Libri – Come ti chiami?

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di Arianna Catti De Gasperi

Il bambino senza nome, di Mark Kurzem, narra appunto dello stesso che ha da poco iniziato la sua vita da ricercatore a Oxford quando suo padre Alex bussa alla sua porta con un segreto da confessare. Frammenti di quel segreto sono nascosti in una logora valigia che custodisce proprio tutti quei segreti che per quasi settant’anni suo padre ha cercato di seppellire. Sta a Mark ora aiutare suo padre a ricostruire la sua storia: un bambino bielorusso ebreo di cinque anni che è scampato allo sterminio della sua famiglia e del suo villaggio, vagando per nove mesi da solo nei boschi, tra la neve e i lupi, ed è stato  catturato da un’unità lettone filonazista per poi essere portato davanti al plotone di esecuzione fino a rivolgere al sottoufficiale che stava per premere il grilletto la domanda che gli salverà la vita: “Puoi darmi un pezzo di pane, prima di spararmi?”. Le SS che decidono di prendere quel bambino biondo dagli occhi cerulei come loro mascotte, per farne un modello di soldato bambino da utilizzare a scopo di propaganda. Ora Alex vuole ritrovare le sue radici, la sua famiglia, il suo passato, il suo vero nome, perché quello con cui è cresciuto, si è sposato, ha generato tre figli, non è che il nome falso che gli diedero su un foglio di via libera.

Innanzitutto bisogna dire che i romanzi biografici – anche se questo proprio romanzo non si può definire – sono un’alta elevata forma d’arte e di generosità nei confronti dei lettori. Infatti, come accade in questo volume, vengono descritti e condivisi pezzi di storia propria con il resto del mondo, anche se non è facile.

Molto bello di questo libro è la novità del punto di vista. Se infatti si parla di ebrei e nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, in genere si discute di olocausto, e campi di concentramento sempre e solo dal punto di vista delle vittime. Qui invece il punto di vista è quello di un piccolo bambino innocente che si ritrova fra le SS per convenienza, anche se ha sempre quella sensazione di non essere come loro, di non essere “puro”.

Infatti,  i pochi ricordi del padre – che aiuteranno a ricostruire il suo passato – sono legati alla memoria di quando aveva solamente 5-9 anni, periodo in cui era stato “adottato” come mascotte da un squadrone della morte filo nazista in Lettonia. La cosa più assurda di tutta questa storia, è che in realtà questo bambino è di origini ebraiche, e viene invece come icona per la propaganda nazista.

L’unica cosa che si può recriminare a questa autobiografia è un pizzico in più di emotività, ma questo è dovuto allo stile di narrazione molto documentaristico – a tratti un po’ piatto. La stessa storia, raccontata in maniera diversa, sarebbe stata a dir poco sconvolgente e strappalacrime.

È una storia tragica, ma è una lettura meravigliosa.

I soldati parlottarono tra di loro per un bel po’; alla fine raggiunsero un accordo. Il sergente Kulis mi fece alzare in piedi, mi puntò un dito sul petto e disse. “Uldis Kurzemnieks”. Mi ordinò di ripeterlo, ma trovavo difficile pronunciarlo. A ogni tentativo i soldati scoppiavano a ridere e si davano grandi pacche sulle spalle. Questo mi mise a mio agio: cominciai a gironzolare attorno al fuoco, canticchiando quelle parole. Fu così che diventai Uldis Kurzemnieks.

Note sull’autore:

Mark Kurzem ha studiato a Melbourne e ha lavorato a Osaka. Oggi vive e insegna a Oxford. Il suo primo libro, Il bambino senza nome, è un best-seller in corso di pubblicazione in dodici paesi.

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