Referendum per l’autonomia: ha vinto il “sì” e ora?

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Domenica 22 ottobre, in Lombardia e Veneto si è svolto il referendum per l’autonomia. La maggior parte dei votanti ha detto “sì”, ma in Lombardia l’astensione è stata superiore al 50%, mentre in Veneto si è recato alle urne il 57% degli aventi diritto

E alla fine arrivò anche il giorno del referendum. Il 22 ottobre, gli elettori di Veneto e Lombardia sono stati chiamati alle urne per votare il referendum consultivo in materia di autonomia, tanto voluto dalla Lega e dai governatori leghisti delle due regioni. In Lombardia ha votato solo il 38,3% degli aventi diritti, mentre in Veneto l’affluenza alle urne si è attestata attorno al 57%. In entrambe le regioni il “sì” ha superato abbondantemente il 90%, permettendo ai promotori della consultazione di festeggiare il risultato come una grande vittoria, nonostante i numerosi problemi organizzativi legati al voto elettronico.

Luca ZaiaCosa cambierà adesso? In realtà, almeno nell’immediato, non cambierà assolutamente nulla. Il referendum consultivo di per sé non genera alcun obbligo vincolante per il governo centrale, né tanto meno per il Parlamento. Dunque la “chiamata alle urne”, a cui hanno risposto in massa almeno gli elettori leghisti, non avrà alcun effetto concreto, se non quello di permettere a Luca Zaia e Roberto Maroni di sedersi al tavolo delle trattative con l’esecutivo con un’investitura popolare dal sapore plebiscitario.

Roberto MaroniPeraltro, durante tutta la campagna elettorale, il Carroccio ha sottolineato più volte l’importanza del referendum per il raggiungimento di una piena autonomia fiscale a livello regionale. Il fatto è che, secondo quanto sancito dalla Costituzione, questa materia non è compresa fra quelle contrattabili con lo stato centrale.

Questo piccolo dettaglio, unito ai costi della consultazione, pari a circa 50 milioni di euro, non è passato inosservato ai più attenti, né a quegli elettori che hanno visto in questa operazione una mera manovra di propaganda in previsione delle scadenze elettorali della prossima primavera. Certo la Lega si è sempre fatta portavoce di tutti i temi legati alle autonomie regionali, al federalismo fiscale e all’equiparazione delle regioni a statuto ordinario a quelle a statuto speciale, ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo la costituzione, le maggioranze parlamentari, gli elettori e il reale peso politico di un partito.

Dunque era proprio necessario indire un referendum? Beh se guardiamo la cosa dal punto di vista del Carroccio questo era il momento dell’ora o mai più. Mai come adesso la Lega ha potuto vantare un simile peso politico, che non solo si estende oltre il suo bacino geografico elettorale di riferimento, ma che trova sponde importanti anche a livello europeo. La questione catalana e i risultati elettorali dell’estrema destra in Austria e Germania non hanno fatto altro che rafforzare e legittimare, almeno sul piano politico e di immagine, il referendum promosso dal partito di Salvini.

Ovviamente tutta la Lega festeggia la vittoria, ma c’è chi brinda con fiumi di prosecco e chi si deve limitare a un bicchiere di vino rosso della casa. Perché se è vero che Zaia è forte di una maggioranza più che assoluta, Maroni si deve accontentare solo di quella relativa. Tuttavia il governatore della Lombardia non sembra impensierito dal risultato, ma anzi si è detto soddisfatto rispetto a quelle che erano le sue previsioni riguardo all’affluenza. Inoltre Maroni ha già messo le mani avanti, criticando il presidente del Veneto sull’idea di chiedere l’autonomia speciale per la regione.

Gli altri partiti sembrano invece intenzionati a far sbollire l’eccitazione leghista, cercando di evitare qualsiasi commento. Il PD, completamente diviso anche su questo tema, con molti sindaci lombardi che hanno sostenuto il “sì” contro i vertici del partito, si trova ora a dover dare risposte concrete alle richieste due regioni ribelli. A sostenere il referendum sono stati anche Forza Italia e il Movimento Cinque Stelle, senza mostrare però un reale impegno elettorale per la consultazione.

Per quanto riguarda il Governo, Gentiloni si è detto pronto a incontrare Maroni e Zaia per discutere di come far funzionare meglio l’Italia, evitando però ulteriori lacerazioni sociali. Chi la spunterà? C’è da augurarsi che a vincere siano il buon senso e il nostro Paese, ma viste le premesse, i precedenti e i protagonisti, un moderato scetticismo sembra più che giustificato.

(di Christopher Rovetti)

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