Amarcord: l’ultima Coppa delle Coppe della Fiorentina, un sogno infranto

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Una delle squadre più amate dalla tifoseria fiorentina, anche se a conti fatti ha raccolto soltanto qualche briciola. Eppure, quella Fiorentina di Claudio Ranieri, edizione 1996-97, ha fatto sognare la gente viola, sperando in un finale che fu, loro malgrado, solamente sfiorato.

L’avventura di Claudio Ranieri sulla panchina della Fiorentina era iniziata nell’estate del 1993, un’estate terribile per il popolo gigliato, segnato ed umiliato dalla retrocessione di una squadra partita con ambizioni Uefa e finita clamorosamente in serie B dopo l’inspiegabile esonero di Luigi Radice. Ranieri entra in punta di piedi nello spogliatoio dei toscani, non fa promesse ma è determinato sull’obiettivo finale: la squadra dovrà tornare immediatamente in serie A. E ciò avviene quasi senza patemi, la Fiorentina stravince il campionato cadetto e il giorno della promozione aritmetica, al Franchi contro l’Ascoli, Ranieri chiede ed ottiene che non ci sia festa, c’è poco da essere contenti con la Fiorentina in serie B e il ritorno in A è solamente il minimo sindacale. Al primo anno in massima serie, poi, la squadra del tecnico romano si comporta benissimo e sfiora la qualificazione Uefa, la stagione successiva arriva il duello scudetto col Milan fra i mesi di dicembre e gennaio, poi i rossoneri prendono il largo e la Fiorentina si “accontenta” di vincere la Coppa Italia contro l’Atalanta, tornando a vincere un trofeo dopo oltre vent’anni e si regala il diritto di giocare Supercoppa Italiana e Coppa delle Coppe.

La stagione 96-97 si preannuncia così ambiziosa per i viola che già il 25 agosto festeggiano il successo in Supercoppa sbancando per 2-1 San Siro e battendo i campioni d’Italia del Milan grazie alla doppietta di Gabriel Omar Batistuta, ormai il simbolo della formazione toscana. L’avvio di campionato non è un granché, gli uomini di Ranieri perdono in casa per 4-2 contro il Vicenza alla prima giornata, ma trovano consolazione nell’esordio europeo che giocano contro i rumeni del Gloria Bistrita, squadra pressoché sconosciuta. I viola sembrano emozionati, nella gara di andata in Romania il 12 settembre 1996 vanno in svantaggio dopo 3 minuti e raccolgono l’1-1 finale grazie al solito Batistuta, in gol all’inizio del secondo tempo. Nella gara di ritorno che si gioca al Franchi due settimane più tardi, la compagine toscana si impone per 1-0, gol di Massimo Orlando al 22′, qualificandosi per gli ottavi di finale. La Coppa delle Coppe è un torneo più breve rispetto alla Coppa Campioni e alla Coppa Uefa, oltre al fatto che il livello globale delle squadre sembra leggermente più basso. In quell’edizione le favorite sono i campioni uscenti del Paris Saint Germain, il Barcellona dell’asso mondiale Ronaldo, il Liverpool (che non è più, però, quello degli anni d’oro) e la stessa Fiorentina.

Il sorteggio degli ottavi di finale mette la squadra di Ranieri di fronte all’ostico ma non insuperabile Sparta Praga che l’anno precedente aveva messo in difficoltà il Milan in Coppa Uefa, pur uscendo sconfitto dal doppio confronto coi rossoneri. Il 17 ottobre al Franchi sembra tutta in discesa la strada per i toscani che dopo neanche un’ora di gioco sono sul 2-0 grazie ai gol del solito Batistuta e dello svedese Schwarz; a dieci minuti dal 90′, però, ecco la doccia gelata: il ceco Siegl segna per lo Sparta e trova il gol del 2-1 che rende la vita assai più complicata per la Fiorentina in vista della sfida di ritorno a Praga che si giocherà il successivo 31 ottobre. La gara sembra quella del debutto a Bistrita: toscani sotto al 4′ e strada verso la qualificazione più complicata. Ranieri si sbraccia dalla panchina, la sua squadra è in difficoltà, però attacca, lo Sparta Praga è tutt’altro che irresistibile e al 61′ i viola pareggiano con Anselmo Robbiati, gregario di lusso della squadra toscana, che spesso e volentieri risulta decisivo da subentrato. La Fiorentina passa il turno, lo fa con qualche patema, ma ciò che conta è che il club parteciperà al sorteggio per i quarti di finale che si giocheranno a marzo dopo la pausa invernale. In campionato, nel frattempo, la compagine di Ranieri fa registrare troppi alti e bassi che la estromettono quasi subito dalla lotta al vertice e ne mettono a serio rischio anche la qualificazione in Coppa Uefa, oltre all’eliminazione dalla Coppa Italia al secondo turno per mano del Bologna.

