Amarcord: Lamberto Piovanelli e quel treno perduto

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Se la pellicola cinematografica Sliding Doors ha forse rivoluzionato il pensiero comune della gente, obbligata a chiedersi per ogni occasione mancata “e se invece…?”, anche nel calcio il celebre film può adattarsi alla perfezione. Prendete, ad esempio, la storia di Lamberto Piovanelli, attaccante lanciato nel grande calcio e pronto ad un salto che suo malgrado non riuscirà a fare mai.

Lamberto Piovanelli nasce a Firenze il 26 giugno 1964 e di professione fa il centravanti, anche se le sue caratteristiche sono atipiche: è alto ma non bravissimo di testa, difetto compensato da una tecnica di base ottima e da un buon fiuto del gol. Piovanelli segna e si muove bene in area di rigore, è anche assai bravo a calciare le punizioni e dopo aver passato l’adolescenza a seguire la Fiorentina dalla curva, incomincia a giocare anche lui seriamente e si afferma nei dilettanti con la maglia del Castelfiorentino con cui disputa anche il campionato di serie D e con cui realizza 20 reti in 57 presenze dal 1983 al 1985, un ruolino che gli vale la chiamata dell’Atalanta che lo fa esordire in serie A nel campionato 1985-86 dove Piovanelli studia come apprendista, non segna ma colleziona 12 presenze che lo fortificano. Il passaggio dai dilettanti alla serie A non è facile da assorbire, ma il centravanti toscano ci riesce ed appare pronto per affermarsi nel calcio che conta; l’Atalanta dopo un anno lo cede al Pisa in serie B, la squdra che per Lamberto Piovanelli diventerà un pezzo di cuore. Il campionato 1986-87 è trionfale per i pisani che conquistano l’aritmetica promozione in A vincendo 1-0 a Cremona grazie ad una rete proprio di Piovanelli che ancora oggi è forse la più celebre ed amata dai tifosi nerazzurri. E’ il 21 giugno 1987 e fra Pisa e Piovanelli nasce un sentimento ed un legame che diventerà indissolubile.

L’attaccante inizia a segnare anche in serie A dove il Pisa si salva nella stagione 1987-88 e retrocede l’anno successivo. Il presidente Romeo Anconetani è uomo spigoloso, eccentrico ma anche buono, i calciatori del Pisa lo amano e lo rispettano, lui è anche un precursore, è il primo a mettere la prevendita sui biglietti dello stadio, il primo ad introdurre le mediazioni nella compravendita dei calciatori, oltre a promettere ai tifosi l’immediato ritorno in serie A. La formazione toscana centra il traguardo grazie anche ai 18 gol di Piovanelli, ormai simbolo ed icona dell’intera squadra, tanto che sia lui che il club fanno orecchie da mercante a qualche richiesta che timidamente diverse società iniziano ad avvicinare al Pisa. No, Anconetani vuole giocare in serie A ancora col suo gioiello a cui affianca il talentuoso ma ribelle Michele Padovano, proveniente dal Cosenza e al debutto assoluto nella massima serie. Il campionato del Pisa parte alla grande: alla prima giornata i nerazzurri vincono 1-0 a Bologna grazie ad una punizione di Piovanelli dopo 17 minuti, mentre una settimana più tardi travolgono all’Arena Garibaldi il Lecce per 4-0 con reti di Simeone, Padovano e doppietta dello scatenato Piovanelli; il Pisa è primo a punteggio pieno assieme alle due milanesi e senza aver incassato neanche un gol, imbattibilità confermata anche alla terza giornata dopo lo 0-0 casalingo contro il Genoa. Anche in Coppa Italia le cose vanno spedite ed i toscani eliminano l’Udinese vincendo entrambe le gare per 1-0 ed andando tutte e due le volte in rete con Piovanelli.

