“Meeting nazionale giornalisti cattolici e non”. Edizione in diretta streaming

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Molti gli spunti di riflessione su fede e attualità al tempo del Coronavirus

DI LAURA GUADALUPI

“In dialogo tra paura e speranza. La vita si fa storia”. Questo il titolo della settima edizione del Meeting nazionale giornalisti cattolici e non tenutosi il 23 maggio. A causa dell’emergenza sanitaria, l’incontro è andato in onda sui canali social di Padre Pio Tv e sul sito www.giornalistioggi.it e si è concluso con l’auspicio di potersi rivedere il prossimo anno a Grottammare, nelle Marche.

“Abbiamo pensato di non perdere la ricchezza del Meeting e di organizzare un appuntamento in diretta streaming”. Così afferma il responsabile organizzativo, Simone Incicco.

L’evento è organizzato in collaborazione con il quotidiano “Avvenire”, l’emittente televisiva “TV2000”, InBlu Radio, la Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC), l’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), l’Ordine dei giornalisti, l’Agenzia SIR, l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Italiana.

Il Meeting è stato occasione per gettare uno sguardo sull’attuale pandemia alla luce del messaggio di Papa Francesco per la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Tre le tavole rotonde susseguitesi nella lunga diretta, molti gli spunti di riflessione. Se non è possibile menzionare tutto, si tenterà di delineare alcuni dei tratti salienti emersi.

La moderazione generale è stata affidata al giornalista e docente Giovanni Tridente. Tra i saluti introduttivi si evidenzia l’intervento della Presidente UCSI, Vania De Luca, che ha affermato come la pandemia ci ha cambiato. È vero, sostiene la giornalista, ci si avvia a una ripresa, ma è importante fare memoria di ciò che abbiamo vissuto sia in termini di privazioni che di potenzialità. Ha ribadito l’importanza di “raccontare e raccontarci con le parole giuste” ed ha fatto cenno al pericolo dell’infodemia e delle fake news, alla “difficoltà di distinguere tra il vero e il falso” e quindi alla necessità di “tornare a un’informazione di qualità”, certificata, di soggetti riconosciuti.

LE TAVOLE ROTONDE. La prima tavola rotonda, dal titolo “CambiaMenti”, è stata moderata da Bruno Mastroianni, filosofo, giornalista e social media manager di trasmissioni televisive. Si sono alternati tre ospiti, ciascuno con il proprio punto di vista e la propria narrazione su quanto accaduto “nell’immediato passato” per cercare di capire cosa fare “nell’immediato presente” e futuro. È intervenuto Bruno Piraccini, Amministratore delegato Orogel. Ha illustrato la situazione nella sua azienda, che non si è fermata e non ha mai smesso di produrre, anzi, ha avuto un incremento nelle vendite al dettaglio. Nonostante ciò, Piraccini ha evidenziato la consapevolezza che per molte aziende c’è stato il blocco totale della produzione e che ci sono settori che forse non ripartiranno a pieno regime nel breve periodo, quindi ha prospettato un “piano di investimenti per attivare quelle realtà imprenditoriali che hanno subìto un danno per la crisi”. Obiettivo è mettere a punto delle “azioni che portino aiuto e coraggio di intraprendere, di fare, di resistere”. In poche parole, avere “il coraggio di ripartire e di fare ripartire”.

Altraospite Maria Laura Conte, direttrice della comunicazione di Fondazione AVSI. Con lei si è discusso dei nuovi spazi tra famiglia e lavoro, ridefiniti dallo smart working. Ha raccontato dei messaggi di solidarietà dei bambini degli slums nei confronti dell’Italia e di come si sia andati alla ricerca di “new solutions” quali la didattica online per non lasciare da soli i destinatati dei progetti. Per il futuro, augura per tutti un lavoro di “reinvenzione”, cioè di riscoperta delle proprie abilità, bisogni e passioni che sono già in noi.

Vincenzo Corrado, Direttore UCS della Conferenza Episcopale Italiana, a proposito del lockdown ha ricordato che appena una settimana prima c’era stato l’incontro del Papa a Bari, per cui si è passati “da un contesto di grande comunione e sinodalità alla separazione”. Ha affermato inoltre che abbiamo assistito alla globalizzazione della malattia, della sofferenza e, citando Papa Francesco, ci si è resi conto che siamo “tutti uniti nella stessa barca”. Corrado ha poi auspicato che non si chiuda il libro e non si volti pagina, al fine di non dimenticare quanto appena accaduto, il dolore e le nuove forme di povertà emerse. Sono storie di sofferenza che non si possono lasciare da parte. Ha quindi aggiunto l’importanza di recuperare l’essenzialità delle parole: “Non servono tante parole, servono le giuste parole” e con queste raccontare.

Nel secondo panel dal titolo: “L’impegno del pastore in mezzo alle crisi” si sono confrontati con il Presidente Copercom, Massimiliano Padula: Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione del Vaticano; il Cardinale Giuseppe Petrocchi della Diocesi di L’Aquila; il Vescovo Francesco Beschi della Diocesi di Bergamo; il l’Arcivescovo Francesco Massara della Diocesi di Camerino – Fabriano e il Vescovo Domenico Pompili della Diocesi di Rieti e presidente della Commissione Episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali. Tra i vari argomenti, si è affrontato il tema della pastorale dell’emergenza. L’Arcivescovo Massara ha parlato del Coronavirus come di un secondo terremoto che ha colpito il territorio. La Chiesa ha avuto una funzione “di accompagnamento, di condivisione delle sofferenze” e di punto di riferimento. La Caritas ad esempio “ha fatto un enorme lavoro” e solo su Fabriano ha sostenuto cinquecento famiglie.

