Brand reputation, successo per la seconda edizione dello short master
Gestire e promuovere la reputazione online. L’Università degli Studi di Bari ha scelto di dedicare uno short master di 100 ore ai temi dell’innovazione e del digitale. La parola ai docenti e agli studenti
“Ci vogliono 20 anni per costruire la reputazione: bastano 5 minuti per rovinarla”. (Warren Buffet)
Far conoscere e trasmettere l’immagine di sé o di un’azienda è da sempre compito arduo. Ci vogliono anni per rendere credibile e affidabile un marchio ma basta un errore per rovinare tutto.
Oggi, in un contesto dove la comunicazione è sempre più finalizzata alla vendita di qualcosa – e nondimeno di qualcuno- è diventato indispensabile, soprattutto per le aziende, parlare del proprio brand. Ma come? Improvvisandosi “influencer” e attirando potenziali clienti con tutti i mezzi pur di ricevere dei “like”?
La risposta viene questa volta dal mondo accademico che si è interrogato su come fornire strumenti pratici a quanti intendono avvicinarsi alle nuove professioni del mondo “digital”. Perché, se è vero che i new media stanno cambiando velocemente il nostro modo di comunicare e i nostri stili di vita, è necessario che ci siano competenze adeguate per far fronte alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
Ne abbiamo parlato con il direttore dello short master in “Digital reputation management: costruire e gestire la reputazione online”, promosso dall’Università degli Studi di Bari, il prof. Alberto Fornasari, docente di Pedagogia Sperimentale (Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione) e delegato del Rettore alla Banca del Tempo.
Prof. Fornasari, com’è nata l’idea di uno short master dedicato ai temi della reputazione digitale?
L’iniziativa nasce da una mia idea; come docente del corso di laurea in Scienze della Comunicazione infatti dedico particolare attenzione ad approfondire il tema della media education, dei social network, di come i processi identitari oggi siano costruiti e “mediati” dai nuovi media. E ho ritenuto all’interno della terza missione dell’Università (cioè quella di creare raccordi proficui con il territorio) di proporre uno short master che approfondisse in un’ottica interdisciplinare una figura oggi molto richiesta: quella del digital reputation manager.
Media tradizionali vs new media. Quali sono gli strumenti migliori per affrontare il mercato del lavoro?
I giovani oggi quanto mai necessitano di acquisire un livello multiplo di competenze (comunicative, semiotiche, digitali, di marketing) che siano realmente spendibili e che consentano loro di operare in modo efficace. E l’Università di Bari e il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione ha da tempo mostrato una particolare attenzione a questo tema generalmente trattato dal mondo dell’economia e dell’informatica ma che necessita dell’importante apporto scientifico fornito dalle scienze sociali, comunicative, pedagogiche.
Quali metodologie sono state utilizzate?
Le metodologie didattiche adottate nello short master sono tutte state improntate a casi di studio, cooperative learning, flipped classroom e ad un’interazione costante tra docenti e studenti. Inoltre lo short master ha dato anche la possibilità di acquisire, in collaborazione con AICA (Associazione Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico) la certificazione in IT Security.
Il racconto dei corsisti
Un esperimento condotto con successo, quello di questa seconda edizione del master che si è da poco conclusa, e che si è valsa di un parterre di docenti altamente qualificati e formati direttamente sul campo: da Giuseppe Pirlo (docente di Informatica presso l’Università degli Studi di Bari e Delegato del Rettore all’Agenda Digitale e alle Smart Cities) a Sebastiano Paolo Lampignano (Digital Reputation Manager per importanti aziende e multinazionali); da Morena Ragone (degli Stati Generali dell’Innovazione) a
Vito Macina (Digital Strategist della Camera di Commercio di Bari) passando per Nicola Convertini (Esperto di sicurezza informatica) e Pierpaorlo Barnaba (Esperto di Social Media Monitoring).
E a proposito di brand identity anche Vito Macina ha le idee chiare: “Uno degli aspetti più sottovalutati da aziende e professionisti è quello della creazione o miglioramento della propria identità. Oggi essere riconoscibili diventa un fattore chiave per distinguersi dagli altri, creando un proprio seguito e diventando unici”.
L’unicità. Questa la parola chiave, il punto fermo perché, prosegue Macina “non basta più dire di essere migliori, ma bisogna necessariamente investire sulla propria immagine e preservarla affinché trasmetta i valori dell’azienda e si sviluppi nei nuovi media digitali”.
Largo spazio quindi ai contenuti, quelli capaci di creare un rapporto vero e duraturo tra brand e utente e che non si esauriscono in pubblicità sterili. Evitando di cadere nel pericolo della “percezione”, senza dimenticare che la cura dei contenuti è sempre cura delle relazioni tra persone.
Di seguito i feedback di alcuni ragazzi che hanno frequentato il master.
Antonella, 25 anni, studentessa di filologia classica.
“Questa per me è la prima esperienza a contatto con il mondo della brand reputation e delle strategie digitali. Far parte di questo team mi ha consentito di mettermi in gioco, di darmi obiettivi nuovi e di sfruttare al meglio le mie competenze linguistiche e filologiche in un contesto che sembrerebbe lontano anni luce dal mondo classico, ma è il nostro mondo, quello che noi quotidianamente viviamo”.
Vincenzo, 26 anni, studente di Scienze della comunicazione.
“La reputazione dell’azienda è fondamentale e lavorando già in una realtà strutturata ne ho avuto conferma. Questo master mi ha insegnato come sfruttare le potenzialità del web, in particolare di facebook”.
Roberta, 33 anni, lavoratrice.
“Da tempo nell’azienda in cui lavoro si parla di brand reputation management ma volevo saperne di più. Questo master è stato un modo per certificare le mie conoscenze”.
Antonio, 30 anni, libero professionista del marketing digitale.
“All’inizio ero molto scettico perché la proposta accademica è in genere troppo teorica. Il fatto di aver coinvolto professionisti del settore ha dato un valore aggiunto e ci ha fatto comprendere quanto sia importante avere una visione globale e strategica delle competenze. Visione che fa capo proprio alla gestione della reputazione”.
(di Anna Piscopo)