Amarcord: Vittorio Pusceddu, il Roberto Carlos di Sardegna

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I tifosi di calcio da sempre sono affascinati dal ruolo del terzino sinistro che solitamente è occupato da calciatori col piede mancino potente e vellutato, dall’estro e dalla conclusione a rete spesso violenta e precisa. A Cagliari l’espressione migliore a riguardo si chiama Vittorio Pusceddu, idolo di casa e dotato di un sinistro amatissimo dai sostenitori rossoblu e temutissimo dagli avversari.

Vittorio Pusceddu nasce a Buggerru, un piccolo paese della provincia di Carbonia-Iglesias, il 12 febbraio 1964 e di professione fa il calciatore, terzino sinistro per la precisione. E’ abbastanza alto e piuttosto magro, ma soprattutto possiede una potenza ed una precisione eccezionale nel suo piede sinistro che utilizza per crossare e per calciare da fuori area e sui calci piazzati; logico che in Sardegna un ragazzo così sia immediatamente notato dal Cagliari che lo porta nel suo settore giovanile e lo mette sotto a lavorare sulla tattica perchè va bene il sinistro micidiale, ma a calcio bisogna anche disciplinarsi e capire che posizione assumere soprattutto quando la palla ce l’hanno gli altri. I sardi lo fanno esordire in serie B nella stagione 1984-85 lanciandolo pure come titolare della fascia sinistra: Pusceddu ripaga la fiducia con 30 presenze e 2 reti, niente male per un ventenne. La crisi societaria della società rossoblu, però, costringe la dirigenza al sacrificio della giovane promessa di casa che inizia a girovagare per l’Italia assaggiando pure la serie A e passando prima al Torino, poi all’Ascoli, quindi a Udinese e Genoa (dove vince il campionato di serie B 1988-89), prima di trovare Osvaldo Bagnoli che lo vuole fortemente nell’estate del 1989 per rinforzare il suo Verona che dopo lo storico scudetto del 1985 cerca l’ennesima permanenza in serie A.

La serie A 1989-90 sarà un calvario per i veronesi che incappano in una stagione disgraziata con sconfitte in serie ed il penultimo posto in classifica occupato per quasi l’intero campionato. Pusceddu si disimpegna bene, segna pure 3 gol ed è uno dei pochi a salvarsi nella sfortunata annata dei veneti che chiudono un ciclo durato quasi 10 anni con uno scudetto, una finale di Coppa Italia e la storica partecipazione alla Coppa dei Campioni; Bagnoli lascia Verona e si accasa al Genoa, mentre sulla panchina gialloblu arriva Eugenio Fascetti che chiede ed ottiene la conferma di Pusceddu per puntare all’immediata risalita dal campionato di serie B. Il terzino sardo è uno dei protagonisti della promozione che il Verona conquista al termine della stagione 1990-91: segna 4 reti ed è una spina nel fianco per tutti gli avversari, dispensa cross a ripetizione, ara la fascia sinistra per l’intera partita ed è spesso e volentieri un attaccante aggiunto. Il 3 marzo 1991 il Verona gioca a Barletta e vince 5-1 mettendo una seria ipoteca sulla promozione; Pusceddu è enorme protagonista della gara con due reti (la prima con uno splendido calcio di punizione che sblocca la gara alla fine del primo tempo) ed una terza sfiorata. E’ il giorno in cui si fiondano su di lui gli occhi del Napoli che nel frattempo sta facendo i conti con l’addio di Maradona dopo la positività al doping ed un ricambio generazionale di difficile gestione. Il Verona torna abilmente in serie A e Pusceddu in estate passa proprio al Napoli dove pensa e spera di vivere la sua definitiva consacrazione anche nella massima serie.

E a Napoli, nel primo campionato dei partenopei senza Maradona, la stagione non va nemmeno così male: Pusceddu gioca 21 partite nella squadra allenata da Claudio Ranieri, ma si ritrova a dover subire un’aspra e feroce contestazione da parte dei tifosi azzurri, a causa di qualcosa che col campo ha poco a che vedere. Il 29 settembre 1991 al San Paolo si gioca Napoli-Verona: i campani vincono 3-1 e al termine della gara Pusceddu è invocato dallo spicchio di sostenitori veronesi che vogliono salutarlo; il terzino sardo si concede e lancia pure la sua maglia verso di loro. Il giorno dopo si scatena il putiferio: i tifosi napoletani sono furiosi perchè un loro calciatore ha osato rendere omaggio agli acerrimi ed odiatissimi ultras scaligeri; Pusceddu è contestato ed insultato, ma non si sente di dover chiedere scusa a nessuno, lui ha giocato la sua partita per il Napoli e difende la maglia azzurra, ma è legatissimo al Verona e giustamente ha salutato i suoi ex tifosi che hanno percorso centinaia di chilometri anche per ritrovare il loro ex beniamino. Al di là di come finirà la stagione, Pusceddu comunica alla dirigenza napoletana che a giugno andrà via, per lui il calcio è un’altra cosa, per lui restare in un ambiente che non lo sopporta è follia. Così, a fine campionato, Cagliari e Napoli definiscono l’affare che porta Daniel Fonseca in Campania ed inseriscono nell’operazione anche Pusceddu che torna così a casa dopo 10 anni.

