Amarcord: la leggenda di Helmuth Duckadam, l’eroe dalle ali spezzate

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Non tutte le favole sono a lieto fine, non tutti i sogni si realizzano, non tutte le promesse si mantengono. A volte, poi, attorno agli insuccessi sorge il mistero e il tempo trasforma le storie in leggenda. E’ il caso di Helmuth Duckadam, portiere rumeno di metà anni ottanta ed eroe della finale di Coppa dei Campioni del 1986, il primo ed ultimo trionfo di un calciatore destinato ad una brillante carriera che non è forse mai cominciata davvero.

Helmuth Duckadam nasce in Romania nel piccolo paese di Semlac il 1 aprile 1959 e fin da piccolo capisce che il suo mestiere sarà quello di calciatore e il suo ruolo quello del portiere. Al piccolo Helmuth, nato da famiglia rumena di origine tedesca, piace stare fra i pali ma soprattutto si dice troppo pigro per correre, per cui il ruolo di portiere è proprio ciò che fa per lui. Inizia a giocare a 14 anni e diventa professionista nella formazione dell’Arad con cui debutta in serie A nel 1978 prima di essere acquistato dalla Steaua Bucarest, una delle formazioni più blasonate della Romania, un paese che nel dopoguerra e fino alla caduta del muro di Berlino fa parte della famosa “Cortina di Ferro” con l’Europa divisa in due segmenti e l’ombra della Guerra Fredda sempre incombente. La Romania socialista del dittatore Nicolae Ceaușescu vive anni di stenti ed il calcio, pur essendo la grande passione sportiva degli abitanti della nazione, riserva poche soddisfazioni perchè le squadre di club non sanno imporsi a livello internazionale e la nazionale fatica a qualificarsi alle fasi finali di mondiali ed europei. Nel 1984, però, la Steaua Bucarest inizia ad essere sotto diretto controllo di Ceaușescu che vuole rendere la compagine rossoblu non solo la squadra del regime, ma anche una potenza europea in grado di far la voce grossa anche nelle coppe. La Steaua, guidata in panchina dal tecnico Emerich Jenei, vince campionati in serie (5 di fila fra l’84 e l’89) e resta imbattuta in patria per oltre 100 partite consecutive, ma vuole stupire anche a livello continentale, in uno dei pochi momenti di aggregazione fra squadre dell’Europa dell’ovest e quelle dell’Europa dell’est.

La Coppa dei Campioni 1985-86 porta la formazione rumena fino alle semifinali, un risultato inaspettato e sorprendente per una compagine tutt’altro che blasonata; il merito è dell’allenatore Jenei, ma anche dei calciatori, in particolare il talentuoso attaccante Marius Lacatus (che nel 1990 tenterà con poca fortuna l’avventura italiana nella Fiorentina), quindi il difensore di origine jugoslava Belodedici (protagonista con la nazionale rumena ai mondiali americani del 1994) e l’altro attaccante Victor Piturca, futuro commissario tecnico della Romania. E poi c’è Helmuth Duckadam, portiere prestante e talentuoso: il suo metro e 90 per 79 kg, un pesoforma eccellente, e la sua reattività fra i pali permettono all’estremo difensore della Steaua di essere uno dei migliori della competizione che al penultimo atto pone i rumeni di fronte all’Anderlecht. In Belgio, nella gara di andata, i fiamminghi si impongono per 1-0, ma a Bucarest la Steaua trionfa vincendo 3-0 e raggiungendo una clamorosa finale da disputare contro il Barcellona, una delle squadre migliori d’Europa e che, oltretutto, giocherà la finale in casa dato che la gara si disputerà a Siviglia.

