In migliaia in piazza per ribellarsi all’attentato di Brindisi

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di Chiara Baldi

La tragedia di Brindisi ha scosso l’Italia portandone in piazza i cittadini. Nel tardo pomeriggio di sabato, infatti, l’associazione DaSud, impegnata contro le mafie, ha organizzato un presidio contro tutti i terrorismi e ha da subito avuto l’appoggio di oltre trecento associazioni (tra cui Libera, Movimento Agende Rosse di Borsellino, Comitato “Se non ora, quando?” e varie associazioni studentesche) e di molti partiti politici (Pd, Federazione della Sinistra, Psi, Sel), ha radunato migliaia di cittadini. Sul palco allestito a Roma al Pantheon, si sono avvicendati studenti, rappresentanti delle associazioni e cittadini comuni a chiedere i nomi dei colpevoli. Nelle prime ore dopo l’attentato, infatti, la pista più dibattuta, non solo dagli inquirenti ma soprattutto dall’opinione pubblica, è stata quella della matrice mafiosa e come sappiamo in Italia si è molto sensibili su questo tema, tanto che molti slogan e manifesti riecheggiavano quelli del dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino.

Sabato in piazza si respirava un’aria densa di rabbia ed indignazione. Tutti, sia chi saliva sul palco, sia chi ascoltava dalla piazza, chiedevano giustizia per Melissa e Veronica. «Al di là di chi sia stato, non ce la facciamo più a sentire notizie di questo tipo. Non dobbiamo rimanere solo oggi in piazza, non ci basta più! Da domani dobbiamo continuare a portare avanti la bandiera della legalità e della libertà!», ha gridato una studentessa, a cui ha fatto eco un rappresentante delle Agende Rosse di Borsellino, il quale ha definito l’attentato un «attacco deliberato in un periodo particolare», precisando di non sapere che nome dare a quello che è successo ma che di certo «l’Italia si deve ribellare!».

Ma che l’ipotesi mafiosa sia stata quella più dibattuta soprattutto nelle prime ore dall’attentato lo confermano anche i tanti interventi di rappresentanti di associazioni in prima linea nella lotta alla mafia. Ad esempio, quello di Danilo Chirico, giornalista coordinatore del Nuovo Paese Sera e fondatore dell’Associazione DaSud Onlus: «non lo so se sono stati i mafiosi, ma in questo Paese noi dobbiamo rivendicare la libertà. Ci sono tante coincidenze in questa storia e, anche se non possiamo dire con certezza che sia stata la mafia, possiamo dire che ce ne occupiamo troppo poco. C’è una parte delle istituzioni che fa affari con la mafia! Io, calabrese, vi chiedo di stare vicino al Mezzogiorno, alla Calabria, alla Sicilia ma non dimentichiamoci che anche Roma è in pericolo!». A sottolineare ancora il rapporto malato tra Stato e mafia è stato poi Gianni Rossi di Articolo 21, il quale ha chiesto di «illuminare la situazione ma di non perdere di vista l’intreccio tra politica deviata e mafia».

Galleria fotografica a cura di Valentina Verdini.

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