“La marcha del silencio”, 400 mila ricordano Nisman

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628x471Un classico acquazzone estivo bagna Plaza de Mayo e i suoi 400 mila manifestanti. Siamo a febbraio ma a Buenos Aires è piena estate. Un mese fa, il 19 gennaio, Alberto Nisman viene trovato morto nel suo appartamento di Puerto Madero, quel quartiere porteño diviso dall’oceano solo dalla Reserva Ecológica Costanera Sur, costeggiato dallo sconfinato verde del Parque mujeres argentinas.

Questa settimana gli argentini hanno deciso di ricordare i 30 giorni passati dal ritrovamento del suo cadavere con una marcia silenziosa, la marcha del silencio. Il maltempo ha fatto scomparire i cartelloni e tirar fuori gli ombrelli e il lungo corteo, sotto la pioggia battente, ha annunciato il suo arrivo con una scritta bianca su una lunga bandiera nera: “18-F omaggio a Nisman”.

Il popolo argentino non sembra voler abbandonare il procuratore federale e la sfilata ha avuto dei precisi antagonisti. Christina Kirchner e il suo governo hanno deciso di non prendere parte alla manifestazione, che ha visto invece sfilare il giudice Sandra Arroyo Delgado, ex-moglie di Nisman e le sue figlie di 15 e 7 anni. La famiglia di Nisman non ha ancora ricevuto dal governo nessun messaggio di cordoglio ufficiale, né un informale messaggio di solidarietà o vicinanza.

La morte di Nisman. La mattina del 18 luglio 1994 un furgone carico di tritolo viene fatto esplodere nel parcheggio seminterrato dell’edificio dell’Associazione Mutualità Israelita Argentina, a Buenos Aires. Lo stabile crolla, uccide 85 persone e ne ferisce almeno 200. Il 19 gennaio 2015 il procuratore federale argentino Alberto Nisman, che da anni indagava sulla strage del centro ebraico, viene trovato morto nel suo appartamento, ucciso da un colpo di pistola alla tempia. Nessuna responsabilità accreditata, la pistola rinvenuta vicino al suo cadavere non ha ancora aiutato a chiarire se si sia trattato di suicidio, suicidio indotto o omicidio.

Le uniche certezze sono i fatti antecedenti al suo decesso. La settimana precedente Nisman aveva accusato la presidente, il ministro degli Esteri e altri funzionari dell’esecutivo, di aver dato vita al complotto che ha condotto alla messa a tacere dell’indagine che avrebbe dovuto appurare la partecipazione dell’Iran agli attentati antisemiti argentini del ’94. L’inchiesta di Nisman parrebbe accertare la richiesta che la Kirchner fece al suo ministro degli Esteri Hector Timerman e ad altri dirigenti, di individuare delle forme di immunità per alcuni soggetti di origini iraniane sospettati per l’attentato. Il piano puntava al miglioramento dei rapporti diplomatici e commerciali tra Argentina e Iran, per ottenere forniture di petrolio a dei prezzi più favorevoli, attenuando in tal modo la crisi energetica del paese sudamericano.

Le prove di Nisman si fondano su numerose intercettazioni telefoniche registrate negli ultimi due anni che vedono protagonisti alti funzionari governativi e altri individui piuttosto vicini alla presidente, tra queste risulterebbe esserci anche Mohsen Rabbani, iraniano e membro attivo dell’ambasciata a Buenos Aires, tra i sospettati per l’attacco all’Amia di vent’anni fa. La Kirchner non compare mai tra i protagonisti delle conversazioni.

Il pomeriggio del 19 gennaio Nisman avrebbe dovuto presentare gli incartamenti della sua inchiesta in un’audizione in Parlamento.

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