Tagli alla Sanità. E’ scontro tra medici e Governo

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tagli sanitàIl Sistema Sanitario Nazionale è messo a dura prova. È all’esame dei sindacati di categoria il decreto ministeriale con cui il dicastero della Lorenzin intende implementare le misure proposte nella spending review. Il quotidiano La Repubblica denuncia tagli per 10 miliardi su 208 esami diagnostici puntando il dito contro il Governo, accusato di voler privatizzare il sistema universalista. Palazzo Chigi difende la misura sostenendo che non si tratta di tagli lineari e che l’obiettivo del provvedimento è quello di razionalizzare la spesa sanitaria, divenuta ormai insostenibile.

Il decreto è al momento solo una bozza ma le sigle mediche sono già sul piede di guerra e annunciano lo sciopero nazionale. L’idea alla base del provvedimento è quella di passare con il ticket o gratuitamente solo le prestazioni che sono “realmente utili” così come esplicitate nelle varie categorie descritte nel testo normativo, evitando invece la prescrizione di esami diagnostici inutili per il paziente e molto costosi per il sistema nazionale. Sono 208 le prestazioni identificate e spaziano dall’odontoiatria, per altro già piuttosto difficile da ottenere alle attuali condizioni, alla genetica e alla medicina nucleare, per colpire poi duramente Tac, Risonanze, esami allergologici e check-up generali. I medici che prescriveranno accertamenti ritenuti inappropriati, andranno incontro ad una sanzione pecuniaria.

È proprio quest’ultimo il punto che fa infuriare i camici bianchi. “Questo meccanismo rischia di rompere il rapporto tra i medici e i cittadini” commenta Massimo Cozza della Cgil medici. Scendono in campo anche i medici di base, ossia coloro che fanno più prescrizioni: “Così si riduce il ruolo del medico” afferma Silvestro Scotti, della Federazione dei medici di medicina generale. Ma dal Lungotevere provano a giustificarsi spiegando che la ratio del provvedimento non è quella di tagliare l’accesso pubblico alla Sanità, quanto di fare posto all’appropriatezza diagnostica, fare le diagnosi che servono e non quelle che non sono realmente necessarie. E cos’è realmente necessario? Inoltre la sanzione per il medico scatta solo sulla parte accessoria dello stipendio e solo dopo accertamento effettuato in contraddittorio e non dopo un singolo caso di errore. Non una caccia alle streghe.

Va considerato però che l’attuale eccesso di prescrizioni costa allo Stato 13 miliardi. Spesso i medici fanno fare controlli eccessivi, ben oltre lo scrupolo medico, per poter evitare lunghe cause d’inefficienza e anni di andirivieni nei tribunali. Senza contare il giro di soldi e di vite tra medici, ospedali, case di cura e case farmaceutiche. Peraltro il provvedimento è al momento è solo una bozza che, a seguito della modifica dei sindacati, dovrà andare in conferenza Stato-Regioni per poi concludere l’iter in Parlamento. C’è quindi ancora molto spazio di manovra per apporre i cambiamenti del caso. La Lorenzin non è d’altronde nemmeno sicura che le cifre snocciolate siano proprio quelle esatte. Il decreto infatti, coadiuvato dai calcoli del super commissario per la spending review, stima di risparmiare circa 10 miliardi ma nel testo non si menziona alcuna cifra. Parte dei soldi andranno a finanziare il Governo in cerca di coperture per il taglio delle tasse sulla casa, l’altra verrà rimmessa del SSN per le nuove assunzioni. Ma è giusto far pagare ai cittadini meno tasse per poi costringerli ad autofinanziare le cure mediche?

L’espansione della medicina difensiva è avvenuta in contesto culturale condizionato dall’imperativo “di più è meglio” sostiene Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE. “I paesi industrializzati si sono progressivamente ipertrofizzati per offrire un numero sempre maggiore di prestazioni che incrementano la spesa sanitaria e aumentano la soddisfazione dei cittadini senza tuttavia migliorarne lo stato di salute” aggiunge. La Sanità ha iniziato quindi a seguire una logica di mercato in cui si cerca la massima soddisfazione del cliente piuttosto che la sua guarigione e in cui la medicina difensiva è diventata un paracadute per giustificare tutte le inappropriatezze di un sistema che spreca oltre 25 miliardi di euro l’anno (Stime sulla tassonomia degli sprechi in sanità calcolate dalla conferenza nazionale GIMBE e presentate lo scorso marzo). E il maggiore spreco deriva proprio dal sovra-utilizzo di servizi e prestazioni inefficaci e inappropriate.

In un paese in cui la Sanità è la meno finanziata in Europa e il 10% della popolazione dichiara di aver smesso di curarsi perchè non ha i soldi, il contrasto diventa evidente. Soprattutto, razionando le prestazioni, le poche che resteranno gratuite saranno talmente sovraffollate da causare ancor più ritardi e malfunzionamenti cui, solo chi potrà, ovvierà con la sanità privata. Eppure non esistono dati che possano confortare i 33 miliardi spesi annualmente dagli italiani nella Sanità privata: non è infatti dimostrabile che questa sia più efficicace di quella pubblica. Più veloce ma non più efficace. Il giro d’affari delle cure omeopatiche ammonta a 300 milioni di euro mentre aumenta la cosiddetta sanità discount, quella dei coupon che con con 39 euro promettono interventi odontoiatrici e check-up generali. Un boom che ha coinvolto Groupon in un ampio dibattito sulla necessità di avere prestazioni certificate, sicure e affidabili che però nemmeno la Sanità nazionale è in grado di garantire.

La situazione si avvita su se stessa. Non è dunque sbagliata l’idea alla base del decreto ma andranno probabilmente riviste le modalità di esecuzione soprattutto in riferimento ai check up che, da normativa, diventeranno a carico degli utenti invece di essere parte di quel più ampio diritto costituzionale che non una norma, ma un intero sistema malfunzionante, mette a rischio ogni giorno.

(di Emiliana De Santis)

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