Lo Sblocca-Energia cambierà il volto della Basilicata

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L’ iter di stesura del decreto Sblocca-Italia, non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ma anticipato e commentato nelle apposite “arene”, è tuttora costellato da aspre critiche. Critiche, che probabilmente si tradurranno in un ottobre più o meno caldo a seconda delle opposizioni che potrebbe incontrare ad esempio in Basilicata. Tra i dieci “capitoletti” che compongono lo sblocca-Italia, c’è infatti il famigerato “Sblocca Energia” dedicato allo sviluppo delle risorse geotermiche, petrolifere e di gas naturale che prevede nuovi investimenti (privati nazionali e internazionali) per oltre 17 miliardi di euro, che si tradurrebbero in risparmio sulla bolletta energetica e ritorno occupazionale.

Ed ecco che con Renzi torna la famosa accoppiata petrolio-occupazione. La Basilicata sembra insomma di rivivere la favola di almeno trent’ anni fa, quando in questa regione- che puntualmente si contende con Calabria e Sicilia il primato di area più povera d’Italia- si raccontava che il petrolio avrebbe dato ricchezza e respiro alla popolazione: più infrastrutture, più servizi, posti di lavoro. Tutte promesse disattese confermate tra l’altro proprio negli ultimi dati del “Local report 2013” in cui l’Eni dichiara che in Basilicata il numero di occupati nel settore petrolifero sono 2881 tra cui: 348 occupati diretti ma di cui soltanto 206 lucani, e 2533 lavoratori nella catena di fornitura di beni e servizi o nell’ indotto, di cui solo 1077 lucani.

SBLOCCA-ENERGIA. COSA CAMBIA PER LA BASILICATA. E’ noto che Renzi voglia accentrare le competenze in materia energetica in accordo con la Strategia energetica Nazionale e già il capitoletto dello Sblocca-Energia sembra anticipare le modifiche al Titolo V della Costituzione. Nel caso di nuove istanze di permesso (di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi) sarebbe proprio il governo centrale a rilasciare le valutazioni d’ impatto ambientale e quindi a dare il via a nuove attività petrolifere sul territorio lucano con la pertinenza della generica intesa con le amministrazioni locali. Il titolo concessorio unico di prospezione, ricerca e coltivazione (che probabilmente sarà esteso a 30 anni rispetto ai 20 anni dell’attuale normativa) sarà rilasciato dal ministero dell’Ambiente d’intesa con il ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Stando al testo licenziato dal Consiglio dei Ministri tutto ciò rispetterebbe il “principio di leale collaborazione con i diversi livelli territoriali, nonché del principio costituzionale di tutela dell’ambiente”. Ma di collaborazione con i diversi livelli territoriali se n’è vista poca o niente considerando che: gli incontri ufficiali non hanno portato al risultato sperato, sono state eluse tutte le richieste del governatore e della giunta regionale, il dibattito si è svolto sui giornali e sui social media tra lettere e cinguettii piuttosto che attorno a tavoli di concertazione con le varie rappresentanze.

CHI C’E’ DIETRO ALLA MANOVRA DI RENZI. Dietro la linea dello sblocca-energia, chiarisce il Sole24 ore, c’è un grosso lavoro condotto da Assomineraria, l’associazione delle compagnie petrolifere. L’associazione è, in sostanza, quella che afferma come agricoltura, pesca e turismo siano attività perfettamente compatibili con l’estrazione petrolifera.

IL PETROLIO CON RENZI. Rispetto a trent’ anni fa parlare oggi della famosa coppia, petrolio-occupazione, in Basilicata non sortisce lo stesso effetto. I lucani hanno preso coscienza delle estrazioni petrolifere e delle reali ricadute: inquinamento delle falde acquifere, aumento dei tumori, intere coltivazioni e allevamenti distrutti, disoccupazione ed emigrazione.

Ecco perché le parole di Renzi sulla necessità di raddoppiare le estrazioni petrolifere in Basilicata e il contenuto del capitolo sblocca-energia, irritano alquanto la classe politica e i cittadini lucani. A più riprese il premier ha ribadito la sua volontà di tirare dritto, bypassando le regioni e gli ambientalisti, appellati “quattro comitatini”. Irrita l’ ultima dichiarazione tuonata dall’alto dell’Italia: “Io la norma per tirar su il petrolio la faccio, anzi l’ho fatta. Potrò perdere qualche voto, ma lo tireremo fuori”.