Mercoledì 7 maggio 1986 Steaua Bucarest e Barcellona scendono in campo allo stadio Sanchez Pizjuàn per stabilire chi diventerà Campione d’Europa per la prima volta nella storia dei due club. Gli spagnoli sono favoritissimi: il tecnico inglese Terry Venables fa giocar bene i blaugrana che hanno un tasso tecnico elevatissimo, molto più dei rumeni, seguiti a Siviglia da poco meno di duemila sostenitori, a causa anche delle restrizioni che non permettono ai cittadini dei paesi sotto regime comunista di lasciare facilmente la loro patria, contro gli oltre 60mila tifosi del Barça. Per l’Europa intera la Steaua Bucarest ha pochissime velleità contro il Barcellona, ma il calcio, è noto, si diverte spesso e volentieri a sovvertire pronostici all’apparenza scontati; la Steaua Bucarest sa di non aver nulla da perdere e addormenta la partita con un gioco lentissimo e con palesi perdite di tempo sin dai primi minuti di gioco. Il Barcellona cade nella trappola e si innervosisce: più passa il tempo, infatti, più i rumeni acquistano tranquillità e i catalani diventano frenetici; anche il pubblico spagnolo, rumorosissimo ad inizio gara, si zittisce, un silenzio che diventa gelo alla fine dei tempi supplementari quando l’arbitro francese Vautrot sancisce che la Coppa Campioni verrà assegnata dopo i calci di rigore. E’ una conclusione impensabile ed il pronostico, ora, vacilla, perchè dai tiri dal dischetto tutto può accadere.

Duckadam, che già in partita ha sventato un paio di azioni pericolose del Barcellona con interventi prodigiosi, si appresta a sfidare i fini tiratori scelti degli spagnoli; pur essendo alla prima grande avventura internazionale e pur essendo sconosciuto ai più, l’estremo difensore rumeno mostra una calma glaciale, come se per lui i calci di rigore di una finale di Coppa dei Campioni siano semplice routine. Il portierone della Steaua neutralizza i primi due tiri del Barcellona, ma altrettanto fa il suo collega Urruti: è incredibile, dopo 120 minuti e quattro rigori il risultato è ancora inchiodato sullo 0-0. Poi Lacatus fa gol con un tiro forte e centrale, quindi Duckadam para il terzo rigore su tre, Balint segna il 2-0 e Duckadam ipnotizza pure Marcos Alonso, quarto calciatore del Barcellona bloccato dall’eroe di una serata che incorona per la prima volta la Steaua Bucarest regina d’Europa ed un portiere fino ad allora sconosciuto come protagonista assoluto della partita più incredibile dell’anno. Quattro rigori parati su quattro, la Coppa dei Campioni per la prima volta a Bucarest ed il Barcellona sconfitto nonostante i favori del pronostico ed un organico largamente superiore a quello dei rumeni. Storie di calcio abbastanza comuni, in fondo, così come evidente è l’interesse di svariate società europee verso quel portiere così bravo, reattivo e carismatico, capace di stregare mezzo continente con i suoi interventi miracolosi. Il Manchester United, ad esempio, è in cerca di rilancio ed ha affidato la panchina ad un allenatore scozzese in rampa di lancio e di nome Alex Ferguson che mette in cima alla lista di desideri per la campagna acquisti dei Red Devils proprio Helmuth Duckadam: dovrà essere il rumeno il nuovo portiere della formazione inglese.

In patria, intanto, Duckadam è l’eore nazionale: grazie a lui la Romania è su tutte le prime pagine dei giornali, grazie a lui una squadra rumena è diventata campione d’Europa, grazie a lui, forse, anche la nazionale ha trovato una stella. Non sarà così. La carriera di Duckadam termina in pratica ancor prima di inziare e lascia spazio al mito e alla leggenda, avvolta in un mistero mai del tutto sciolto fino in fondo. Nell’estate del 1986, infatti, il portiere della Steaua Bucarest finisce improvvisamente in ospedale per gravissime lesioni ad un braccio: operato d’urgenza, rischia l’amputazione dell’arto. Quel braccio che ha ipnotizzato e beffato il Barcellona, a meno di tre mesi dall’epica notte di Siviglia, è ora compromesso e Duckadam è ad un passo dall’invalidità, proprio lui, l’uomo dei miracoli, si appella ora ad un aiuto miracoloso dei medici che dopo ore di intervento chirurgico salvano il braccio dall’amputazione, anche se Duckadam resta debilitato ed è costretto ad una lunghissima convalescenza. E il calcio? Il passaggio al Manchester United ovviamente salta, la Steaua Bucarest gli sta vicino per i primi mesi e lo invita anche insieme alla squadra a Tokyo, nel dicembre del 1986, in occasione della finale della coppa Intercontinentale fra i neo campioni d’Europa e il River Plate; dopo quella partita, che la Steaua perde 1-0, il club abbandona Duckadam che nel frattempo è costretto ad un frettoloso quanto clamoroso ritiro dai campi perchè le funzionalità del suo braccio sono ormai compromesse e la sua carriera si chiude definitivamente nel 1991 dopo aver provato a ricominciare nel Vagonul Arad senza però mai scendere in campo con la sua nuova squadra, collezionando appena qualche apparizione in panchina. Una carriera rapidissima, un’ascesa impressionante ed un ritiro misterioso, avvolto in una coltre di silenzi che alimentano sospetti ed enigmi legati alla dittatura rumena dell’epoca. Perchè?