Il 6 marzo 1997 la Fiorentina scende in campo a Lisbona per l’andata dei quarti di finale di Coppa delle Coppe contro il Benfica, sorteggio tutt’altro che benevolo per i gigliati che, però, una volta arrivati tra le migliori 8 della manifestazione non possono certo sperare di avere di fronte gli ultimi della classe. Il Benfica non è lo squadrone di un tempo, ma resta comunque una formazione di tutto rispetto, oltre al fatto che lo stadio Da Luz è un catino che ribolle di passione e può far tremare le gambe a molti dei calciatori viola, soprattutto a quelli all’esordio in Europa. E forse le gambe un po’ tremano anche a Manuel Rui Costa, il grande ex della gara, chiamato a giocare contro il suo passato e contro la sua squadra del cuore. In realtà alla Fiorentina non trema neanche un muscolo: il minuto decisivo è il 44, in cui nel primo tempo va in gol Baiano e nella ripresa Batistuta; Benfica 0 Fiorentina 2 e le porte della semifinale appaiono spalancate per la squadra italiana. L’impresa è eccezionale, i tifosi viola accorsi in Portogallo festeggiano, sono estasiati da quell’avventura che potrebbe regalare un sogno ad una piazza che attende gloria da troppo tempo. Arrivare in semifinale, però, non sarà così facile per i viola che a Firenze suderanno freddo dopo lo 0-1 del Benfica al 25′ del primo tempo e che resisterà sino al 90′ facendo correre brividi sulla schiena della tifoseria fiorentina. Ma alla fine arriva il fischio finale: è la sera del 20 marzo 1997 e i viola sono in semifinale dove affronteranno il forte Barcellona di Ronaldo.

Firenze è in festa, sono tutti convinti che la squadra di Ranieri possa scavalcare l’ostacolo spagnolo ed approdare alla finale di Rotterdam, programmata per il successivo 14 maggio. Ci sono 20 giorni tra il ritorno dei quarti e l’andata della semifinale, settimane di passione in città, coi negozi e le ricevitorie prese d’assalto, i biglietti disponibili terminati in un batter d’occhio. Il 6 aprile la Fiorentina pareggia la sua gara di campionato in casa contro l’Inter (0-0), ma l’attesa è tutta per la partita del Camp Nou che si disputerà 4 giorni più tardi, il 10 aprile 1997 a Barcellona. I catalani sono favoriti, hanno in rosa il calciatore più forte del mondo che è Ronaldo e vantano una maggior esperienza internazionale rispetto ai viola che vogliono però vendere cara la pelle. Il Barcellona ha rispetto della Fiorentina, lo dice anche in conferenza stampa il tecnico blaugrana Bobby Robson, che teme la beffa contro una squadra difensivamente organizzata come quella italiana. La partita è tattica, il pubblico del Camp Nou fischia i calciatori toscani ad ogni tocco di palla, in particolar modo se la prende con Batistuta che è ovviamente il pericolo numero uno per gli spagnoli. Al 43′, quando il primo tempo sembra poter tramontare sullo 0-0, il Barcellona va in gol con Nadal e la Fiorentina se ne torna negli spogliatoi col morale sotto i tacchi.

Appare davvero complicato ora rimontare lo svantaggio, anche perché l’avversario è tecnicamente superiore e sa nascondere la palla quando vuole. La Fiorentina comunque ci prova, a questo punto ha anche poco da perdere e sa che trovare l’1-1 vorrebbe dire arrivare alla gara di ritorno con più possibilità di successo. Al 62′ Batistuta si vede arrivare un pallone al limite dell’area, lo fa scendere, si coordina e lascia partire un bolide che piega le mani al portiere: 1-1 e Fiorentina tutt’altro che morta. L’esultanza del centravanti argentino è entrata nella storia e numerosissimi tifosi gigliati ne hanno il poster affisso in camera, senza averlo ancora tolto nonostante gli anni trascorsi. Batistuta si porta il dito indice alla bocca e intima all’intero stadio di tacere, un gesto che lo colloca nella leggenda viola anche al di là dei tantissimi gol realizzati dal 1991 al 2000. Firenze è ormai in apnea, non c’è pensiero o speranza che non vada verso la sera del 24 aprile quando la squadra di Ranieri si giocherà l’accesso alla finale di Coppa delle Coppe. Trovare un biglietto è ormai impossibile, lo stadio Franchi sarà pieno sino al limite della capienza, la sensazione è che non vi sarà spazio neppure per uno spillo.

La serata primaverile fa poco effetto ai tifosi gigliati che incominciano a sudare già prima che la partita inizi, perché in palio non c’è soltanto una qualificazione e una finale, ma c’è tanta sofferenza ingoiata in quasi tutti gli anni ottanta e nella prima metà dei novanta, quando la loro squadra non si è neanche lontanamente avvicinata ai vertici del calcio nazionale e, di conseguenza, a giocare le coppe europee. Fiorentina-Barcellona è più di una partita, è una sorta di riscatto sociale per i viola, chiamati a superare uno scoglio comunque altissimo come quello della formazione spagnola, ancora favorita nonostante sia costretta a sbancare il Franchi. Sin da subito, però, si capisce che il Barcellona sappia come prendere l’iniziativa e come dimostrare di essere una grande squadra: i catalani assumono il comando della partita, bloccano i viola che appaiono troppo rigidi, sembrano studiare la preda come un coccodrillo che si nasconde sotto la superficie dell’acqua e poi azzanna quando nessuno se lo aspetta. Fra il 30′ ed il 35′, il Barcellona chiude la contesa coi gol di Fernando Couto e di Pep Guardiola, rendendo pressoché inutile il secondo tempo e la reazione inoffensiva della Fiorentina.

Il fischio finale decreta la fine del sogno dei toscani, il pubblico un po’ applaude e un po’ è troppo deluso per muovere un muscolo. Il Barcellona va in finale (e vincerà a Rotterdam contro il Paris Saint Germain), la Fiorentina torna a casa e dice addio ad una coppa che per molti sembrava alla portata dei viola che dovranno aspettare altri 11 anni prima di tornare a giocare una semifinale europea, poi persa nel 2008 contro i Rangers ai calci di rigore. Fiorentina-Barcellona diventa anche l’emblematico commiato di Claudio Ranieri sulla panchina toscana dopo 4 stagioni di una squadra amata e, in fondo anche vincente, ma che ha mancato forse l’appuntamento più atteso, accarezzato, cullato e troncato proprio sul più bello.

di Marco Milan

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