Amarcord: la Svezia a Usa ’94, storia di un miracolo sfiorato

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Che i campionati del mondo riservino spesso sorprese e protagonisti inaspettati, è risaputo, tanto che forse questa è la caratteristica che rende tale manifestazione imprevedibile ed affascinante. Non hanno fatto eccezione i mondiali americani del 1994 quando la nazionale svedese scrisse una delle pagine più mitologiche e indimenticabili della sua storia.

Era forse destino che il cammino della Svezia al campionato del mondo di Stati Uniti ’94 dovesse essere irto di ostacoli e pronostici inizialmente avversi. La nazionale scandinava è reduce dai fallimentari mondiali italiani del 1990, chiusi senza gloria dopo il girone eliminatorio alle spalle di Brasile, Costa Rica e Scozia, e dagli Europei casalinghi del 1992, conclusi con l’eliminazione in semifinale da parte della Germania. La corsa verso Usa ’94 è complicata per la formazione gialloblu, inserita in un girone di qualificazione difficile con Francia, Bulgaria, Austria, Finlandia e Israele. Ma la Svezia ha in organico calciatori che diventeranno leggende della propria generazione, dal portiere Ravelli al difensore Nilsson, dai centrocampisti Thern e Brolin (che è quasi un attaccante) fino alle punte, Kennet Andersson ed il giovane Henrik Larsson, celebre per le sue treccine rasta. E’ grazie a loro e alla guida sicura del commissario tecnico Tommy Svensson che gli scandinavi costruiscono, pezzo dopo pezzo, la loro qualificazione, certificata il 10 novembre 1993 dopo l’1-1 in Austria. E’ il raggruppamento della clamorosa eliminazione della Francia dopo la sconfitta casalinga contro la Bulgaria, altra nazionale che sarà incredibilmente protagonista ad Usa ’94.

Il giorno dei sorteggi per la fase finale, in Svezia non ride nessuno: i gialloblu sono inseriti in un altro gruppo della morte assieme a Brasile (come a Italia ’90), Russia e Camerun. Passare agli ottavi, insomma, non sembra semplice per gli svedesi, anche se proprio il tecnico Svensson è il primo a non preoccuparsi: “Sono convinto che abbiamo ottime possibilità di fare bella figura – afferma dopo la formazione dei gironi mondiali – nonché di piazzarci fra le prime due del nostro raggruppamento, anche perché ci davano già per spacciati pure nelle qualificazioni e invece siamo qui“. L’organico della Svezia appare buono e, Brasile a parte, Camerun e Russia sono rivali temibili ma con qualche difetto: gli africani sono più anziani e più stanchi di quelli ammirati 4 anni prima in Italia, mentre i sovietici sono alla prima manifestazione post U.R.S.S. e dopo il breve interregno della Comunità degli Stati Indipendenti che aveva partecipato ad Euro ’92. Qualificarsi, insomma, potrebbe non essere così impossibile per gli scandinavi, alla nona partecipazione ai mondiali e col miglior risultato di sempre che è la finale del 1958, persa proprio in casa contro il Brasile.

Il mondiale della Svezia inizia il 19 giugno 1994 a Pasadena contro il Camerun. Si gioca alle 16:30, afa, caldo e tasso di umidità alle stelle, non esattamente il clima a cui sono abituati a Goteborg o a Stoccolma. Eppure, gli svedesi partono all’attacco e segnano dopo 8 minuti con il difensore Ljung. La reazione del Camerun produce prima il pareggio di Embé e poi ad inizio ripresa il sorpasso di Omam-Biyik, l’uomo che nella gara inaugurale di Italia ’90 aveva steso i campioni in carica dell’Argentina. Il pareggio di Dahlin al 75′ rimette la situazione in parità per un 2-2 che, in fondo, entrambe le squadre accettano di buon grado; il giorno seguente, il Brasile regola per 2-0 la Russia dando un chiaro segnale di come si svilupperà il girone. Seconda giornata, 24 giugno: nel pomeriggio il Brasile batte anche il Camerun (3-0) e prenota il primo posto, alla Svezia, impegnata in serata contro la Russia, potrebbe star bene perfino un pari per avvicinarsi alla qualificazione. Il rigore di Salenko (futuro capocannoniere del torneo grazie alla cinquina che rifilerà al Camerun nell’ultima giornata) illude i russi, ribaltati dall’altro rigore di Brolin e dalla doppietta di Dahlin che consente agli scandinavi di ritrovarsi al secondo posto e ad un sol punto dalla qualificazione agli ottavi, certificata il 28 giugno a Pontiac (Michigan) grazie all’1-1 contro il Brasile (reti di Kennet Andersson e Romario) che promuove le due nazionali a braccetto e rende inutile il 6-1 della Russia sul Camerun. Classifica finale: Brasile 7, Svezia 5, Russia 3, Camerun 1.

