Speciale Amarcord: Italia-Germania, quando battere gli azzurri diventa impossibile

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Campionati del mondo, campionati Europei: sfide epiche, confronti accesi che da storia diventano leggenda. Tante nazionali, intrecci e rivalità. C’è tanto dire in oltre cento anni di battaglie sui campi da gioco, ma forse niente nel mondo del calcio è paragonabile ad Italia-Germania, le due nazionali europee più blasonate; le sfide fra azzurri e tedeschi sono sempre state emozionanti ed al cardiopalma, con la curiosa caratteristica dell’imbattibilità italiana, organici alla pari o meno, l’Italia ha sempre prevalso. Ora, alla vigilia del quarto di finale degli Europei di Francia, i tifosi dello stivale si aggrappano (anche) alla cabala.

I confronti fra Italia e Germania sono 33, le statistiche dicono che gli azzurri ne hanno vinte 15, i teutonici 8, il resto sono stati pareggi. Nelle gare ufficiali, però, l’Italia non ha mai perso e la Germania è sempre uscita dai confronti con le ossa rotte, a partire dalla prima gara disputata ai mondiali cileni del 1962 e terminata a reti bianche nella fase a gruppi; mentre la seconda, epica e mitica sfida dello stadio Azteca di Città del Messico ai mondiali del 1970: è la famosa semifinale, definita ed eletta poi la partita del secolo; l’Italia di Valcareggi affronta i tedeschi il 17 giugno del 1970 alle ore 16 locali, tarda serata in Europa. La gara è tirata, a tratti noiosa, gli azzurri segnano con Boninsegna nei primi minuti di gioco, poi sembrano poter reggere l’urto tedesco e la Germania non ha la forza di reagire; fino al minuto 91 quando il difensore Schnellinger (conosciuto in Italia per aver indossato le maglie di Milan e Roma) sottomisura realizza l’1-1 che manda le due squadre ai tempi supplementari. Nessuno sa che quei 30 minuti diventeranno leggenda: al 94′ la Germania segna con Muller, 1-2; passano quattro minuti e il roccioso difensore Burgnich sigla il 2-2. 104′: Riva con una bordata dal limite dell’area riporta l’Italia in vantaggio, 3-2, ma sei minuti più tardi un’incomprensione fra Albertosi e Rivera sugli sviluppi di un calcio d’angolo consente a Muller di acciuffare il 3-3. Tutto finito? Neanche per sogno, perchè l’Italia rimette la palla al centro e Rivera da solo si inventa il gol del 4-3 che chiude la questione e porta gli azzurri in finale dove il Brasile dei cinque numeri 10 trionferà per 4-1.

Otto anni dopo, nel 1978 in Argentina, le due squadre si affrontano nel girone semifinale. L’Italia domina ma i tedeschi riescono a non prendere gol; la partita termina con uno 0-0 che si traduce in una eliminazione per i tedeschi campioni in carica (dopo la sconfitta nella successiva partita contro l’Austria) e l’accesso, per l’Italia, alla finale per il terzo posto, che perderà contro il Brasile per 2-1. La Germania cerca la vendetta in Spagna, quattro anni più tardi nella finale dei mondiali del 1982; al Santiago Bernabeu di Madrid il 12 luglio si gioca la finale fra gli azzurri di Bearzot e i tedeschi di Derwall, favoriti per i campioni presenti in squadra, dal portiere Schumacher al difensore Stielike, passando per Breitner, fino ad arrivare a Rummenigge. Il primo tempo è tattico, l’Italia ha l’occasione per passare, ma Cabrini calcia fuori un rigore; nella ripresa, però, gli uomini capitanati da Dino Zoff ingranano la marcia giusta: Paolo Rossi (capocannoniere del torneo con 6 reti) apre le danze, poi Tardelli sigla il 2-0, Altobelli il 3-0, mentre Breitner addolcisce la serata tedesca con il gol della bandiera, anticipo del triplice fischio arbitrale che consegna all’Italia la terza Coppa del Mondo della sua storia. Sei anni dopo, la Germania ospita gli Europei del 1988 e la gara inaugurale del torneo è proprio Germania-Italia, inserite entrambe nel gruppo A. E’ il 10 giugno del 1988 quando a Dusseldorf i tedeschi provano a prevalere sugli italiani per la prima volta nella storia in gare ufficiali; gli azzurri guidati da Azeglio Vicini si presentano al torneo con una rosa giovane ma talentuosissima, partendo da Paolo Maldini fino ad arrivare a Gianluca Vialli e Roberto Mancini, i gemelli del gol che porteranno la Sampdoria a vincere lo scudetto tre anni più tardi. La Germania è la grande favorita del torneo, è una nazionale forte e compatta, per di più gioca in casa; la gara termina però 1-1, segna prima l’Italia con Mancini che esulta mandando palesemente al diavolo Vicini, un gesto che costerà al fantasista di Jesi le future convocazioni in azzurro; dopo pochi minuti pareggia Brehme, terzino tedesco che milita proprio in Italia, nell’Inter. Germania ed Italia superano entrambe il girone di qualificazione, ma escono in semifinale, eliminate rispettivamente da Olanda ed Unione Sovietica, col rammarico tedesco di non aver ancora infranto il taboo Italia. Dopo un’amichevole nel 1992 vinta a Torino dalla nazionale italiana, Germania ed Italia si ritrovano di fronte agli Europei inglesi del 1996, sempre nel girone iniziale. E’ l’ultima gara del raggruppamento, gli azzurri guidati da Arrigo Sacchi devono vincere a tutti i costi, mentre i tedeschi sono già qualificati; è la gara del famoso rigore parato nel primo tempo da Kopke a Zola, la storia di uno 0-0 che estromette l’Italia dal torneo a vantaggio della Repubblica Ceca, l’unica occasione in cui gli azzurri escono con rammarico dalla sfida coi tedeschi, pur se ancora imbattuti.

