Amarcord: la prima volta del Lecce in serie A

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Il Lecce è ormai da decenni una presenza importante e consacrata della serie A, non fissa ma quasi costante se si eccettuano i difficili primi anni duemiladieci con la caduta in serie C e la difficile risalita. Forse non molti sanno, però, che fino alla metà degli anni ottanta, i salentini non avevano mai varcato i confini della serie B, salendo in A per la prima volta nel 1985. Andiamo a rivivere, allora, quel primo storico anno in massima serie dei giallorossi.

E’ il pomeriggio di domenica 16 giugno 1985 quando il Lecce, pareggiando per 1-1 sul campo del Monza, festeggia per la prima volta l’approdo in serie A. E’ passato all’incirca un mese dallo storico ed irripetibile scudetto del Verona e l’Italia celebra un altro fatto raro, ovvero iscrive il nome del Lecce al massimo campionato. E dire che l’annata per la squadra allenata da Eugenio Fascetti era cominciata sotto i peggiori auspici: tifosi delusi da una campagna acquisti a loro dire insufficiente, appena 500 abbonamenti sottoscritti e scetticismo dilagante dopo che il Lecce, nel campionato 83-84, aveva sfiorato la promozione, svanita solo nelle battute finali e dopo il clamoroso 0-5 patito a Padova. Invece, forse anche grazie ad una pressione non eccessiva della piazza, i salentini partono alla grande, hanno una lieve flessione in inverno, poi innestano la marcia giusta per centrare nelle ultime giornate una promozione storica e meritata, col primo posto a quota 50 punti condiviso con il Pisa. E’ festa grande in tutta la città, il traguardo è enorme e insperato, il presidente Franco Jurlano promette impegno massimo per onorare la serie A.

In estate arrivano gli argentini Barbas e Pasculli che diventeranno per anni idoli della tifoseria, mentre in panchina viene confermato Eugenio Fascetti. Quando escono i calendari del campionato, ecco il primo sussulto: il Lecce esordirà in casa del Verona al cospetto dei campioni d’Italia in carica. In fondo, pensano nel Salento, abbiamo tutto da guadagnare: intanto ci guarderanno tutti perché alla partita d’esordio dei campioni in carica prestano tutti più attenzione, e poi cosa può accadere di peggio che perdere a Verona? Nulla. Domenica 8 settembre 1985 al Bentegodi scendono in campo Verona e Lecce, è il debutto assoluto dei giallorossi in serie A, ma non sembra, perché la squadra di Fascetti si muove bene, è sicura di sé e rende difficile la vita ad un Verona molto forte e che si schiera per la prima volta con il tricolore sulla maglia. Al 25′ i veronesi passano in vantaggio col danese Elkjaer e la gara sembra mettersi in discesa per gli scaligeri; ad inizio ripresa, però, il Lecce pareggia col terzino Salvatore Nobile e per il Verona è tutto da rifare. Ci pensa Antonio Di Gennaro a riportare avanti i gialloblu al 63′, ma dieci minuti più tardi ecco il 2-2 definitivo di Ricardo Paciocco, centravanti venezuelano un po’ matto ma talentuoso, uno che a Reggio Calabria qualche anno dopo batterà un rigore con la rabona.

Il Lecce esce da Verona con un punto che fa sia classifica che morale e si prepara ad andare a San Siro una settimana più tardi per affrontare il Milan che non è ancora quello di Berlusconi che conquisterà il mondo, ma è in ogni caso una grande squadra. Anche in questo caso, comunque, il Lecce vende cara la pelle ed esce sconfitto solo per 1-0, rete del solito Virdis. La squadra salentina sembra ben registrata in campo, guidata da una vecchia volpe come Franco Causio che, dopo i fasti juventini, ha deciso di chiudere la carriera nella sua città natale ed esserne il regista al debutto in serie A. A Lecce attendono la prima storica vittoria in massima serie che tarda, però, ad arrivare: terza giornata, 0-0 col Torino, Paciocco fallisce il rigore della vittoria, quarta, sconfitta per 3-1 a Firenze, alla quinta i giallorossi bloccano sullo 0-0 il Napoli di Maradona, alla sesta perdono 3-1 a Bergamo, alla settima 1-0 al Via del Mare contro l’Inter, poi all’ottava, il 27 ottobre, cadono per 2-0 nel derby di Bari suscitando i primi mugugni della tifoseria, un po’ perché coi biancorossi c’è estrema rivalità e un po’ per l’ultimo posto in classifica e quel successo che ancora non arriva. Scende in campo il presidente Jurlano che rassicura la gente e la invita a stare vicina alla squadra: “La serie A è difficile per noi, ma ce la metteremo tutta“.