La Svezia è dunque agli ottavi ed ora si può divertire, perché pressioni non ne ha e obiettivi dichiarati nemmeno, visto che federazione e tifosi chiedevano di passare il girone eliminatorio, il resto sarà tutto guadagno. Il sorteggio, inoltre, stavolta sorride agli scandinavi che si ritrovano di fronte la sorprendente Arabia Saudita, seconda nel proprio raggruppamento alle spalle dell’Olanda e davanti al Belgio, ripescato come una delle migliori terze. E’ il 3 luglio 1994 quando arabi e svedesi scendono in campo a Dallas in una sfida calcisticamente inedita e che mette di fronte culture e mondi agli antipodi, nonché due formazioni non accreditate particolarmente ad inizio torneo e che ora si giocano un posto nelle magnifiche 8 dei mondiali. La Svezia parte forte e segna dopo 6 minuti col solito Dahlin, giunto al quarto gol in 4 partite; poi i gialloblu gestiscono, anche perché gli oltre 40 gradi del mezzogiorno texano si fanno sentire nelle gambe, nei muscoli e nella testa dei calciatori. Ad inizio ripresa, poi, ecco arrivare il 2-0 di Kennet Andersson che sembra chiudere la contesa a favore degli scandinavi, nonostante l’Arabia Saudita non molli. A 5 minuti dalla fine, gli asiatici trovano la rete della speranza con Al-Ghesheyan, ma la paura in Svezia dura poco e all’87’ ancora Kennet Andersson segna il 3-1 che spedisce la nazionale europea ai quarti di finale.

Ora dalle parti di Stoccolma si incomincia a credere nell’impossibile, anche perché sulla strada della compagine di Svensson c’è un’altra sorpresa, la Romania, che agli ottavi di finale ha fatto fuori l’Argentina. Stavolta, però, la Svezia non gode dei favori del pronostico, anzi, sono i rumeni ad apparire la squadra da battere, anche perché la coppia Hagi-Raducioiu e l’impostazione tattica della nazionale giallorossoblu sembrano inattaccabili e in molti parlano già della possibile semifinale fra Brasile e Romania. Il 10 luglio 1994 Svezia e Romania scendono in campo a Palo Alto in California in una torrida giornata alle 12:30 ora locale. Caldo e umidità, però, non scalfiranno quella che per molti sarà la gara più emozionante dell’intero torneo. Eppure, ironia della sorte, la partita vive pochi sussulti per quasi 80 minuti, col risultato inchiodato sullo 0-0 e le due squadre a studiarsi senza scoprirsi troppo. Al 78′, però, un mezzo rimpallo favorisce Brolin ed il calciatore svedese del Parma inchioda la palla sotto la traversa, siglando una rete che a quasi tutti sembra decisiva per il passaggio del turno. Passano però dieci minuti e la Romania pareggia con un altro “italiano“, il milanista Raducioiu che fa 1-1 e manda la sfida ai tempi supplementari. Al minuto 101 proprio Raducioiu riporta i rumeni in pole position per la semifinale col gol del 2-1 che sembra la pietra tombale sulla qualificazione. Niente di più sbagliato perché la Svezia si butta all’assalto e a 5 minuti dal 120′ raccoglie il pareggio col solito Kennet Andersson che sfrutta tutta la sua altezza ed un’indecisione del portiere rumeno per siglare il 2-2 che manda le squadre ai rigori.