Il campionato del Pisa prosegue con alti e bassi nel girone d’andata e la coppia Padovano-Piovanelli continua a segnare a raffica: i due si trovano al bacio, Padovano è rapido, intraprendente, fantasioso, mentre Piovanelli è più fisico, più lavoratore dell’area di rigore, insomma le due punte si completano a vicenda ed in comune hanno lo spiccato senso del gol. Piovanelli segna 8 reti, fra cui una doppietta a San Siro nella gara persa dal Pisa per 6-3 ed un’altra nel ko di Genova contro la Sampdoria (4-2). Fra il 14 ed il 21 novembre i nerazzurri giocano in Coppa Italia contro la Juventus, ringiovanita sia in società dove Montezemolo ha preso il posto di Boniperti, e sia in panchina dove i bianconeri hanno tentato l’esperimento Maifredi, tecnico moderno ed offensivo, autore di stagioni strabilianti a Bologna. Proprio durante Pisa-Juventus di coppa, la dirigenza juventina si innamora di Piovanelli che per quanto è bravo viene schierato in circostanze di bisogno anche come centrocampista centrale. E’ Montezemolo in persona che ne caldeggia l’acquisto, lo vuole far osservare meglio e poi andare da Anconetani, trattare e strappare il cartellino di quello che potrebbe essere il futuro compagno di Roberto Baggio alla Juventus. Piovanelli va in gol nella gara di ritorno della sfida coi torinesi, poi il 16 dicembre 1990 realizza l’ultima rete del suo campionato nel 2-0 che il Pisa rifila al Torino, prima di essere addirittura convocato in Nazionale da Azeglio Vicini che lo chiama per la gara dell’Italia a Cipro dopo l’infortunio di Roberto Mancini.

Un sogno che si avvera e che diventa addirittura doppio quando proprio durante il viaggio in aereo verso l’isola cipriota, viene avvicinato da procuratore e dirigente accompagnatore del Pisa che gli dicono di scegliere la sua destinazione per la stagione successiva: “Ti vogliono Fiorentina e Juventus – gli dicono – scegli tu dove andare“. Contrariamente a quanto gli suggerisca il cuore, Piovanelli sceglie la Juve e a posteriori dirà: “Io sono nato viola, non potevo concepire la possibilità di deludere i tifosi uguali a me“. La decisione sembra stramba, ma Piovanelli è convinto ed accetta la Juventus, trascorrendo l’ultimo Natale in Toscana prima che in estate si concretizzi il trasferimento a Torino. Il 30 dicembre 1990 si gioca Lazio-Pisa, valida per la 14.ma giornata di campionato: a Roma fa freddo, il campo è in pessime condizioni, si alzano zolle ovunque e per di più il Pisa è piombato in zona retrocessione dopo la partenza lampo e sta arrancando troppo nelle ultime giornate, anche se nell’ultima gara prima di Natale ha battuto il Torino. Non passano che 6 minuti di gioco allo stadio Olimpico che Piovanelli (fascia di capitano al braccio) si scontra con il centrocampista laziale Domini; l’impatto fra i due è fortuito ma durissimo, Piovanelli resta a terra, si contorce, urla, chiede aiuto. Si intuisce subito che il guaio è serio, i medici del Pisa entrano in campo e si accorgono che alla gamba dev’esserci qualche frattura. L’attaccante esce in barella, le mani sulla faccia e il pensiero che va pure alla Juventus e a quel contratto non ancora firmato: mi vorranno ancora? Pensa forse Piovanelli mentre l’ambulanza lo porta al più vicino ospedale della capitale.

