Amarcord: l’Inter di Tardelli fra contestazioni e umiliazioni

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Si dice che per Massimo Moratti i grandi successi nazionali ed internazionali della seconda parte degli anni duemila abbiano lenito solo in parte le delusioni degli anni novanta, quando l’Inter partiva quasi sempre coi favori del pronostico per poi incappare in annate semi disastrose. Un esempio è certamente la stagione 2000-01, iniziata con grandi ambizioni e terminata forse peggio di altre.

Il campionato 1999-2000 è stato a dir poco travagliato per l’Inter: accolto in panchina l’ex juventino Marcello Lippi, peraltro inviso a gran parte della curva nerazzurra, il traguardo scudetto viene accantonato quasi subito, nonostante un attacco che poteva comprendere gente del calibro di Vieri, Ronaldo, Baggio, Zamorano e Recoba. Sul filo di lana arriva la qualificazione alla Coppa dei Campioni, ottenuta solamente dopo lo spareggio vinto a Verona contro il Parma, grazie ad una prodezza di Roberto Baggio che ha però ormai rotto da tempo con Lippi e che in estate passerà al Brescia. Il tecnico viareggino viene invece confermato e Moratti è convinto che la stagione 2000-01 possa essere quella del riscatto per un’Inter che continua a fallire l’appuntamento con la vittoria e l’ultimo scudetto risale alla notte dei tempi, all’anno 1989. Altra epoca, altro calcio. E’ tempo di vincere, sbottano ormai da tempo i tifosi, pronti a contestare tutto e tutti al primo errore, specie se si tratta di ex nemici che non sono diventati alleati, come Lippi che continua a non essere il benvenuto a Milano.

E cosa può succedere di peggio per un allenatore già poco amato e che parte pure col piede sbagliato? Il mese di agosto del 2000 è uno dei peggiori in casa interista: i nerazzurri perdono la Supercoppa Italiana a Roma contro la Lazio per 4-3, ma soprattutto vengono clamorosamente eliminati ai preliminari di Coppa Campioni dai modestissimi svedesi dell’Helsingborg, vittoriosi in casa per 1-0 e capaci di resistere a San Siro portando a casa un incredibile 0-0, frutto di un arrembaggio sterile dell’Inter e di un calcio di rigore fallito da Recoba a ridosso del 90′. E’ il 23 agosto 2000 e l’avventura di Lippi sulla panchina interista sembra già ai titoli di coda, qualcuno vicino a Moratti sussurra che il presidente abbia ormai sfiduciato il tecnico e che anche lo spogliatoio abbia smesso di seguirlo. Tuttavia, nessun esonero e niente dimissioni, si aspetta l’inizio del campionato, rinviato ad inizio ottobre a causa delle Olimpiadi di Sidney. Nel frattempo, l’Inter passa il primo turno sia in Coppa Italia contro il Lecce che in Coppa Uefa (dove è retrocesso) con i polacchi del Ruch Chorzow. Dalle parti di Appiano Gentile sembra esser tornato il sereno, ma è solo apparenza.

Il 1 ottobre parte la serie A e i nerazzurri perdono 2-1 a Reggio Calabria contro la Reggina dopo essere passati in vantaggio per primi. La sconfitta è clamorosa, mai però quanto la successiva conferenza stampa di Lippi che non lascia spazio alle domande dei giornalisti e fa tutto da solo: “E’ inconcepibile giocare così – dice il tecnico ad alta voce – se io fossi il presidente manderei subito via l’allenatore, poi prenderei i giocatori, li attaccherei al muro e gli darei tanti calci nel culo!“. Sono dichiarazioni che rimbombano nelle case degli italiani con un’enorme risonanza, mentre i giornali si affrettano a pubblicare il toto successore di Lippi, poiché ormai è chiaro che la sua esperienza a Milano abbia le ore, se non i minuti contati. L’ex juventino esce di scena nel clamore di una conferenza stampa che resterà epocale e al suo posto viene scelto Marco Tardelli, fresco di campionato europeo vinto alla guida dell’Italia Under 21. L’ex centrocampista di Juventus ed Inter è giovane, ha idee ed entusiasmo, piace a Moratti e ai tifosi. Il campionato, del resto, è appena iniziato e tempo a disposizione ce n’è per riprendersi.

L’esordio di Tardelli sulla panchina dell’Inter è ottimo: sabato 14 ottobre 2000, i nerazzurri battono 3-1 a San Siro il Napoli ed il nuovo allenatore esulta ad ogni gol come un invasato, trasmettendo carica al pubblico e ai giocatori, esattamente ciò che non era stato in grado di fare Lippi. Passa una sola settimana, però, e l’Inter crolla ancora, travolta per 3-0 sul campo dell’Udinese in una partita che vedrà la compagine milanese indossare un’orripilante tenuta arancione e azzurra, tanto che in molti il giorno dopo finiranno per chiedersi: più brutta l’Inter o la sua maglietta? La squadra, comunque, prosegue coi suoi alti e bassi: batte la Roma capolista per 2-0, ma perde a San Siro contro il Lecce, pareggia per 2-2 contro la Juve rimontando l’iniziale 0-2, poi non è in grado di vincere a Vicenza e fra le mura amiche contro il Brescia. In Coppa Uefa, poi, l’Inter soffre le pene dell’inferno sia contro il Vitesse che contro l’Hertha Berlino ed in entrambe le occasioni strappa la qualificazione in extremis, in Olanda grazie a Simic, coi tedeschi per un gol nel finale del centravanti turco Hakan Sukur, uno dei pochi realizzati con la maglia interista dal simbolo della Turchia anni novanta.

