Family day. La Chiesa scomunichi i gay, ma lasci libero lo Stato

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Dopo le proteste dei cattolici e il Family Day, il ddl Cirinnà alla prova del Parlamento. Sui diritti l’Italia non può più aspettare.

Dopo settimane di acceso dibattito pubblico su unioni di fatto, utero in affitto e step child adoption sono arrivato ad una conclusione. Certo, forse è un po’ dura, diciamo radicale, ma dopo attenta analisi ritengo sia davvero l’unica soluzione percorribile: la Chiesa scomunichi gli omosessuali, le famiglie arcobaleno, le donne disposte a partorire un figlio per altri, gli eterosessuali che decidono di trascorrere una vita insieme senza sposarsi, tutti quelli che vedono di buon occhio le unioni di fatto e chiunque altro ritenga fuori dalla sua morale. Li allontani dalle sue comunità, impedisca loro l’accesso ai suoi luoghi di culto o ai sacramenti. Denunci con forza da ogni pulpito ogni condotta reputi disdicevole.

Di più non può fare. Lo faccia, se crede, ma lasci libero lo Stato di compiere ciò che ritiene giusto per i cittadini, cattolici e non, garantendo uguali diritti per tutti.

Il conte Charles de Montalembert, teorico del cattolicesimo liberale francese, nel suo castello di La-Roche-en-Brenil fece incidere la frase latina: Ecclesia libera in libera patria. Un frase che qualche anno dopo, precisamente il 17 marzo del 1861, venne ripresa e tradotta in Libera Chiesa in libero Stato dal conte Camillo Benso di Cavour, che per pronunciare questa frase non scelse un’occasione qualunque ma la riservò per il suo primo intervento al Parlamento, dopo la proclamazione del Regno d’Italia.

Altro che futuro, la risposta è nel passato. La risposta risale al 1861. L’Italia, 155 anni dopo Cavour e 2016 dopo Cristo, non può più permettere che ad alcuni cittadini vengano riconosciuti meno diritti che ad altri. E la Chiesa, come istituzione, non può permettersi di chiedere all’Italia di girare la faccia dall’altra parte, di continuare a far finta di non vedere questa discriminazione.

Certo, se ritengono un abominio riconoscere come famiglia l’unione d’amore di due persone dello stesso sesso,i cattolici possono protestare, organizzare un Family Day in ogni piazza italiana una volta alla settimana. Ma una mobilitazione, anche di massa, non porta automaticamente alla vittoria.
D’altronde nel passato, anche molto recente, decine di manifestazioni oceaniche hanno perso la loro battaglia. Per questo trovo inutile il consueto balletto sulle cifre dei partecipanti alla manifestazione del Circo Massimo, perché quand’anche in piazza fossero stati davvero in due milioni (cosa di cui personalmente dubito) non farebbe differenza. Un sacco di piazze composte da milioni di cittadini hanno perso.

Più volte dal palco del Family Day, lo scorso sabato, sono partite velate, e spesso neanche tanto, minacce elettorali rivolte a Matteo Renzi. Un grosso striscione recitava: Renzi ci ricorderemo!

State tranquilli, nel corso degli ultimi due anni il Governo di Renzi non ha mai portato avanti un disegno di legge senza consultare i sondaggi. Se il boy scout fiorentino è disposto a fare uno smacco alla Chiesa è perché i sondaggi parlano chiaro. In Italia, ormai, la maggioranza della popolazione ritiene sia venuto il momento di riconoscere a tutti uguali diritti. Il Family Day è nel Paese la minoranza, magari rumorosa, alle volte fastidiosa e arrogante, in alcune occasioni offensiva ma pur sempre minoranza. Questa volta tocca a voi perdere.

(di Pierfrancesco Demilito)

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