Il responso non è dei migliori: frattura incompleta della tibia destra, almeno tre mesi di stop. Un colpo durissimo per le ambizioni personali del calciatore e per quelle del Pisa che finirà col precipitare ancor più in classifica. Di buono, per Piovanelli, c’è però che la Juventus non torna sui suoi passi: Montezemolo lo ha scelto e conferma la sua volontà di portarlo a Torino, tanto che durante la convalescenza viene siglato l’accordo coi bianconeri per ben 4 miliardi e mezzo di lire. Piovanelli rientra in campo il 30 marzo, dopo esattamente tre mesi dall’infortunio e ben 13 partite saltate; il centravanti toscano entra a meno di 10 minuti dalla fine durante Pisa-Atalanta 0-2, quindi gioca a Cesena la settimana successiva e col Milan in casa il 14 aprile quando però è costretto ad uscire anzitempo per un altro infortunio, sempre alla gamba destra. Il pubblico dello stadio resta gelato quando il capitano si accascia a terra dopo un contrasto e chiede il cambio, anche perché le immagini riportano immediatamente alla mente la gara di Roma di qualche mese prima. La diagnosi stavolta non rileva fratture, ma Piovanelli è costretto a fermarsi ancora e, complice anche l’andamento disastroso del Pisa, non rientra più in campo ed assiste inerme alla retrocessione della squadra in serie B, certificata alla penultima giornata proprio contro quella Juventus che sarà la nuova casa dell’attaccante toscano di lì a poche settimane.

E’ un’occasione imperdibile per Piovanelli che si presenta puntuale al ritiro estivo e fa anche le foto per le figurine, tanto che ad oggi l’immagine dell’ex pisano in posa con la maglia bianconera è una sorta di reperto storico rarissimo. Le cose, infatti, iniziano a mettersi male per lui che capisce che non tutto gira per il verso giusto quando al posto di Montezemolo vede Boniperti; c’è aria di rinnovamento a Torino, di ritorno al classico, anche perché l’esperimento legato a Maifredi è naufragato del tutto, il tecnico è stato cacciato e al suo posto riecco Giovanni Trapattoni, così come gli Agnelli hanno poco gradito l’opera di restauro e ringiovanimento voluta da Montezemolo che finirà fuori dalla Juventus e tornerà alla Ferrari. Boniperti vuole chiudere col passato, vuole dare un taglio netto a quanto fatto dal suo predecessore, compresi gli acquisti ratificati nei mesi precedenti, fra cui Piovanelli che sembra non rientrare nel progetto tecnico juventino. Ma lui non ci sta, si impunta, vuole almeno dimostrare il suo valore, ma sembra che alla Juventus non lo stiano nemmeno a sentire; dopo un paio di amichevoli, la sorte dell’attaccante toscano appare segnata, Boniperti gli dice sbrigativamente: “Ti mandiamo in prestito in serie B, alla Reggiana“. Piovanelli dice no, si arrabbia, allora la Juve lo rassicura anche sull’ingaggio: “Dicci una cifra e te la facciamo avere“, ma lui niente, si intestardisce, non se ne vuole andare senza aver mai giocato. Alla fine capisce che non ha scelta e chiede almeno di non scendere di categoria: “Ok – risponde la dirigenza – andrai all’Atalanta“.

Il sogno chiamato Juve forse è rimandato di un anno, forse se a Bergamo (dove Piovanelli è già stato ad inizio carriera) riuscirà a segnare come a Pisa, qualcuno a Torino se ne accorgerà e lo rivorrà indietro. L’Atalanta schiera due punte in attacco, una è l’argentino Caniggia, l’altra il brasiliano Bianchezi, per Piovanelli c’è da sgomitare e trovare spazio non è semplice. L’8 dicembre 1991 si gioca Roma-Atalanta, è passato un anno o poco meno dal terribile infortunio patito proprio allo stadio Olimpico; fa freddo come allora ma l’umore di Piovanelli è rasserenato dalla prima maglia da titolare della stagione, la numero 9. Nel primo tempo la Roma conduce per 1-0, ha segnato proprio un ex atalantino come Walter Bonacina ed i nerazzurri sono pure in inferiorità numerica per l’espulsione di Perrone. Ad inizio ripresa l’Atalanta aggredisce gli avversari, dopo 7 minuti guadagna un calcio d’angolo, Stromberg fa la sponda di testa e proprio Piovanelli interviene in scivolata e sigla l’1-1 che peraltro non cambierà più. “Oggi sono tornato un calciatore vero“, dirà l’attaccante in sala stampa a fine partita, ed in effetti la fiducia è talmente tanta che Piovanelli si ripete con l’inizio del nuovo anno, il 12 gennaio 1992, siglando un altro gol che vale l’1-1 finale, stavolta in casa del Torino e all’83’. Stesso stadio, un mese dopo: Juventus-Atalanta del 16 febbraio è la partita di Piovanelli che, nonostante parta dalla panchina, vuole dimostrare ai bianconeri di valere ancora quell’ingaggio prima stipulato e poi rinnegato. La Juve segna nel primo tempo con Schillaci, nell’intervallo Bruno Giorgi manda in campo Piovanelli che dopo neanche 5 minuti sigla la rete del pareggio dopo una caparbia azione personale; gioia e forse qualche sassolino tolto dalle scarpe e scagliato metaforicamente verso la tribuna del Delle Alpi.

