò in men che non si dica.

L’Uruguay di inizio anni novanta non era certo quello di cinquant’anni prima che vinceva i mondiali, però di calciatori buoni ne produceva ugualmente, basti pensare al trio del Cagliari Herrera-Francescoli-Fonseca, o magari a Pato Aguilera. Del resto, anche a Italia ’90 la nazionale uruguaiana aveva fatto un percorso discreto, superando il girone eliminatorio e finendo fuori agli ottavi solo per mano degli azzurri di Vicini in una delle notti magiche dello stadio Olimpico. In quella squadra c’era un centrocampista non particolarmente appariscente ma che in patria assicuravano fosse estremamente efficace, di nome Ruben Pereira. Classe 1968, di professione centrocampista, duttile, piedi buoni, si diceva bravissimo nei lanci, utilizzabile in tutte le zone della linea mediana. Gioca nel Danubio che, in fondo, non è l’ultima delle società uruguaiane e le sue credenziali sono più che buone, tanto che il nome circola anche in Europa, soprattutto in Spagna e in Italia.

E proprio la serie A sembra essere la destinazione di Ruben Pereira che nell’estate del 1991 finisce al centro di una particolare situazione di calciomercato, perché se lo aggiudicano congiuntamente Lazio e Juventus che, grazie ad un accordo fra Calleri e Montezemolo, acquistano metà cartellino ciascuno del centrocampista sudamericano. Siccome all’epoca era possibile tenere in organico solamente tre stranieri, Pereira viene girato in prestito alla Cremonese, neo promossa in serie A dopo un anno di peregrinaggio in B. Alla guida dei grigiorossi c’è una vecchia volpe come Gustavo Giagnoni che è in grado di capire abbastanza rapidamente qualità, potenzialità e limiti di un calciatore. Certo, Pereira arriva a Cremona con la benedizione di Lazio e Juve, nonché forte di essere nel giro della nazionale del suo paese, eppure Giagnoni vuole constatare da sé quanto valga questo centrocampista timido ed impacciato, probabilmente solo perché catapultato dal giorno alla notte all’altro capo del mondo.

Ma, come detto, le credenziali sono buone e l’impressione è che l’uruguaiano possa dare una grande mano alla Cremonese per raggiungere la salvezza. Inoltre, nella rosa dei lombardi sono presenti altri due sudamericani, gli attaccanti Dezotti e Neffa, il primo argentino e il secondo paraguaiano, e che possono aiutare Pereira ad inserirsi sia nella squadra che in città. I tifosi, d’altro canto, si aspettano molto da lui che ha anche esperienza internazionale, mentre il resto della formazione di Giagnoni è, sostanzialmente, lo stesso gruppo che ha appena conquistato la promozione dalla serie B. Nel pre campionato, Pereira appare lento ma molto bravo nello smistare i palloni, le telecamere e i rullini dei fotografi locali, poi, sono quasi tutti per lui perché gli altri della squadra, come detto, giornalisti e tifosi li conoscono bene e tutta la curiosità la attira l’esotico nuovo acquisto. “Sono uno specialista dei lanci lunghi“, afferma poi Pereira in un’intervista estiva. Questa dichiarazione diventerà un boomerang tanto comico quanto deleterio per lui e per la Cremonese.

Domenica 1 settembre 1991 parte il campionato e la Cremonese è impegnata a Marassi contro il Genoa che arriva dal quarto posto dell’anno precedente. La gara non ha storia, i liguri vincono 2-0, Ruben Pereira fa il suo esordio in serie A ma non impressiona nessuno e quei lanci illuminanti di cui tanto ha parlato in estate restano solamente un’idea e le punte grigiorosse non hanno alcun pallone giocabile in tutti i 90 minuti. Nelle prime 6 giornate la Cremonese non vince neanche una volta e raccoglie appena qualche pareggio, ma soprattutto l’apporto di Pereira è pressoché nullo. L’uruguaiano è di una lentezza sconvolgente, non è mai nel vivo del gioco e anzi si limita a scaricare palla (quelle poche volte che gli arriva) al compagno più vicino, senza mai alzare la testa e assumersi la responsabilità di impostare la manovra. Altro che lanci, insomma. Se la Cremonese tiene botta e non si stacca sul fondo della classifica è solo merito di qualche gol di Dezotti e qualche giocata di Maspero, oltre che dell’Ascoli che riesce a far peggio dei grigiorossi rimanendo inchiodato all’ultimo posto dalla prima all’ultima giornata del campionato.

Nel frattempo, in televisione impazza la trasmissione Mai Dire Gol che, grazie alla fantasia della Gialappa’s Band, è diventata il riferimento di chi vuole vivere il calcio con allegria guardando la parte più simpatica e irriverente del pallone all’italiana. E così, il fortunato programma di Italia1 si diverte a riprendere vecchie dichiarazioni rilasciate da allenatori e giocatori e poi mostrare ciò che è avvenuto nella realtà, spesso l’esatto contrario. Saltano fuori, così, le interviste estive di Ruben Pereria e quell’esclamazione “sono uno specialista dei lanci“. La Gialappa’s alterna la frase del giornale sottolineata con l’evidenziatore e i passaggi a due metri del calciatore, buttando in mezzo battute e frasi ironiche come “accidenti che lancio!“. La Cremonese, nel frattempo, sprofonda sempre di più in classifica e già al termine del girone d’andata appare evidente che raggiungere la salvezza sarà praticamente impossibile per una squadra debole di gambe e di carattere.

Pereira è nel frattempo già finito del dimenticatoio e si gusta le gesta dei compagni dalla panchina, lo sguardo spesso spaesato proprio come quando era in campo. Giagnoni ha capito per tempo che puntare sul centrocampista sudamericano sarebbe inutile per il presente e per il futuro della Cremonese, perché l’ex Danubio è in prestito e di certo non resterà a Cremona in serie B, per cui meglio investire su qualche risorsa di proprietà del club che possa tornare utile l’anno successivo per tentare la risalita in serie A. Oltre al fatto che Ruben Pereira, anche se dovesse giocare, non darebbe comunque nulla né dal punto di vista temperamentale e né da quello tecnico. L’uruguaiano chiuderà il campionato con appena 13 presenze, nessun gol, nessun assist e nessuna giocata degna di nota, presente più nei filmati di Mai Dire Gol che in quelli delle trasmissioni sportive canoniche. In estate, poi, né la Lazio e né la Juventus hanno la benché minima idea di riscattarlo ed il calciatore finisce in Argentina al Boca Juniors dove combinerà poco o nulla.

Ruben Pereira giocherà fino al 1999, alternandosi fra Argentina ed Uruguay senza tornare quello che si era conquistato il posto in nazionale ai mondiali del 1990. Di lui a Cremona ricordano le premesse e le prestazioni anonime in campo dove sembrava sempre capitato per caso. I vecchi appassionati di Mai Dire Gol, invece, ricordano quei lanci sbandierati e tramutati poi in appoggi così fiacchi dal rendere tutto tremendamente comico.

di Marco Milan

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