Per Renzi insomma i lucani sarebbero solo quattro voti di cui fare volentieri a meno. Voti che in realtà perderebbe per il suo modus operandi, per la continua dilazione dei tempi che si autoimpone con pompose trovate mediatiche, per il suo progetto politico ormai sempre più chiaro. E’ evidente infatti che se Renzi fosse davvero l’autore del cambiamento, punterebbe su energie rinnovabili e invece cede alle lobby petrolifere confermando d’altronde lo sguardo lungimirante con cui i governi hanno da sempre guardato alla Basilicata, e cioè una terra di trivelle. Ciò spiegherebbe anche il motivo per cui il premier abbia deciso di escludere dal tour nel mezzogiorno proprio la tappa lucana.

COSA CHIEDE LA REGIONE BASILICATA. Il Presidente della Regione Basilicata ha confidato tutte le sue perplessità in una lettera in cui elenca la situazione economica della regione, sull’orlo del baratro e strozzata proprio dal Patto di Stabilità Interno che “impedisce alla Regione Basilicata di spendere pur avendo in cassa i soldi necessari a saldare i debiti contratti”. La Basilicata con ”una provocazione legislativa’”  ha chiesto al Governo nazionale di svincolare dal Patto di Stabilità tutte le risorse rinvenienti dalle royalties.

COSA HA REALMENTE OTTENUTO. Resteranno fuori dal Patto di stabilità interno i proventi delle compensazioni derivanti dalla produzione aggiuntiva e quindi “nel limite delle aliquote di prodotto relative alle produzioni incrementali rispetto all’anno corrente”, ma solo per i prossimi tre anni, dal 2015 al 2017 e solo per le Regioni e non per i Comuni.

Sembra abbastanza? Per ora la soluzione del governatore sembra spostarsi sul dato meramente economico senza guardare alle ripercussioni in termini di tutela della salute e dell’ambiente. La Basilicata sarebbe di nuovo svenduta in nome della “pubblica utilità” . Secondo l’assessore all’ambiente Berlinguer la Basilicata può fronteggiare le attività petrolifere solo con l’implementazione degli strumenti di controllo ambientale. Parole che lasciano il tempo che trovano in una terra come Viggiano ad esempio, cui centro abitato dista a meno di un km dal Centro Oli (dove confluisce il greggio estratto dall’Eni in Val d’Agri) e dove si registrano frequenti malfunzionamenti che generano una costante paura nella popolazione locale.

Da un punto di vista prettamente politico la partita non sembra ancora chiusa e qualcuno spera in un lavoro di pressing dei parlamentari lucani che in questo momento, escludendo qualche battuta, lascia molto a desiderare. Sono diversi i sindaci della regione che stanno scrivendo a Renzi chiedendo provocatoriamente al premier di prendersi la responsabilità politica e morale qualora si dovessero verificare dei gravi incidenti connessi con le attività petrolifere.

Le perplessità sono all’ordine del giorno dalle varie correnti di maggioranza e opposizione della Giunta Regionale passando per i Radicali e fino alle varie associazioni ambientaliste come Legambiente, dalla Cia (Confederazione Italiana Agricoltori della Basilicata) all’Inu (Istituto Nazionale di Urbanistica nonché associazione di protezione ambientale).

I toni arroganti del premier non rendono giustizia a questa terra martoriata tantomeno alla dignità dei lucani che-rispondendo all’invito del governatore Pittella (lanciato a radio24 durante la trasmissione “effetto giorno”)- si dicono pronti ad una nuova Scanzano, le 15 giornate di protesta civile sono un vivido ricordo nella mente dei lucani che nel 2003 si ribellarono al progetto di un deposito di scorie nucleari.

(di Lucia Varasano)

Foto da SaveMarGrande

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One thought on “Lo Sblocca-Energia cambierà il volto della Basilicata

  1. noi come lucani dovremmo chiedere le dimissioni di tutti i parlamentari lucani perchè evidentemente incapaci di tutelare le istanze dei loro elettori

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