Prima di Natale, l’Inter esce dalla Coppa Italia per mano del Parma subendo la prima di tante umiliazioni di un’annata che diventerà tragica: i nerazzurri cadono 6-1 in Emilia nella gara di andata, poi non vanno oltre lo 0-0 al ritorno in un San Siro deserto. In campionato, il 2000 si chiude con la vittoria di Bergamo, mentre il nuovo anno si apre col 2-2 nel derby contro il Milan, proseguendo col pari casalingo col Parma e con il ko per 2-0 a Roma con la Lazio. Che lo scudetto sia una chimera lo sanno tutti da mesi, ma l’impressione è che l’Inter farà fatica anche a raggiungere il quarto posto e che solamente la vittoria della Coppa Uefa potrà allietare una stagione alquanto negativa. L’entusiasmo di Tardelli ha già fatto posto allo scetticismo verso un tecnico con zero esperienza in serie A e che in panchina aveva collezionato un paio di campionati a Como fra C1 e serie B, uno discreto a Cesena, sempre fra i cadetti, poi l’ottimo cammino alla guida dell’Under 21 in un mestiere, quello di selezionatore, comunque assai differente da quello di allenatore di club. Eppure, il tecnico nerazzurro si dice fiducioso ed è convinto che la sua squadra possa ancora togliersi qualche soddisfazione, soprattutto in Europa.

Il tracollo è però dietro l’angolo: a febbraio, l’Inter perde contro Napoli e Roma, a marzo vince tre gare di fila con Verona, Lecce e Perugia, dopo essere uscita dalla Coppa Uefa, quell’àncora di salvezza a cui tutto l’ambiente interista voleva aggrapparsi per non affondare nell’anonimato. E invece, la formazione di Tardelli si fa sbattere fuori dagli spagnoli dell’Alavès, che arriveranno poi addirittura in finale, pareggiando per 3-3 in Spagna e perdendo 2-0 a San Siro. Al termine della partita, in campo volano seggiolini, giornali appallottolati e fischi, tanti fischi, una contestazione che costerà all’Inter la squalifica del campo in Europa per un paio di partite. “Rituffiamoci nel campionato e proviamo a fare il massimo dei punti“, dice Tardelli che però appare sempre più sfiduciato ed insicuro. Dopo un ottimo mese di marzo, l’Inter perde 3-1 a Torino con la Juventus il sabato di Pasqua dopo aver fortunosamente pareggiato 1-1 a San Siro contro il Vicenza grazie ad un gol di Brocchi al 93′ che non placa la rabbia di una tifoseria che, suo malgrado, non ha ancora visto tutto, anzi, deve ancora ammirare il peggio.

Il 29 aprile l’Inter perde 1-0 a Brescia, punita da una punizione di Roberto Baggio, una settimana più tardi batte in casa l’Atalanta fra gli ululati del pubblico nel tristemente celebre pomeriggio in cui dalla curva viene lanciato uno scooter che chissà come mai era riuscito ad entrare sugli spalti. Nulla è però paragonabile a quanto accade a San Siro venerdì 11 maggio 2001, una data indelebile per i tifosi interisti e, ovviamente per quelli milanisti. Si gioca il derby, e si gioca di venerdì per lasciare lo stadio alla Uefa che deve preparare la finale di Coppa dei Campioni, in programma il mercoledì successivo fra Bayern Monaco e Valencia. E’ un derby sottotono, la classifica di entrambe è amara e la qualificazione Uefa è il traguardo massimo per una Milano del calcio in ribasso. Anche in panchina ci sono due situazioni transitorie: la coppia Cesare Maldini-Tassotti che ha sostituito Zaccheroni è destinata a far posto a Terim in estate, ma anche la posizione di Marco Tardelli vacilla e i più informati parlano di un accordo ormai ad un passo fra Moratti ed Hector Cuper, tecnico argentino che ha portato il Valencia a due finali consecutive di Coppa Campioni.

Tardelli, comunque, fa la voce grossa in sala stampa e promette un’Inter battagliera contro il Milan. A dire il vero, i nerazzurri partono anche bene e creano con Vieri un paio di ottime occasioni nei primi minuti di gioco, tanto che l’Inter sembra più volenterosa di un Milan un po’ abulico. Ma è una pia illusione, poiché la serata interista sta per trasformarsi in un incubo senza fine: il Milan segna, infatti, due volte con Gianni Comandini, giovane centravanti ai primi gol in serie A con la maglia rossonera. Sul 2-0 si va al riposo, poi nella ripresa sull’Inter si abbatte un uragano di dimensioni ciclopiche: dopo pochi minuti Giunti segna il 3-0 su punizione, quindi il solito Shevchenko realizza prima il 4-0 e poi il 5-0, stesso risultato con cui il Milan aveva vinto un derby di Coppa Italia del gennaio ’98. I rossoneri, però, stavolta vogliono fare ancora di più e calano il 6-0 grazie al brasiliano Serginho. Un cappotto che per l’Inter è una mazzata epocale e per Tardelli la pietra tombale sulla sua permanenza a Milano. Una sconfitta simile è imperdonabile ed è lui stesso a capirlo per primo.

Il campionato dell’Inter si chiude con 4 partite inutili ai fini della classifica e con le due casalinghe contro Lazio e Bologna giocate a Bari perché San Siro è squalificato. I nerazzurri chiudono il torneo al quinto posto con 51 punti, persino davanti al Milan che è sesto a 49, ma con quell’onta del derby che fa passare in secondo piano pure la classifica. Tardelli lascia l’Inter nell’indifferenza generale e al termine di una stagione travagliata, chiudendo la sua carriera da allenatore con esperienze non indimenticabili in Egitto, a Bari e ad Arezzo. Quell’Inter, suo malgrado, resta a tutt’oggi un pezzo di storia, fra record negativi e una serie infinita di contestazioni.

di Marco Milan

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