Amarcord: Hans Holmqvist, un gol nella nebbia

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Quanti calciatori restano famosi per un gesto solitario, un unicum all’interno di una carriera poco brillante? Le storie in questo senso sono molteplici, quella di Hans Holmqvist, però, è probabilmente più emblematica di altre perché il suo isolato guizzo lo ha sbattuto sulle prime pagine dei giornali dopo aver condannato alla sconfitta i più forti del mondo.

Hans Holmqvist nasce a Stoccolma il 27 aprile 1960, è un attaccante e in Svezia non è così sconosciuto come le leggende faranno credere in seguito. Del classico svedese ha i capelli biondi e gli occhi celesti, ma non l’altezza: non è un gigante, è alto poco più di un metro e settanta, non ha il fisico da granatiere, in Italia lo definiranno tarchiato, i più maligni nanerottolo; ha però una discreta tecnica, agisce da seconda punta e all’occorrenza da centrocampista offensivo, condendo il tutto con un buon fiuto del gol, tanto che con la maglia del Djurgarden in 5 anni (dal 1978 al 1983) ne mette a segno 37 in 86 presenze. Gioca poi una stagione nell’Hammarby segnando tre reti e nel 1984, dopo essere anche entrato nel giro della nazionale, tenta l’avventura in Germania trasferendosi al Fortuna Dusseldorf dove rimarrà due anni senza deludere, realizzando anche 19 reti. Il ritorno all’Hammarby per la sola stagione 1986-87 gli vale un’altra esperienza all’estero, in Svizzera a Berna nello Young Boys, formazione in cui Holmqvist sembra esplodere definitvamente con 10 reti segnate ed un ottimo rendimento che attira l’attenzione di diversi club europei, convinti che quel piccolo svedese possa essere il classico bel colpo di mercato a cifre non elevatissime.

E’ chiaro a tutti che Holmqvist non sia un fuoriclasse, su di lui non ci sono gli occhi del Real Madrid o dell’Ajax, ma in Europa la voce che l’attaccante scandinavo sia un potenziale buon affare inizia a serpeggiare e in Italia a tenerlo maggiormente sotto osservazione c’è il Cesena che nell’estate del 1988 dovrà sostituire il suo gioiello dell’attacco, Ruggiero Rizzitelli, destinato a trasferirsi alla Roma. L’allenatore cesenate è Alberto Bigon, giovane tecnico in rampa di lancio e che chiede a gran voce alla società un compagno di reparto per Massimo Agostini che da solo non potrà certo reggere l’intero attacco bianconero. Il direttore sportivo Cera inizia la trattativa con lo Young Boys dopo aver avuto il benestare di Bigon che ha visto qualche videocassetta di Holmqvist e lo reputa un buon rinforzo per la sua squadra, lo svedese ha le caratteristiche giuste per sposarsi con la rapacità e l’istinto da centravanti di Agostini. Quando sbarca in Romagna, Holmqvist è un calciatore abbastanza sconosciuto in Italia, del resto sia il campionato svedese che quello svizzero non godono di particolare fama, in televisione di immagini ne vengono mostrate poche ed internet non è ancora neanche nei pensieri dei programmatori informatici. Inoltre il calciatore non è altissimo come in molti si immaginavano ed inizialmente se ne sta in disparte, non parla la lingua e non appare particolarmente estroverso. A Cesena sono però convinti che l’acquisto sia indovinato, che il ragazzo abbia qualità e che l’inizio del campionato previsto in ritardo (il 9 ottobre) per via delle Olimpiadi di Seul possa aiutarlo ad ambientarsi meglio nel nuovo paese.

Nelle prime uscite estive, però, Holmqvist sembra tutt’altro che ben integrato nei meccanismi della squadra, anche se il pubblico romagnolo è fiducioso e consapevole che la seconda salvezza consecutiva del Cesena in serie A potrebbe anche passare attraverso i gol dello svedese. Il 14 settembre 1988, poi, nel rinnovato stadio Manuzzi si gioca Cesena-Modena di Coppa Italia, valida per il secondo turno della manifestazione; Holmqvist parte titolare e dopo appena 6 minuti sblocca il risultato mostrando ai tifosi presenti che forse così scarso non è. Sembra l’inizio di una bella storia, sarà invece una grande illusione perché con l’inizio del campionato Holmqvist il campo lo vede poco e quando Bigon lo schiera i risultati sono parecchio negativi, di gol neanche l’ombra, oltre ad uno scarso aiuto al bomber Agostini che invece il suo dovere lo fa come sempre e la porta la inquadra benissimo. Il girone d’andata del Cesena è una lunga sofferenza, i bianconeri pareggiano sì 2-2 in casa della Juventus alla seconda giornata e rimontano la Roma al Manuzzi in extremis, ma cadono anche pesantemente contro la Fiorentina (3-0 sempre fra le mura amiche), in casa del Torino, rivale nella lotta per la salvezza, oltre alle preventivabili sconfitte con Inter e Napoli. Buon per Bigon che qualche gol lo segnino i centrocampisti come Domini o i difensori come capitan Cuttone, mentre di Holmqvist sembrano essersi perse le tracce, almeno fino a quell’8 gennaio 1989 che diventerà leggendario per lui e per tutta Cesena.

