Insicurezza sociale ed economica: l’agenda dei media e dei cittadini

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di Elena Angiargiu

I RELATORI – Il dibattito, trasmesso da Radio Radicale, è stato introdotto da Pierluigi Stefanini, presidente della Fondazione Unipolis e di Unipol, che in apertura ha dato lettura di un messaggio del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ilvo Diamanti, direttore scientifico di Demos e docente all’Università di Urbino, ha commentato i principali risultati del Rapporto illustrati dal direttore dell’Osservatorio di Pavia, Antonio Nizzoli e dal ricercatore di Demos, Fabio Bordignon. Sono intervenuti: Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, Laura Pennacchi della Fondazione Basso, Guglielmo Epifani, presidente dell’Associazione Bruno Trentin, Marco Tarquinio, direttore di Avvenire e Carlo Cimbri, amministratore delegato di Unipol.

Crisi economica, disoccupazione e pessimismo per il futuro in testa alle preoccupazioni dei cittadini, ma al centro dell’attenzione dei notiziari televisivi c’è la narrazione dei fatti criminali. Si conferma il divario tra percezione sociale e rappresentazione mediatica, in Italia molto di più che nel resto d’Europa. È quanto emerge, in sintesi, dal V Rapporto sulla Sicurezza in Italia e in Europa, realizzato da Fondazione Unipolis in collaborazione con Demos & Pi e Osservatorio di Pavia e presentato l’8 marzo alla Camera dei deputati.

PERCEZIONE SOCIALE E INFORMAZIONE TELEVISIVA – In Italia, come in Europa, è l’economia la principale priorità dei cittadini. Primo motore dell’insicurezza, la crisi economica produce disuguaglianze (l’Italia “di chi ha poco” e l’Italia “di chi ha molto”) e prefigura per i giovani un futuro peggiore rispetto alle generazioni adulte (85% degli italiani) stando alle rilevazioni Demos presentate da Bordignon.

Prosegue l’anomalia italiana nel campo dell’informazione televisiva, con differenze sostanziali nell’agenda dei telegiornali. Come ha sottolineato Nizzoli, mentre la crisi economica è al centro dei principali notiziari europei fin da gennaio 2011, il Tg1 ne parla soltanto da luglio. Intanto, i notiziari italiani “serializzano” la criminalità dando in media 3 notizie al giorno (Studio Aperto 1717 vs Tg3 272) e tralasciano la crisi, con poche eccezioni (Studio Aperto 147 vs Tg3 634).

CRISI ECONOMICA E INSICUREZZA SOCIALE – L’insicurezza torna dentro i “confini sociali”, come un tempo. È questo il filo conduttore dell’intervento di Ilvo Diamanti, che ha individuato nel “riallineamento della percezione della realtà” la novità più rilevante della quinta edizione del Rapporto sulla sicurezza. In un’epoca di “insicurezza ontologica”, per dirla con le parole di Bauman, la sicurezza non è più legata all’incolumità personale, ma al lavoro e all’andamento dei mercati. Da un lato, un’insicurezza “senza identità”, perciò ancor più incomprensibile, dall’altro un’informazione “attratta dal fatto criminale” che, per inseguire l’audience, si accorge tardi della crisi e concorre ad alimentare il senso di “insicurezza assoluta”.

INSICUREZZA E VULNERABILITÀ – La ricetta di Giovannini per superare la vulnerabilità consiste in “una narrativa a medio-lungo termine che offra un benessere equo e sostenibile” con i beni relazionali al centro di un nuovo progetto di sviluppo. La “risposta” europea alla crisi, basata su un’ “ortodossia monetaria restrittiva deflazionistica” si sta rivelando inadeguata per superare l’insicurezza ontologica, ha sottolineato Pennacchi, al contrario delle politiche di Obama negli Usa. Secondo Tarquinio, una delle radici della crisi e dell’insicurezza risiede nell’affievolimento di relazioni sociali forti, in primo luogo all’interno della famiglia. Alla stampa, cui riconosce un ruolo educativo, il compito di raccontare la realtà italiana con particolare attenzione ai valori della solidarietà e della relazionalità.

ECONOMIA E DISUGUAGLIANZE – Epifani, riallacciandosi all’intervento di Bordignon sulle “due Italie”, invita ad una riflessione sulle dimensioni della crisi e sulla bassa produttività del nostro Paese, attribuendo grandi responsabilità alla classe dirigente e ribadendo la necessità di un’analisi condivisa sull’origine dei problemi, per individuare le cause della crisi ed impedire che l’insicurezza si trasformi in rabbia sociale. Portando come esempio le disuguaglianze strutturali del sistema produttivo italiano sul piano degli investimenti, Cimbri ha invocato la “consapevolezza” come antidoto alla rassegnazione e al contempo come risposta alla crescita del Paese grazie ad una politica industriale che possa assicurare un futuro ai giovani e alle imprese.

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