Perchè Helmuth Duckadam si ritira dal calcio giocato nel 1991 quando il regime di Niculae Ceaușescu è caduto da due anni e l’ex dittatore giustiziato assieme alla moglie la mattina di Natale del 1989, senza spiegare con dovizia di particolari i motivi del suo brusco abbandono al calcio giocato. L’ex portiere parla di trombosi alle mani, mentre voci sempre più insistenti affermano che Duckadam fosse stato vittima di un agguato pilotato dal figlio adottivo di Ceaușescu, Valentin, il quale non avrebbe gradito un rifiuto da parte del calciatore, rifiuto legato ad un’automobile, una lussuosa Mercedes, che un dirigente del Real Madrid avrebbe regalato a Duckadam all’indomani della famosa finale di Siviglia come ringraziamento per aver battuto gli odiati rivali del Barcellona. Il portiere si sarebbe rifiutato di lasciare la macchina a Valentin Ceaușescu, come da quest’ultimo richiesto e preteso, un oltraggio che il figlio del despota rumeno non avrebbe gradito, maturando una vendetta poi compiuta con un agguato ben studiato e atto a spezzare la carriera di Duckadam: ordine di spaccare i polsi al portiere, a bastonate o a sprangate, renderlo invalido o quantomeno distruggergli il proseguimento della vita calcistica. Un ordine eseguito dalla Securitate, la polizia segreta del regime rumeno di Ceaușescu, e messo a tacere dalla politica e dagli organi di informazione dell’epoca, facendo passare il tutto come problema di salute.

Una leggenda che lo stesso Duckadam (dopo anni di silenzio, la partenza nel 2003 verso gli Stati Uniti assieme alla famiglia dopo aver vinto alla lotteria e il rientro in patria per fare il presidente onorario proprio della Steaua Bucarest per quasi un decennio) ha stemperato nella primavera del 2007, negando l’aggressione del regime di Ceaușescu e facendosi una risata a proposito della storia della Mercedes contesa fra lui e il figlio del dittatore. Duckadam, nell’intervista del 2007, smentisce ogni coinvolgimento della politica rumena del 1986, affermando invece che la sua carriera venne stroncata dallo spostamento di un grumo di sangue che ne causò la quasi paralisi del braccio, il rischio dell’amputazione e il conseguente definitivo stop dal calcio. Non solo, l’ex portiere minimizza addirittura la politica di Nicolae Ceaușescu, definendolo un grande patriota, un salvatore della Romania che è improvvisamente impazzito nel 1977 diventando paranoico e rovinando quanto di buono fatto ad allora.

In molti ancora oggi dubitano delle tante versioni che si sono susseguite negli anni, in molti dubitano di Duckadam, parlando di paura per i familiari e voglia di dimenticare una brutta storia ormai passata. Altri invece hanno definitivamente abbandonato ogni sospetto, chiamando in causa il semplice destino avverso, un fato malevolo che ha messo fine ad una carriera destinata ad essere scintillante e chiusa invece nel momento più alto, lasciando solo un ragazzo di appena 27 anni, idolo d’Europa per una sera, leggenda rumena per sempre. Comunque sia andata, restano quelle enormi braccia che prima stoppano il Barcellona e poi alzano al cielo la Coppa dei Campioni, due ali che si innalzano nel cielo di Siviglia ma che vengono immediatamente e improvvisamente spezzate da quello che, comunque sia andata, è stato un maledetto gioco del destino.

di Marco Milan

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