Andreotti, muore l’uomo simbolo della Prima Repubblica

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di Linda Ciriaci

“Ho visto nascere la Prima Repubblica, e forse anche la Seconda. Mi auguro di vedere la Terza”… il suo desiderio è stato esaudito.

Giulio Andreotti è morto il 6 maggio alle 12:25, nella sua abitazione romana, alla veneranda età di 94 anni. Era stato ricoverato il 3 maggio dello scorso anno al Policlinico Gemelli di Roma per una crisi respiratoria, anche se da allora le sue condizioni erano migliorate non si era mai ripreso completamente.

E’ nato a Roma il 14 gennaio del 1919. “Quell’anno sono nati il Ppi di Sturzo, il fascismo ed io. Di tutti e tre sono rimasto solo io”.

E’ rimasto orfano molto presto ed è cresciuto in collegio.

E’ stato sposato per oltre sessant’anni con la stessa donna, Livia Danese, detta la “marescialla” per l’educazione rigida impartita alla prole. Dal loro matrimonio sono nati quattro figli: Lamberto, Stefano, Marilena e Serena. E’ stato certamente il protagonista più longevo della storia politica ed istituzionale del nostro paese con una carriera senza precedenti.

Il suo cursus honorum è più che nutrito. Era un esponente di governo e tale è rimasto per sempre: da quando Alcide De Gasperi – d’accordo con Pio XII – lo nominò sottosegretario a 27 anni, nel 1946, a quando guidò l’ultimo governo della Prima Repubblica, dal 1989 al 1992.

In realtà, nel finire degli anni 30 del secolo scorso, la politica sembrava non interessarlo. Sarebbe stato proprio De Gasperi, allora impegnato nella biblioteca vaticana – ma che già pensava al dopo fascismo – a spronarlo. Gli sembrava incredibile che l’allora dirigente fucino (Fuci: Federazione Universitaria Cattolica Italiana) si impegnasse in una tesi sulla marina pontificia. “Ma lei non ha molto di meglio da leggere o da fare?”. Da lì la sua ascesa fu sorprendente e senza paragoni. Presidente del Consiglio 7 volte. La prima volta  nel 1972 (il governo più breve della storia della Repubblica: durò solamente 9 giorni). Fu 8 volte ministro della difesa, 5 volte ministro degli Esteri, 3 volte ministro delle Partecipazioni statali, 2 volte ministro delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria, una volta ministro del Tesoro, dell’interno (il più giovane della storia Repubblicana), ministro dei Beni culturali e ministro delle Politiche comunitarie e senatore a vita – nominato da Francesco Cossiga nel 1991.

Fu molto meno uomo di partito, anche se è stato tra gli uomini più importanti della Democrazia Cristiana. Pur giocando un ruolo, talvolta determinante, nella vita della Dc, Andreotti non ha mai puntato alla segreteria di partito. In più occasioni ha fatto valere il peso della sua corrente, forte soprattutto in alcune regioni come la Sicilia, con alleanze e scelte discutibili di uomini che sono stati in parte all’origine delle sue disavventure giudiziarie.

Nel 1993 si apre per Andreotti un decennio di guai giudiziari. Dal processo per mafia a quello per l’assassinio di Mino Pecorelli avvenuto il 20 marzo del 1979. Secondo i magistrati, Andreotti commissionò l’uccisione del giornalista direttore del giornale Osservatorio Politico. Venne assolto dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio di quest’ultimo. E’ stato assolto per non aver commesso il reato di associazione mafiosa a partire dal 1982, ma è stato dichiarato prescritto il reato di associazione per delinquere semplice (l’associazione mafiosa non esisteva ancora nel codice penale) commesso almeno fino al 1980.

Non sono pronto. Spero di morire il più tardi possibile. Ma se dovessi morire tra un minuto, so che non sarei chiamato a rispondere né di Pecorelli, né della mafia. Di altre cose si, ma su questo ho le carte in regola”.

Dopo quasi un secolo di vita, l’uomo dalle mille sfaccettature ci lascia. Se ne va mantenendo quella riservatezza e quella sobrietà che lo hanno contraddistinto nella vita.

Niente camera ardente al Senato ma nella sua amatissima casa-studio di Corso Vittorio Emanuele 326. Niente funerali di Stato bensì un cerimonia ristretta nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini a Roma, a pochi passi dalla sua abitazione, la sua chiesa.

“cosa vorrei fosse scritto sulla mia tomba? La data i nascita e la data di morte. Punto. Tutte la parole scritte sulle lapidi sono tutte uguali. Uno le legge e pensa: bene, ma se erano tutti così buoni, dov’è il cimitero per i cattivi ragazzi?”

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