Anche dal dischetto la Svezia si trova a rincorrere dopo l’errore iniziale di Mild: da allora, però, gli scandinavi sono infallibili, mentre la Romania sbaglia il quarto tiro con Petrescu allungando la serie di rigori ad oltranza. Roland Nilsson segna, il rumeno Belodedici si fa parare la sua conclusione da Ravelli che diventa l’eroe di un’intera nazione, la Svezia supera anche l’ostacolo Romania, si risveglia in semifinale e, tutto sommato, si sente anche abbastanza fortunata, circostanza da non sottovalutare mai nello sport in generale e nel calcio in particolare. Ora, fra la Svezia e la finale c’è il Brasile, lo scoglio forse più duro, anche perché nella storia dei mondiali nessuna nazionale europea ha mai vinto in America, oltre al fatto che i brasiliani appaiono nettamente più forti e avvezzi a partite simili, rispetto ad una Svezia per cui tutto è nuovo. Di certo c’è che arrivare fra le prime 4 del mondo è comunque molto più di quanto ci si potesse attendere alla vigilia, motivo per cui gli uomini di Svensson potranno giocare la partita senza patemi, pressioni e paure di fallimento che potrebbero invece attanagliare il Brasile, chiamato a vincere praticamente sempre in occasioni simili e che, peraltro, non è campione del mondo dal 1970, ben 24 anni.

Il 13 luglio 1994 a Pasadena Svezia e Brasile si ritrovano di fronte 15 giorni dopo aver giocato nel girone eliminatorio, anche se stavolta la posta in palio è decisamente più alta. La partita, infatti, è fin da subito molto equilibrata, le squadre giocano quasi a scacchi, troppo impaurite dalla possibilità di prendere gol e vedere quasi in fumo le speranze di raggiungere la finale. La Svezia aspetta, ma il Brasile non affonda e la gara è a tratti anche parecchio noiosa, tanto che quasi tutti attendono l’episodio che scongiuri l’epilogo finale dei calci di rigore. Al 63′ gli svedesi rimangono in dieci uomini per l’espulsione di Thern e l’ago della bilancia inizia a pendere leggermente verso i brasiliani, ora più coraggiosi, anche perché Svensson nel frattempo sostituisce Dahlin lasciando l’attacco scandinavo con il solo Andersson a combattere ma a cui arrivano pochi palloni giocabili. Al minuto 80, poi, Romario approfitta di una dormita (forse la prima in tutto il torneo) della difesa svedese per segnare di testa il gol che porta il Brasile in finale e la Svezia a mangiarsi le mani per la clamorosa e magari irripetibile occasione. Gli attacchi dei gialloblu nel finale sono del resto sterili e l’esperienza dei brasiliani esce fuori con prepotenza, decidendo una sfida equilibrata e decisa proprio da quell’episodio che tutti attendevano.

La Svezia è delusa, ovviamente, ma non può che conteggiare un saldo positivo che può anche aggiungere la medaglia di bronzo (platonica fino ad un certo punto) con la vittoria nella finale per il terzo e quarto posto da disputare contro la Bulgaria, eliminata dall’Italia nell’altra semifinale. Il 16 luglio, ancora a Pasadena, svedesi e bulgari sfilano nella passerella delle sorprese e si sfidano per un terzo posto che comunque meriterebbero entrambe per essere giunte ad un passo dalla finale dopo un cammino strabiliante. La gara non ha storia, la Svezia se la gioca con onore e forse rabbia, la Bulgaria è già in vacanza e dopo i primi 45 minuti gli scandinavi sono già sul 4-0 (reti di Brolin, Mild, Larsson e Kennet Andersson). Nella ripresa il risultato non cambia, le squadre viaggiano al piccolo trotto e al 90′ gli svedesi si prendono quel terzo posto che certifica un torneo eccezionale a cui è mancata solo la ciliegina su una torta comunque saporitissima. A fine gara ci sono tanti sorrisi, abbracci e soddisfazione negli sguardi di un gruppo che ha smaltito la delusione per la mancata finale e si ritrova a ricevere i giusti complimenti per un campionato del mondo da applausi.

Nessun rimpianto, come cantavano gli 883, o forse sì? Difficile stabilire il confine (se c’è) fra la delusione per aver mancato la finale di un soffio, e la soddisfazione per un terzo posto che ad oggi resta l’ultimo grande risultato della nazionale svedese ai mondiali. Quello stesso gruppo, peraltro, fallirà le qualificazioni agli Europei inglesi del 1996 e ai mondiali di Francia del 1998, tornando ad affacciarsi ad una grande manifestazione solamente ad Euro 2000 e senza, peraltro, troppa gloria. Motivo in più per celebrare quella fantastica squadra che nel 1994 ha fatto sognare una nazione svegliandosi solo e purtroppo sul più bello.

di Marco Milan

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