La squadra romagnola ha salutato in modo pessimo il 1988 perdendo malamente 3-0 a Pescara il 31 dicembre, una prestazione così negativa che perfino il presidente Edmeo Lugaresi se l’è presa a male, sfogando tutta la sua delusione con Bigon e con uno spogliatoio in evidente difficoltà. L’ambiente non è per nulla fiducioso, anche perché alla ripresa del campionato il Cesena ospiterà il Milan di Arrigo Sacchi che è campione d’Italia in carica e viaggia spedito verso la vittoria in Coppa dei Campioni, oltre ad essere riconosciuta unanimemente come la squadra più forte del mondo. L’8 gennaio sembra una giornata col destino già scritto per Bigon che al Milan ha militato da calciatore e che di speranze ne nutre poche in una partita troppo complicata per ribaltare una situazione difficile ed una classifica pericolante; meglio forse concentrarsi sulla successiva trasferta in casa del Verona dove i punti peseranno veramente tanto. Il tecnico bianconero, però, non vuole darsi per vinto già in partenza: il Milan sarà la squadra più forte del mondo, ma una giornata storta la potrà pur vivere, no? Qualcuno andando allo stadio si guarda intorno e…non vede nulla perché su Cesena è calata una nebbia così fitta da lasciar dubbi perfino sul regolare svolgimento della partita, tanto che forse qualche tifoso cesenate avrà benedetto il tempo infausto sperando in un rinvio, anche perchè la squadra di Bigon si presenta in formazione rimaneggiata per via di un paio di squalifiche di troppo.

La partita invece inizia regolarmente e nel Cesena accanto ad Agostini c’è Holmqvist, maglia numero 11 e compiti chiari: aiutare il centravanti a tenere la squadra corta in una gara che i romagnoli vivranno quasi esclusivamente in contropiede. Il Milan parte forte, se ne infischia della nebbia ed incomincia a bombardare la porta avversaria dove un certo Sebastiano Rossi che qualche anno dopo diventerà baluardo dello squadrone rossonero. L’enorme portiere del Cesena è in giornata di grazia, respinge i tiri di Ancelotti, di Rijkaard e di Gullit, blocca un colpo di testa di Virdis e rilancia con le sue possenti braccia le ripartenze di un Cesena che, dopo aver perso quasi subito Cuttone per infortunio, chiude il primo tempo sullo 0-0 e sembra credere ad un pareggio insperato alla vigilia. Nella ripresa la nebbia si dirada ma aleggia ancora pesantemente sul Manuzzi, mentre il Milan riparte a testa bassa e cinge d’assedio la difesa romagnola, ormai sul punto di crollare sotto i colpi dei rossoneri che però non sfondano, si innervosiscono e lasciano ampi spazi ai contropiedi bianconeri. In uno di questi, al 70′, si infila Agostini che scatta sulla sinistra palla al piede portando con sè un paio di difensori avversari; Holmqvist, che ha diligentemente seguito l’azione del compagno, deve solo farsi trovare smarcato al centro dell’area e quando riceve palla dal centravanti la controlla e poi spara di sinistro verso la porta un rasoterra che batte Giovanni Galli e porta clamorosamente in vantaggio il Cesena. L’esultanza dello svedese è incontenibile, così come quella del pubblico che in realtà dagli spalti ha visto poco e niente, ma che gioisce ugualmente per la prima prodezza di un calciatore sin lì deludente. Sarà quello il gol partita, un risultato che sbanca il Totocalcio, regala al Cesena un successo preziosissimo in chiave salvezza e manda ko il grande Milan di Sacchi, rimasto all’asciutto nonostante una partita dominata dal primo all’ultimo minuto.

Holmqvist diventa l’idolo della tifoseria cesenate, anche se il suo slancio si esaurirà come la nebbia di quella storica ed indimenticabile partita. Lo svedese, infatti, chiuderà la stagione con 19 presenze ed un gol solo, passato però alla storia e che ha in ogni caso contribuito alla seconda salvezza del Cesena in serie A. Resterà l’unico acuto della sua avventura italiana poiché l’anno successivo il nuovo allenatore Marcello Lippi lo impiegherà una sola volta (i 20 minuti finali di Roma-Cesena 1-0 del 24 settembre 1989) prima della sua cessione e del suo ritorno in patria dove giocherà con l’Orebro sino al 1993, anno in cui chiuderà la carriera. A Cesena, ancora oggi, Hans Holmqvist è lo svedese bassotto che non ha combinato nulla se non segnare il gol che l’8 gennaio 1989 mise al tappeto il Milan di Sacchi. E vi sembra poco?

di Marco Milan

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