G7 canadese, si consuma la divisione tra Europa e USA
Trump prima approva il documento conclusivo e poi ritira la firma annunciando nuovi dazi su auto e latticini. E accusa il premier canadese Trudeau
“Non appoggiamo più il comunicato finale. Ora pensiamo a dazi sulle auto importate negli Usa”. Così Donald Trump haannuncito via Twitter il ritiro della firma statunitense dalla dichiarazione finale del G7, svoltosi in Canada dall‘8 e il 9 giugno. Dopo due giorni di tentativi diplomatici per giungere ad un accordo comune, sull’aereo vero Singapore per il vertice con Kim Jong – un, Trump rtira tutto accusando il padrone di casa del G7 di Charlevoix (Quebec) – il premier canadese Justin Trudeau – di essere un “debole e disonesto” aggiungendo “Ora valutiamo dazi sulle auto che invadono il mercato americano”.
“Noi canadesi siamo gentili, siamo ragionevoli, ma non ci faremo maltrattare”. Questa la frase pronunciata dal premier del Canada che ha fatto infuriare Trump. Trudeau aveva criticato duramente i dazi su acciaio e alluminio contro Canada, Messico ed Europa. “I canadesi” aveva continuato Trudeau “non lasceranno che questo avvenga per presunti motivi di sicurezza nazionale dopo che i canadesi dalla prima guerra mondiale in poi si trovano spalla a spalla con i soldati americani in terre lontane dove ci sono conflitti. Per noi questo è un insulto”.
Ed ecco che a vertice concluso, la minaccia più temuta da Merkel, Macron e Conte (i cui Paesi esportano automobili negli Stati Uniti) diventa realtà. Duro Macron: “La cooperazione internazionale non può dipendere dagli umori o dai tweet“. È “incoerente” e “inconsistente” il tradimento del capo della Casa Bianca. “Abbiamo trascorso due giorni per ottenere un testo e degli impegni“.
Il G7 2018
Queste le battute finali di uno dei G7 più difficili degli ultimi anni. Iniziato l’8 giugno a La Malbaie (Quebec, Canada), anche quest’anno senza la Russia (esclusa per la crisi con l’Ucraina dopo l’annessione della Crimea nel 2014), ha affrontato i dossier più impegnativi sul tavolo delle diplomazie internazionali: i dazi e il commercio, la Russia e le sanzioni imposte per l’annessione della Crimea, l’Iran.
Tema più caldo, il protezionismo americano. Il tentativo di accordo tra Europa, Canada e Stati Uniti puntava ad evitare la totale spaccatura, lasciava aperto il dialogo transatlantico ed evitare la guerra commerciale tra Ue e Usa scatenata da Trump il primo giugno con l’imposizione di dazi su alluminio e acciaio Ue (oltre che di Canada e Messico dopo che aveva già colpito la Cina). Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione europea ha tentato la conciliazione e precisando che gli europei non danneggiano l’economia americana anzi, industrie europee (Siemens, BMW e Fiat) danno lavoro a cittadini americani.
Trump sembrava essersi convinto, accetta la dichiarazione comune ma neppure tanto e abbandona in anticipo il vertice canadese per volare a Singapore per lo storico incontro con il leader nord-coreano Kim Jong – un, non prima di aver detto in conferenza stampa di non poter accettare che gli stati Uniti vengano “usati come il salvadanaio dal quale tutti rubano” ma auspicando “un commercio libero da tariffe, barriere e sussidi”.
Nel pomeriggio di sabato, la dichiarazione comune e super generica che prevede: la riforma delle regole del WTO per correggere gli squilibri, lo sforzo comune di ridurre tariffe, barriere e sussidi, lotta al protezionismo e l’appello alla Russia a interrompere le “minacce alla democrazia”.
Le distanze restano e il testo non risolve i problemi, ammettono Merkel e Macron a margine della firma. Poi nella notte, dall’Air Force One, arriva il tweet di Trump.
(di Alessandra Esposito)