Detto che Juventus-Atalanta finirà 2-1, Piovanelli chiude la sua stagione con 16 presenze e 3 reti, un bottino magro, di tutt’altro tenore rispetto alle previsioni, nonostante un impiego a mezzo servizio. In estate è chiaro come la Juventus, anche a seguito dell’arrivo in bianconero di Gianluca Vialli e Fabrizio Ravanelli, abbia ormai dimenticato l’ex pisano che viene di fatto regalato al Verona in serie B. 4 miliardi e mezzo gettati dalla finestra e senza neanche dare una possibilità ad un calciatore che ha dimostrato che se in buone condizioni fisiche può ben figurare in serie A. Il campionato 1992-93 del Verona nasce con propositi di immediata risalita in A dopo la retrocessione e terminerà con un inglorioso 12.mo posto; Piovanelli parte bene siglando una doppietta ad agosto in Coppa Italia contro il Brescia, ma in campionato faticherà a trovare spazio e confidenza col gol, andando a segno solamente 3 volte contro Piacenza, Spal e Reggiana. L’anno dopo a Verona in panchina al posto di Reja arriva Bortolo Mutti che come coppia d’attacco sceglie Lunini ed il giovane Filippo Inzaghi, i quali iniziano a segnare come dannati e lasciano a Piovanelli soltanto le briciole; l’attaccante toscano andrà in rete solamente una volta, nel 2-2 casalingo contro il Cosenza, poi a novembre chiederà la cessione e andrà a giocare in serie C al Perugia in prestito, ritrovando anche un’ottima vena realizzativa con 9 centri che contribuiscono alla promozione degli umbri in serie B. Tornato a Verona, Piovanelli gioca poco, sembra demotivato ed anche vessato da qualche guaio fisico di troppo, raccoglie appena 5 presenze e realizza il suo unico gol nel 3-3 dei gialloblu contro il Piacenza capolista il 15 gennaio 1995. E’ la sua ultima rete della carriera, perché a giugno sceglie di ritirarsi, il fisico non lo sostiene più, l’entusiasmo è passato, meglio chiuderla qui e a soli 31 anni.

Lamberto Piovanelli è stato insignito del premio di attaccante del secolo per il Pisa, la città e la tifoseria che non l’ha certo dimenticato nonostante gli anni e dove è tornato a vivere. Quelle prodezze che gli erano valse la chiamata in Nazionale e alla Juventus restano incastonate nel cuore dei fan pisani che hanno visto l’ascesa e l’affermazione di quell’attaccante che dopo la grande illusione juventina e il mancato sostegno di muscoli ed articolazioni, non ha saputo ritrovarsi, ha visto quel treno sfrecciargli accanto a tutta velocità senza riuscire a salirci sopra, ha continuato a piedi lungo la stessa strada per un po’, poi ha messo la freccia ed ha accostato. Poteva andare diversamente senza quell’infortunio contro la Lazio? Forse, o forse no. Sliding Doors, si diceva all’inizio, ma quello alla fine è solo un film.

di Marco Milan

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