Saranno forse queste parole di incoraggiamento, ma la domenica successiva il Lecce batte per 2-0 l’Udinese (reti di Barbas e Paciocco) e conquista la tanto sospirata prima vittoria in serie A, è il 3 novembre 1985. Rimarrà l’unica del girone d’andata che i salentini chiudono con 4 sconfitte di fila, fra cui due pesanti negli scontri diretti di Pisa (0-3) e del Via del Mare col Como (1-4), ma soprattutto con appena 6 punti in classifica e l’ultimo posto a ben 5 lunghezze di distanza dalla zona salvezza. L’impresa, insomma, appare complessa, anche se la squadra di Fascetti è viva e nella prima giornata del girone di ritorno supera in casa per 1-0 il Verona grazie ad un gol di Pasculli nel primo tempo. Sembra la svolta, ma i pugliesi perdono le successive due sfide contro Milan e Torino prima di battere 2-1 la Fiorentina. E’ un momento di speranza per il Lecce che perde puntualmente in trasferta ma inizia a vincere in casa battendo pure l’Atalanta e pareggiando nel derby di ritorno contro il Bari con Pasculli che a 4′ dalla fine acciuffa i biancorossi in vantaggio con Piraccini. E’ troppo tardi, però, il campionato a 16 squadre non consente rimonte clamorose e il Lecce dimostra in ogni caso di non essere in grado di compierne neanche una meno roboante.

La sconfitta del 23 maggio ad Avellino (2-0) sancisce l’aritmetica retrocessione dei salentini in serie B dopo un solo anno nella massima serie, un risultato forse messo in conto dalla società, vista l’inesperienza, ma in ogni caso motivo di malumore e sofferenza per la tifoseria. L’impressione è che ormai il Lecce abbia poco da dire nelle ultime 4 giornate, ma i giallorossi, liberi di testa e di gambe dopo l’amaro verdetto, pareggiano a Pisa e, soprattutto, si rendono protagonisti della clamorosa beffa dello stadio Olimpico ai danni della Roma il 20 aprile 1986: è la penultima giornata, la Roma ha rimontato la Juventus agganciandola in testa alla classifica e si prepara allo spareggio avendo davanti due gare abbordabili contro Lecce e Como. Ma proprio Roma-Lecce diventerà l’incubo che ancora oggi tormenta le notti dei tifosi romanisti: avanti con Graziani dopo 5 minuti, infatti, gli uomini di Liedholm si preparano alla goleada contro i già retrocessi salentini, ma il suicidio è dietro l’angolo, la squadra romana cala ritmo, intensità e concentrazione, il Lecce tira fuori l’orgoglio e si porta clamorosamente sul 3-1 grazie alla rete di Alberto Di Chiara e alla doppietta di Barbas; la rete di Pruzzo nel finale non cambia le sorti di un incontro ancora leggendario e che consegna, di fatto, lo scudetto alla Juventus, diventato certezza una settimana più tardi quando i bianconeri vinceranno proprio a Lecce per 3-2.

E così, domenica 27 aprile 1986 si chiude la prima avventura del Lecce in serie A, una retrocessione forse annunciata già ad inizio stagione, un campionato che servirà ai salentini per capire la categoria, tornarci nel 1988 e diventare poi una presenza costante e rilevante con l’ottavo posto nell’88-89 e tanti buoni campionati a cavallo tra la fine degli anni novanta e l’inizio dei duemila. Quella stagione 85-86, dunque, sfortunata e tutto sommato mediocre, resta indelebile e indimenticabile per tutti i leccesi che per la prima volta nella loro vita hanno toccato il Paradiso con una mano.

di Marco Milan

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