Vertice di Ventotene: Europa ultima chiamata?
Hollande, Merkel e Renzi si incontrano a Ventotene per uscire dalla terribile impasse causata dal referendum nel Regno Unito, dalla questione migranti e dalla ripresa economica che tarda ad arrivare
Lunedì 22 agosto, per molti primo giorno di rientro dopo le vacanze estive. Nonostante il clima torrido e il protrarsi delle ferie, la politica internazionale è tornata di prepotenza sulle prime pagine di tutti i giornali, per quello che è stato definito come l’incontro più importante per il destino dell’Unione Europea, il vertice che potrebbe determinare il rilancio del progetto europeo o, per contro, affossarlo definitivamente. A Ventotene, piccola isola dell’arcipelago pontino, si sono incontrati la cancelliera tedesca, Angela Merkel, il presidente francese, François Hollande, e il premier Renzi per discutere di quello che dovrà essere il futuro dell’UE dopo gli eventi che ne hanno scosso le fondamenta.
E non è certo un caso che quest’incontro, tanto importante per decidere quale dovrà essere il cammino dell’Unione da settembre in avanti, si sia svolto proprio a Ventotene. L’isola dell’arcipelago delle Ponziane è stato ed è uno dei luoghi simbolo della storia dell’integrazione europea, il luogo dove Altiero Spinelli, Ursula Hirschmann e Ernesto Rossi elaborarono il famoso progetto di manifesto “per un’Europa libera e unita” che per tutti è noto con il nome di Manifesto di Ventotene. Il documento, redatto dai tre politici antifascisti durante il periodo trascorso al confino presso il carcere di Santo Stefano, fu pubblicato nel 1944 e rappresentò il primo progetto organico di integrazione europea.
Ventotene è anche il luogo dove riposano le spoglie di Altiero Spinelli il quale, oltre a essere considerato uno dei padri fondatori dell’Europa, è stato fra i più importanti politici europei, avendo ricoperto per due volte il ruolo di membro della Commissione e essendo stato parlamentare europeo per un decennio. Con i suoi scritti, le sue battaglie e le sue idee, Spinelli influenzò non poco il processo di integrazione, arrivando addirittura a presentare, di fronte al Parlamento Europeo, una proposta costituzionale per gli Stati Uniti d’Europa.
Dunque quale luogo migliore per rilanciare un progetto, quello europeo, che negli ultimi mesi ha ricevuto battute d’arresto su più fronti e che sembra avere davanti a sé un futuro quanto mai incerto, per non dire già segnato. Dal referendum che ha sancito l’uscita dall’Unione del Regno Unito al golpe in Turchia, passando per la questione migranti, su cui ancora l’Europa non ha trovato una soluzione degna di questo nome, l’UE sembra ormai alla deriva. E a ben vedere, nonostante le previsioni catastrofiche del prima e dopo voto, il referendum sulla Brexit è la questione meno spinosa da affrontare per l’Unione. Ben più grave è il tema migranti, che rischia di spaccare completamente l’Europa, aprendo una profonda divisione fra Paesi intenzionati a risolvere il problema a livello europeo e quegli stati che, vista la loro posizione geografica, possono permettersi di ignorare l’argomento. Strettamente collegato al problema migranti, c’è la questione turca, che abbraccia una serie di tematiche che vanno dalla guerra in Siria, ai diritti umani, fino ad arrivare all’ingresso di Ankara nell’Unione Europea. Senza dimenticare tutti gli altri focolai di rivolta e guerra civile mai realmente spenti che ancora infiammano il bacino del Mediterraneo, primo fra tutti quello libico. Anche l’interminabile dibattito economico sembra ritornare prepotentemente sul tavolo dei leader europei mostrando, ancora una volta, quanto sia lontano un accordo fra coloro che perseguono un’idea d’Europa basata sul rigore dei conti e coloro che vorrebbero allentare la cinghia dell’austerità, per dare nuovo slancio alla ripresa.
Ma cosa si è deciso in concreto? Diciamo subito che come spesso accade di concreto non si è deciso nulla, anche perché l’inedito triumvirato formato da Italia, Francia e Germania non ha alcun potere decisionale reale. Certo è che se tre Paesi fondatori, che rappresentano da soli più di un terzo del PIL totale e costituiscono i tre stati più popolosi dell’Unione decidono di riunirsi per evitare di far naufragare più di sessant’anni di integrazione europea, qualcosa dovrà pur significare. Le stesse dichiarazioni fatte dai tre leader alla fine dell’incontro dimostrano la ferma intenzione di portare avanti quel progetto iniziato nel 1952, con la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, progetto che ha avuto il suo punto più alto nel tentativo, purtroppo fallito, di redigere una vera e propria costituzione europea. Sia la cancelliera Merkel sia il presidente Hollande hanno sottolineato la necessità per l’UE di proteggere i propri confini garantendone la sicurezza, ma al contempo permettendo a coloro che fuggono da scenari di guerra o da regimi “a digiuno di democrazia” di poter entrare in Europa come rifugiati. Per far questo, entrambi hanno ribadito l’imprescindibilità di una maggiore collaborazione fra gli stati membri, per far si che l’onere dei profughi e dei migranti in generale non ricada sui soli stati che affacciano sul Mediterraneo. Probabilmente Matteo Renzi non poteva aspettarsi di meglio da questo vertice a tre, che aveva l’obiettivo di tornare a parlare di Europa, riportando l’attenzione sulle questioni lasciate in sospeso dopo il terremoto Brexit, questioni che certo non si risolveranno da sole.
Dunque, adesso, non resta che attendere quelle che saranno le decisioni, anch’esse non proprio concrete, che verranno prese nel corso del vertice informale di Bratislava, previsto il 16 settembre prossimo. L’incontro, messo in agenda dai capi di stato e di governi dell’UE proprio per rilanciare il processo di integrazione a seguito del referendum nel Regno Unito, sarà il primo di una lunga serie summit che determineranno il futuro dell’Unione. Chissà se per la prima volta in oltre sessant’anni, l’Europa riuscirà a dare nuovo slancio al suo cammino di integrazione, senza ripartire come sempre accade da tematiche strettamente economiche, ma magari scegliendo questioni politiche come l’immigrazione o la sicurezza. Perché forse è proprio questo il punto; non abbiamo bisogno di meno Europa, ma sarebbe piuttosto opportuno che l’UE si assumesse qualche responsabilità in più in settori diversi da quelli economici, come la politica internazionale, da cui è totalmente assente. Giunti a quella che sembra essere l’ultima chiamata per l’Unione, forse, assisteremo a svolta in tal senso, sempre che gli stati membri siano d’accordo e sappiano guardare più in là del loro naso.
(di Christopher Rovetti)