C’è posta per tech | Revenge porn. My body my rules
Approfindimento sulla “non consensual photography” nel sesto appuntamento con la rubrica che fa luce su tecnologia, data protection, cybersecurity, proprietà intellettuale
La definizione NCP (non consensual photography) è più rappresentativa delle diverse forme del fenomeno che consiste nella diffusione di immagini di natura sessuale di individui senza il consenso di questi ultimi, esclusa, dunque, la distribuzione pornografica commerciale. Estrinsecazioni della pornografia non consensuale sono il revenge porn e il sextortion dove il grado di sofferenza non cambia e i cui effetti sono perfettamente paragonabili a quelli dello stupro.
Cosa è il revenge porn
Letteralmente pornovendetta (secondo l’Accademia della Crusca) giuridicamente è quel reato che punisce, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da cinquemila a quindicimila euro chiunque invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate.
In Italia, secondo alcune stime il 70% delle vittime sono di sesso femminile, secondo altre la percentuale sarebbe addirittura del 93%. La quasi totalità degli autori è di sesso maschile ed ex-partner.
Relativamente alle modalità della condotta il materiale può essere carpito in diversi modi:
• Mediante «sexting» : l’auto ripresa di immagini o video in pose intime da parte della vittima e successivamente inviate a terzi, anche mediante web cam;
• Mediante la ripresa di immagini intime durante un rapporto sessuale con il consenso della vittima;
• Mediante la ripresa della vittima durante momenti intimi con telecamere nascoste (spy cam);
• Attraverso l’hacking dello spazio cloud della vittima (icloud, gmail, microsoft space, ecc..) ovvero del dispositivo (smartphone, laptop, smartpad) anche con la consegna spontanea del dispositivo (es. invio di un pc o di un telefono in assistenza).
Ad ogni modo, qualunque sia la modalità di reperimento dell’immagine e/o del video, il punto di partenza è sempre lo stesso ed è piuttosto semplice: innamorati, di vecchia o nuova data, quasi sconosciuti o perfetti sconosciuti che si fanno foto e le lanciano online.
Alcuni casi esemplari
Prima di Belen, un caso esemplare di revenge porn made in Italy risale al 1998 e ha riguardato una quindicenne di nome Chiara, proveniente da Perugia convinta dal proprio ragazzo a girare un video amatoriale mentre facevano sesso con la promessa che sarebbe stato distrutto. Lei aveva troncato la relazione e lui si era vendicato inoltrando il reportage agli amici intitolandolo: Forza Chiara.
Quel video che iniziava con questo dialogo:
«Amore?»
«No, mi vergogno, mi vergogno!» «Di me ti vergogni?»
«Di te no… ma degli altri…»«Ma tanto lo dobbiamo vedere solo io e te… lo guardiamo insieme e poi lo cancelliamo subito… oppure, se poi lo vuoi tenere…» ha fatto il giro della rete e ha portato la giovane vittima a tentare il suicidio.
Da Forza Chiara sono passati 23 anni e molte cose sono cambiate, soprattutto quel fenomeno sporadico si è trasformato in una vera e propria piaga.
Chi ha deciso di farla finita è stata Tiziana Cantone, trentunenne napoletana impiccatasi con un foulard nel settembre del 2016 che ha scelto di togliersi al vita a a causa dell’ampia diffusione su internet di alcuni video privati ritraenti scene di sesso.
La legislazione in materia
Negli States nel 2016 erano già 27 gli Stati che hanno deciso di dotarsi di una legge sul revenge porn, ad oggi il numero è salito a 46. Anche le pene applicate dalle Corti sono molto dure: a dicembre dello scorso anno un Tribunale texano ha costretto il marito di Bindu Pariyar a rifonderla con 7,25 milioni di dollari per avere serialmente postato su internet foto e video pornografici. Una storia di abuso nell’abuso: per rispondere all’esigenza del pubblico l’uomo l’ha costretta a sottoporsi a un intervento al seno, oltre a imporle abbigliamenti umilianti.
A San Diego sono stati inflitti 18 anni di prigione a Kevin Bollaert, un individuo che riprendeva le sue amanti, pubblicava tutto su YouGotPosted e poi chiedeva loro 300 dollari per farsi carico di ricostruire la loro web reputation attraverso il sito ChangeMyReputation di proprietà dello stesso Bollaert. Una pena esemplare, che ha tenuto conto delle 10mila foto postate all’insaputa delle sue vittime. In questo caso il giudice si è spinto oltre, unendo alle leggi contro il revenge porn anche quelle che puniscono l’estorsione.
In Italia, il revenge porn è stato disciplinato dalla a legge nota come “Codice rosso” n. 69/2019 che ha introdotto l’art. 612-ter cp rubricato Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, ma non è certo nato con la stessa.
Buoni e cattivi
L’APS no profit Permesso Negato (associazione di promozione sociale che si occupa del supporto tecnologico e di Feedback Legale alle vittime di Pornografia Non-Consensuale e di violenza online e attacchi di odio) ha dimostrato che nella top ten dei cattivi c’è la piattaforma Telegram che, oltre a incentivare tali condotte dando spazio a gruppi esplicitamente utilizzati per la diffusione di questo fenomeno, omette anche di rispondere alle segnalazioni delle associazioni e a quelle della Polizia Postale. Non chiude i canali segnalati, né dà alle forze dell’ordine i dati per perseguire gli admin e chi chi condivide materiale illecito.