Ed eccoci alle sfide dell’epoca recente: il 4 luglio 2006 a Dortmund si gioca la semifinale dei mondiali che la Germania sta ospitando e che vuole vincere a tutti i costi. I tedeschi sono guidati in panchina da Jurgen Klinsmann, ex centravanti di Inter e Sampdoria, mentre gli italiani hanno come commissario tecnico Marcello Lippi, reduce dai molteplici successi con la Juventus. Proprio i bianconeri sono stati coinvolti nelle settimane che precedono i mondiali nello scandalo definito Calciopoli o Moggiopoli, che porterà la compagine juventina alla retrocessione d’ufficio in serie B. Ma la nazionale italiana, nonostante inchieste e processi, si compatta intorno a Lippi ed arriva alla semifinale come sfavorita ma non certo come agnello sacrificale. E’ un assedio tedesco, Gianluigi Buffon salta a destra e a sinistra, lo stadio di Dortumd è una bolgia e spinge la Germania verso una finale che non conquisterà, perchè ad una manciata di secondi dai calci di rigore, Pirlo inventa un assist magico per Fabio Grosso che calcia di sinistro, batte Lehmann e porta in vantaggio l’Italia. Lo stadio si gela, Klinsmann ha le mani fra i capelli, la Germania si getta in avanti alla disperata, ma incassa il gol del raddoppio di Del Piero che manda in estasi ed in finale l’Italia, mentre i tedeschi, nonostante l’arroganza del prepartita, si ritrovano di nuovo a fare i conti col loro incubo italiano. Un sogno terribile da cui i teutonici non si svegliano neanche agli Europei di Polonia ed Ucraina del 2012: altra semifinale, il 28 giugno a Varsavia la Germania parte ancora favorita, ma gli azzurri di Prandelli sfoderano una prestazione maestosa, la doppietta di Mario Balotelli schianta la nazionale di Loew già nel primo tempo ed a nulla serve il calcio di rigore di Ozil nel finale, l’Italia vince 2-1 e vola in finale contro la Spagna da cui verrà poi sconfitta per 4-0.

In Francia, oggi 2016, l’Italia tenta l’ennesima impresa nei quarti di finale, opposta sempre alla Germania, la nazionale di Antonio Conte punta la semifinale dopo il brillante 2-0 alla Spagna negli ottavi. Gli azzurri hanno carattere, lo stesso del commissario tecnico pugliese, i tedeschi sono favoriti eccome, hanno un organico superiore e sono i campioni del mondo in carica, puntano alla doppietta Mondiale-Europeo, già conseguita dalla Francia nel biennio 98-2000 e dalla Spagna in quello 2010-2012 con l’aggiunta del trofeo continentale vinto anche nel 2008. La Germania parte avvantaggiata, ma l’incubo dell’invincibile armata azzurra è vivo e fulgido nella mente di ogni tedesco che con ogni probabilità nell’ottavo di finale fra Italia e Spagna ha fatto il tifo per le furie rosse, sperando di non doversi confrontare ancora con l’unica grande nazionale con cui i bianchi alla voce vittorie in confronti ufficiali leggono ancora l’orrido numero zero.

di Marco Milan

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