Paolo Ruffini ha ricordato la vicinanza di Papa Francesco nell’ “accompagnare il popolo di Dio tutto”: credenti e non. Ha riportato alla memoria la forza del momento di preghiera del 27 marzo, con il Papa in una Piazza San Pietro vuota che in realtà non lo era, perché “piena di persone che hanno seguito l’evento in tutto il mondo”. Ha poi riflettuto sull’importanza della comunicazione e sul fatto che bisogna riscoprire che essa è condivisione. Come sarà il mondo dopo la pandemia? Per Ruffini dipenderà da noi, pur nella consapevolezza di essere “servi inutili”. Il nostro ruolo è costruire un mondo migliore “nel testimoniare e nel comprendere che tutto è legato”.

Quanto al fenomeno delle celebrazioni eucaristiche online ha risposto il Vescovo Pompili, per cui la rete ha avuto la capacità di “colmare il deficit di contatto fisico”. Essa “accorcia le distanze” e “rende possibile una comunicazione che aiuta a vivere la relazione”. Riguardo la comunicazione istituzionale sull’emergenza COVID-19, Pompili ha sottolineato come essa abbia patito l’effetto sorpresa del Coronavirus, per cui sono stati lanciati segnali contraddittori giustificabili, però, dal contesto emergenziale.

Il Vescovo di Bergamo, Beschi, ha parlato dell’ “allungarsi dell’ombra della morte” sulla sua città e ha paragonato quanto vissuto a un uragano, con dentro lo sconcerto della morte e di quello che questa rappresenta. Per ciò che concerne il domani, ha ribadito che “dobbiamo essere testimoni che il futuro che Dio ci riserva è buono”, anche quando l’oscurità è pesante. Oggi la situazione non è più oscura, ma è caratterizzata dall’incertezza. Ebbene, Beschi ha esortato a guardare all’incertezza con “la forza morale che scaturisce dalla fede della speranza”.

“Il nostro ultimo fine è quello di informare correttamente il cittadino incarnando quel rovescio passivo dell’articolo 21 della Costituzione. Allora asticella più alta, maggiore consapevolezza, massima attenzione e uno sforzo di riuscire a garantire in condizioni mutate lo stesso sforzo di analisi e di rispetto della verità che il mondo del giornalismo ha sempre garantito alla comunità”. A ribadirlo è Carlo Verna, Presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nell’introduzione alla terza e ultima tavola rotonda dal titolo: “Responsabilità dei direttori nella crisi del Coronavirus”, moderata dalla Capo Redattrice della TgR Valle d’Aosta, Alessandra Ferraro, che ha dialogato con Alessandro Cesarin, Direttore Tgr RAI; Vincenzo Morgante, Direttore di TV2000; Alberto Ceresoli, Direttore dell’Eco di Bergamo; Lorenzo Rinaldi, Direttore Il Cittadino di Lodi; Agnese Pini, Direttrice La Nazione; Marco Tarquinio, Direttore Avvenire.

Alessandro Cesarin ha ricordato le “tante storie luttuose” raccontate e la richiesta del pubblico di essere informato in particolare su ciò che accade nel proprio territorio, per cui ogni sera sono stati trasmessi i dati aggiornati provincia per provincia. L’augurio è che dal 3 giugno prossimo si tratti meno del virus e più di cronaca.

Garantire la sicurezza dei colleghi, la tutela della loro salute e al contempo garantire il servizio ai telespettatori è stato il duplice problema che si è trovato ad affrontare il Direttore di TV2000, Vincenzo Morgante. Una delle scelte editoriali ha riguardato la volontà di narrare i diversi aspetti di un’emergenza che non è stata solo sanitaria, ma anche economica e spirituale. Si è raccontata “la vita concreta dei vari profili dei cittadini”, dai medici e infermieri sino a coloro che a causa della crisi si sono impoveriti. Si è scelto di dare le notizie certificate “senza entrare nelle polemiche”, rifuggendo il “chiacchiericcio” e le banalità, usando “un linguaggio affidabile” e, su tutto, “una cifra narrativa che desse un segnale di speranza”. Raccontare, sì, la drammaticità, ma trovando sempre un elemento di speranza.

Alberto Cerasoli ha ricordato che sull’Eco di Bergamo, di cui sono ricorsi i 140 anni della fondazione, sono state pubblicate per diversi giorni fino a 13 pagine di necrologi, segno di una città profondamente ferita dalla pandemia. Altra provincia martoriata dai lutti è stata quella di Lodi. La piccola redazione diretta da Lorenzo Rinaldi ha avuto la grande responsabilità di annunciare il primo caso di COVID-19 in Italia.

Se c’è qualcosa che la pandemia ha insegnato ai giornalisti è, a detta di Agnese Pini, che le parole “hanno un peso fortissimo e un impatto sull’opinione pubblica, che è ipersensibilizzata”. Non solo bisogna prestare attenzione alla notizia, ma anche al modo di raccontarla.

Responsabilità, competenza e qualità dell’informazione sono i tre cardini sottolineati da Marco Tarquinio, il quale ha anche affermato che la prima responsabilità di un’informazione corretta è “farsi vicini e saper interpretare da prossimo la condizione delle persone senza stravolgerla, senza enfatizzarla”. Mai come in questo periodo di crisi emerge “il bisogno estremo di un’informazione quotidiana di qualità”. C’è il rischio per i giornalisti di abituarsi a lavorare a distanza, in smart working, senza andare più in redazione ma, avverte Tarquinio, “se non c’è la dimensione comunitaria il lavoro dei giornalisti è finito”.

Per concludere questo excursus prendiamo in prestito le parole di Papa Francesco citate dal Direttore di “Avvenire”, e cioè: “siamo dentro un cambio di epoca, non è un’epoca di cambiamenti”.

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