A quasi 30 anni, il terzino è accolto bene dalla sua terra, può essere una pedina utile per le ambizioni dei sardi; diventerà invece molto di più, vivendo l’apice della sua carriera, riportando il Cagliari a vivere annate straordinarie in Italia e perfino in Europa. La stagione 1992-93 vede i cagliaritani guidati in panchina da Carlo Mazzone e con l’obiettivo di conquistare la terza salvezza consecutiva in serie A; arriverà molto di più. Il Cagliari gioca bene e vince, vince tanto, al Sant’Elia ferma la Juve, batte Roma e Fiorentina, Pusceddu è una delle punte di diamante della squadra, è perfetto in difesa e dirompente quando attacca sulla fascia sinistra. Arriva perfino ad avere titoli sui giornali, tutta Italia si accorge di quel 29enne che sta facendo ammattire le difese della serie A e soprattutto sta conducendo il Cagliari all’assalto della qualificazione in Coppa Uefa. Il 4 aprile 1993 la squadra di Mazzone batte in casa 3-0 il Genoa, Pusceddu sigla una doppietta e il Sant’Elia è in estasi: a fine stagione i rossoblu conquistano il sesto posto e l’accesso alla Coppa Uefa ed il 6 giugno al termine del trionfale 4-0 sul Pescara già retrocesso, i tifosi sardi rendono omaggio ad una squadra praticamente perfetta. Mazzone, che lascerà Cagliari per guidare la Roma, e Pusceddu sono tra i più festeggiati, il laterale che gioca con la maglia numero 3 è stato forse il miglior calciatore della formazione isolana, andando anche in rete 7 volte, capocannoniere della squadra assieme a Cappioli, Francescoli ed Oliveira.

Quanti pensano che il Cagliari e Pusceddu abbiano esaurito i loro bonus in quella magica e forse irripetibile stagione 1992-93, hanno fatto male i loro conti: sulla panchina rossoblu arriva Bruno Giorgi dopo l’esonero immediato di Radice alla prima giornata, ed il Cagliari deve affrontare campionato, Coppa Italia e Coppa Uefa, tre impegni che in molti ritengono troppo dispendiosi per una compagine numericamente poco attrezzata. Ma Giorgi organizza bene i suoi calciatori e se è vero che il Cagliari paga qualcosa in campionato, perdendo punti qua e là soprattutto contro avversarie dirette concorrenti nella corsa alla salvezza, il cammino in Europa è eccellente: al primo turno i rossoblu eliminano la Dinamo Bucarest e Pusceddu va in gol nella gara di andata, mentre al secondo turno la formazione di Giorgi ha la meglio sui turchi del Trabzonspor grazie a due pareggi, ma è agli ottavi di finale che il Cagliari compie il suo capolavoro. L’avversario è il Malines, ostica squadra belga che in passato ha eliminato l’Atalanta dalla Coppa delle Coppe e messo paura al Milan di Sacchi in Coppa Campioni; in Belgio i sardi non hanno paura, giocano una gara tatticamente perfetta e mettono in mostra il talento dei loro calciatori migliori, ed il risultato è straordinario perchè i rossoblu vincono 3-1 dominando una partita che strega mezza Europa. Matteoli segna l’1-0, Oliveira realizza il 2-1 dopo il momentaneo pareggio del Malines, infine Pusceddu sigla il definitivo 3-1 grazie ad un pallonetto di fattura eccezionale, dosando perfettamente il suo sinistro e mandando in visibilio il pubblico cagliaritano che crede fortemente nella vittoria della coppa. Il Cagliari arriverà ad un soffio dalla coqnuista della finale di Coppa Uefa dopo aver eliminato la Juventus nei quarti e dopo aver ceduto solamente all’Inter in semifinale; Pusceddu chiuderà un’altra stagione straordinaria con un solo gol in campionato ma una prestazione ad altissimo livello in Europa che ne consacra bravura ed intelligenza, per i tifosi sardi è lui il miglior terzino del continente, per loro vale un Paolo Maldini o un Antonio Cabrini, per loro è ciò che Roberto Carlos sarà per il Real Madrid e per la nazionale brasiliana.

La carriera di Vittorio Pusceddu si chiude in pratica qui, a oltre 30 anni le forze vengono meno, la corsa e il fiato diminuiscono, le stesse ambizioni del Cagliari si ridimensionano e le ultime due stagioni in Sardegna sono piuttosto anonime. Pusceddu lascia Cagliari nell’estate del 1996 e si trasferisce alla Fiorentina dove vive da comprimario un’annata discreta in campionato ed ottima in Coppa delle Coppe con l’eliminazione in semifinale ad opera del Barcellona. L’ultimo anno di carriera, invece, Pusceddu lo vive da settembre del 1997 a giugno del 1998 dividendosi tra Empoli (appena 2 apparizioni) e Torino in serie B, chiudendo coi granata una carriera iniziata oltre vent’anni prima. 21 partite col Torino per guidare un gruppo giovane che fallisce l’assalto alla serie A perdendo lo spareggio di Reggio Emilia contro il Perugia; Pusceddu dice addio al calcio giocato a 34 anni dopo oltre venti stagioni di sgroppate sulla fascia, spesso uscendo un po’ dai binari del tatticismo prediligendo l’istinto e la tecnica. Una carriera di buon livello, col picco vissuto a Cagliari e l’avventura più affascinante vissuta dai sardi dai tempi di Scopigno e Riva, e proprio nella sua terra; nemo propheta in patria? Una regola che Vittorio Pusceddu ha totalmente capovolto.

di Marco Milan

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