Il report di Permesso Negato (leggi qui) rileva come si sia passati da 17 gruppi o canali e 1,147 milioni di utenti di febbraio, ai 29 e 2,223 milioni di maggio, fino agli 89 gruppi o canali e 6 milioni di utenti a novembre 2020.
Pornhub
A dir poco allarmante è il reportage pubblicato il 4 dicembre 2020 sul New York Times dall’editorialista Nicholas Kristof, due volte vincitore del Premio Pulitzer (leggi qui).
Nell’inchiesta, Kristof, dando voce alle vittime, ha documentato come senza nessun controllo da parte dei suoi gestori la piattaforma streaming Pornhub sia infestata da video di stupri (su donne maggiorenni e su minorenni) da materiale riconducibile al revenge porn, da contenuti razzisti e misogini e filmati di donne asfissiate con sacchetti di plastica. Le ricerche che riguardano minori rimandano a centinaia di migliaia di video. Un po’ troppi per essere una piattaforma streaming facilmente accessibile.
“Pornhub è come YouTube, in quanto permette al pubblico di pubblicare i propri video. La grande maggioranza dei 6,8 milioni di nuovi video pubblicati ogni anno sul sito coinvolge probabilmente adulti consenzienti, ma molti mostrano abusi su minori e violenza non consensuale. Poiché è impossibile sapere con certezza se un giovane in un video ha 14 o 18 anni, né Pornhub né nessun altro ha una chiara idea di quanto sia il contenuto illegale — spiega Kristof —. A differenza di YouTube, Pornhub permette di scaricare questi video direttamente dal suo sito web. Quindi, anche se un video di uno stupro viene rimosso su richiesta delle autorità, potrebbe essere già troppo tardi: il video continua a vivere quando viene condiviso con gli altri o caricato altre volte”.
Buoni
Anche il Garante per la Protezione dei Dati Personali sta facendo la sua parte, non solo, con una vademecum da poco in circolazione (leggi qui), ma soprattutto attraverso al sua stretta collaborazione al progetto pilota di Facebook “stay down” pensato, proprio, per combattere la pornografia non consensuale.
Chiunque dovesse temere che le proprie immagini intime siano state condivise può contattare il Garante inviando il modulo di segnalazione qui riportato all’indirizzo email dedicato revengeporn@gdpd.it nel quale dovrà essere specificato il link alle foto o al video “incriminato”. L’Autorità contatterà il Social il quale creerà una firma digitale unica o hash (composta da valori numerici che codificano l’immagine in modo che non sia riconoscibile a occhio nudo) del contenuto prima di distruggerlo e bloccherà possibili tentativi di pubblicazione sulle proprie piattaforme.
Il progetto è stato appunto pensato per le potenziali vittime.
Nei casi, invece, in cui immagini o video intimi siano stati già condivisi senza consenso, è sempre possibile fare una segnalazione su Facebook o su Instagram. Anche in questo caso Facebook è in grado di ridurre al minimo il danno utilizzando la stessa combinazione di impronte digitali e tecnologia di corrispondenza delle foto in modo che non vengano condivise di nuovo. Facebook, utilizzando l’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale è, inoltre, in grado di rilevare, in modo proattivo, le immagini o i video di nudo che vengono condivisi senza permesso su Facebook e Instagram.
Solo nel quarto trimestre del 2020, infatti, sono state identificate e rimosse 28 milioni di immagini di nudo e atti sessuali di adulti, nel 98,1% dei casi ancor prima che venissero segnalate da qualcuno.
Inoltre, nel marzo 2019, per aiutare ulteriormente le persone che sono state vittime di pornografia non consensuale, Facebook ha lanciato a livello globale “Non senza il mio consenso”, un hub online di supporto sviluppato insieme a esperti del settore, all’interno del Centro per la sicurezza. Qui le vittime possono trovare risorse e contatti di organizzazioni in grado di sostenerle, comprese indicazioni sulle misure che possono adottare per rimuovere i contenuti dalle piattaforme di Facebook ed evitare che vengano ulteriormente condivisi.
My body my rules
Nessuno deve sentirsi autorizzato a condividere immagini “ginecologiche” solo perchè Io ho deciso di farle nè, tanto meno, l’assumersi il rischio che ciò possa accadere può giustificare questo tipo di condotta.
Cosa puoi fare:
1. capire la tecnologia, se decido di proteggere un account nel quale salvo alcune mie foto osè con una password semplice 1234, 0000 è possibile che qualche malintenzionato possa accedervi, sottrarmi tutto il contenuto e condividerlo con il mondo intero. Non sentirti in colpa per aver scelto delle credenziali facili, pensa solo che questa circostanza possa verificarsi quindi meglio prevenire. Inoltre, scordati che esista al mondo un sistema, una piattaforma che non impedisce di condividere le foto.
2. capire i comportamenti: sii consapevole che alcuni di questi possano essere rischiosi e prova a modificarli. Insomma, sentiti libera/o di fare ciò che vuoi ma evita di essere riconoscibile.
3. comprendi in che modo i social che utilizzi sono regolamentati.
4. capisci cosa è o meno reato.
5. non aver paura di raccontare la propria storia, non vergognarsi, non pensare mai di essere merce avariata solo perchè per un ragione non dipesa dalla tua volontà molti conoscono il tuo corpo.