Suburra, verità che rischiano di assuefarci

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Mafia, ma non solo. Politica, ma non solo. Corruzione, ma non solo. Queste alcune verità dei nostri tempi a cui non dobbiamo mai, mai assuefarci. Poiché a furia di denunciare questa realtà, si rischia di abituarsi e di smettere di additarla, di riconoscerla, di combatterla. Anche se talvolta la realtà supera la fantasia, o la anticipa. Come nel caso di “Suburra”, tratto dall’omonimo romanzo del 2013 di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, dal 14 ottobre al cinema e sulla piattaforma online Netflix, esclusivamente in America.

I fatti alludono all’inchiesta Mafia capitale e alle vicende che hanno visto al centro delle indagini il boss della malavita romana Massimo Carminati. Ma ridurre “Suburra” a un film sulla mafia sarebbe ingiusto, poiché Roma e la sua decadenza vogliono solo essere un pretesto per raccontare il malcostume che insidia tutti: il politico corrotto, interpretato da Pierfrancesco Favino; il boss che ha in ballo una grande speculazione edilizia sul litorale romano, personificato da Claudio Amendola. E ancora, il criminale “Numero 8”, Alessandro Borghi coinvolto nell’affare e lo “zingaro” Manfredi, Adamo Dionisi, che vuole farne parte. E poi ci sono ci sono le “vittime”: Sebastiano, Elio Germano; la prostituta Sabrina, Giulia Elettra Gorietti, la tossica e passionale Viola, interpretata da Greta Scarano, fidanzata di Numero 8.

Sì perché nel quadro dipinto dal regista, Stafano Sollima, c’è posto solo per i cattivi. I buoni non ci sono o sono coinvolti tanto quanto i corrotti, perché troppo deboli. Acuto il tentativo di mostrare in maniera quasi soffusa l’aspetto più “umano” dei personaggi: il parlamentare che torna dalla sua notte con le prostitute e si affaccia nella camera dei suoi bambini addormentati, la tossica Viola che, nonostante il carattere burbero di Numero 8 lo salva da una sparatoria, e perfino il boss dei boss che accarezza la mamma mentre le porge un pezzo del suo dolce preferito.

Un’opera dove nulla è lasciato al caso, fin dalla scelta dei nomi. “Suburra” nell’antica Roma era il quartiere dove la criminalità e il potere si incontravano segretamente, una sorta di entroterra, di subconscio della società; la Suburra di oggi si è sollevata, grazie all’aiuto degli “inquilini” dei “piani superiori”. Così la malavita è penetrata nei grandi palazzi della politica, nelle stanze affrescate del Vaticano. Suburra oggi è la parte “conscia” del nostro Paese, così conscia che ostenta a tutti la sua intoccabilità servendosi di auto costosissime, di cene lussuose, di prostitute.

Una notte di sesso e droga finita male innesca un effetto domino con conseguenze inevitabili per i protagonisti. I loro destini come fili appesi sembrano pian piano essere riconciliati con sapiente maestria dal regista. Annebbiati dalla droga, che si tratti di cocaina nel senso puro del termine, o che si tratti del desiderio perverso del potere, sono tutti coinvolti in un gioco spietato e finiscono inevitabilmente col lasciarci la pelle, insieme alla dignità. Ma alla fine, uno sprazzo di lucidità condurrà al gesto estremo. Forse l’unico possibile.

Un’esperienza in cui ogni città, ogni essere umano, ogni politico non possono non rispecchiarsi. Un film “di genere”, come è stato definito, che fa pensare. Sicuramente non un’esperienza catartica.

A cadenzare il ritmo spasmodico del “thriller metropolitano”, una scelta di sceneggiatura: il film, infatti, si svolge in un arco temporale di una settimana, dal 5 al 12 novembre 2011, giorno dell’Apocalisse (la caduta del governo Berlusconi). Come se il peggio di quello che è accaduto e che sta accadendo in questi anni in Italia si potesse raccontare in soli 7 giorni!

Sulla sfondo una Roma affogata dalla pioggia scrosciante, lancinante che come una lama tagliente precipita e fa precipitare i suoi protagonisti. Nelle mille pozzanghere che inondano la “caput mundi” chiunque può rispecchiarsi; ma l’immagine restituita sarà distorta, sfuggente, a tratti irriconoscibile, come un quadro surrealista di Dalì o una scomposizione di Picasso. In ogni caso, dopo l’esperienza della corruzione, nessuno può uscire come prima. Nemmeno giorni e notti di pioggia continua potranno lavare le macchie indelebili di un Paese. Il sudicio non riesce a togliersi di dosso.

(di Anna Piscopo)

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