“La ragazza con l’orecchino di perla” in mostra a Bologna

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di Laura Guadalupi

L’emblema della pittura olandese del Seicento ha un volto e un nome: La ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer, uno dei quadri più amati di sempre e, per estensione, simbolo della storia dell’arte. Il luogo in cui ammirare l’opera da qualche tempo non è più il Museo Mauritshuis dell’Aia, che tradizionalmente la custodiva, ma è diventato il Palazzo Fava di Bologna, dall’ 8 febbraio al 25 maggio sede della mostra “La ragazza con l’orecchino di perla. Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis”.

La città delle Due Torri è l’unica tappa europea di un tour mondiale che, a causa della momentanea chiusura per lavori di restauro e ampliamento del Mauritshuis, ha toccato nell’ultimo anno e mezzo Giappone e Stati Uniti. La prossima estate il museo olandese riaprirà i battenti e il dipinto di Vermeer tornerà al suo posto, così come le altre opere con cui ha viaggiato per il mondo. A Bologna la mostra non è solo un evento incentrato su La ragazza con l’orecchino di perla, che attende i visitatori alla fine del percorso, in una grande sala dove regna indisturbata. Nelle parole di Marco Goldin, uno dei curatori, ciò che rende l’esposizione bolognese parzialmente diversa rispetto a quelle che l’hanno preceduta in Giappone e negli Stati Uniti è una sorta di unicum tra i dipinti esposti, circa una quarantina, che raccontano l’intero XVII secolo in Olanda, quella famosa età dell’oro, la Golden Age, di cui parla il sottotitolo. Oltre alla celebre fanciulla c’è un secondo quadro di Vermeer, Diana e le sue ninfe, risalente a inizio carriera e per molto tempo attribuito a un altro artista. Vi sono poi quattro Rembrandt, insieme ai capolavori di altri protagonisti di un’epoca artisticamente florida, da Hals a Ter Borch, da Claesz a Van Goyen, da Van Honthorst a Hobbema, da Van Ruisdael a Steen.

Il Seicento olandese viene quindi ripercorso e suddiviso in cinque sezioni tematiche. La prima riguarda la storia del Mauritshuis, nel ‘600 dimora di Johan Maurits, conte di Nassau-Siegen, e nel 1822 divenuta museo statale. Nella seconda sezione troviamo opere a sfondo paesaggistico, dai boschi con casolari alle città, dai prati da pascolo fino alle estese marine come Veduta del Reno vicino a Hochelten, di Jan van Goyen, famoso per aver dipinto i cieli sconfinati e le terre palustri d’Olanda. La ritrattistica costituisce il terzo gruppo tematico, forse il più noto al grande pubblico. Menzioniamo, ad esempio, Ritratto di Jacob Olycan e Ritratto di Aletta Hanemans, ovvero marito e moglie, entrambi raffigurati con dovizia di particolari da Frans Hals.
Fanno seguito le scene d’interni, dove è ampia la varietà dei soggetti trattati, colti nella loro quotidianità in un appartamento lussuoso come in un’osteria. Molte scene rimandano a un significato più profondo. È il caso del Canto di lode di Simeone di Rembrandt, dall’esplicito contenuto religioso. Infine, c’è la sezione sulle nature morte, con le classiche composizioni di frutta, ma anche la rappresentazione di tavole imbandite, utensili da cucina e volatili, tra cui spicca, più vivo che mai, Il cardellino di Carel Fabritius.

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