Amarcord: quando il Como vinse a San Siro grazie ai tacchetti magici

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Andate a raccontare ai tifosi del Verona che nella serie A 1984-85 c’è stato qualcosa di più storico dello scudetto dell’Hellas di Osvaldo Bagnoli. In effetti, di più storico forse no, ma in quel particolare e probabilmente irripetibile campionato, un episodio leggendario e successivamente entrato nel mito è realmente accaduto e ancora oggi in riva al lago di Como quell’irreale 13 gennaio 1985 è vivo più che mai nel cuore dei tifosi comaschi.

Il campionato italiano che inizia il 16 settembre 1984 è effettivamente di per sè già storico al via: c’è il sorteggio arbitrale e i direttori di gara non vengono più scelti, bensì estratti; c’è poi l’esordio in serie A di Diego Armando Maradona che il Napoli ha strappato al Barcellona e che debutterà proprio al Bentegodi di Verona contro i futuri campioni d’Italia; c’è il talentuoso brasiliano Socrates che a Firenze non lascerà un gran ricordo, c’è l’Udinese di Zico, ci sono gli inglesi del Milan, Hateley e Wilkins, e poi ci sono le neopromosse, tutte e tre provenienti dalla Lombardia: l’Atalanta, vincitrice della serie B 1983-84, la giovane Cremonese di Emiliano Mondonico e il Como, guidato da Ottavio Bianchi, una formazione che ha conquistato la serie A l’anno prima grazie al tecnico Tarcisio Burgnich e che ha deciso il cambio tecnico ad inizio stagione, affidandosi all’allenatore che guiderà poi il Napoli al suo primo scudetto appena due anni più tardi. Anche il Milan ha cambiato l’allenatore: al posto di Ilario Castagner (peraltro esonerato a campionato in corso e sostituito provvisoriamente da Italo Galbiati) è tornato Nils Liedholm dopo gli anni trionfali a Roma. E’ ancora il Milan di Farina, una società media della serie A italiana senza particolari ambizioni da primato e con la qualificazione in Coppa Uefa come unico traguardo possibile.

Como e Milan rispettano più o meno fedelmente le consegne di inizio campionato: i lariani giocano un buon calcio e sono implacabili in casa dove non perdono mai e dove non prendono nemmeno gol, mentre i rossoneri veleggiano a metà classifica puntando a quella Coppa Uefa che non sembra però così semplice da raggiungere. Il 13 gennaio 1985 va in scena l’ultima giornata del girone d’andata e a San Siro si gioca proprio Milan-Como, una gara caratterizzata dal freddo pungente che sta attraversando tutta la Lombardia e che il giorno successivo si sposterà con insistenza proprio intorno al Lario. Il Como è reduce dal pareggio di Avellino e dallo 0-0 di due settimane prima in casa contro la capolista Verona, mentre il Milan ha vinto in casa della Lazio in una partita rinviata di un giorno a causa della neve, proprio quella stessa neve che si sta per abbattere su Milano in quel 13 gennaio con temperature polari. Lo stadio milanese si presenta gelato, i calciatori si riscaldano le mani soffiandoci sopra nel pre partita, il pubblico si reca allo stadio con tutte le precauzioni possibili, dai cappotti pesanti ai cappelli, dalle sciarpe alle coperte in cui avvolgersi nelle due ore che passeranno a San Siro.

A dire il vero, il pubblico non è moltissimo, Milan-Como non è una sfida d’alta classifica e la giornata consiglia di starsene chiusi in casa al calduccio, ascoltando le partite alla radio prima di vederne i riflessi filmati a Novantesimo Minuto. La gara ha inizio e sin dal principio si intuisce che il Como ha qualcosa in più: gli azzurri corrono il doppio del Milan, fraseggiano a centrocampo ed arrivano facilmente al tiro, mentre i rossoneri sono fermi e giungono sempre secondi sul pallone, oltre a scivolare paurosamente su un campo che col passare del tempo si fa sempre più scivoloso perchè la temperatura si avvicina pericolosamente al di là dello zero e il ghiaccio rende l’erba insidiosissima. Nessuno fra i milanisti sta in piedi, al contrario di un Como che gioca come se fosse primavera inoltrata; al 26′, poi, una conclusione spettacolare al volo di Matteoli dal limite dell’area di rigore si insacca a fil di palo portando meritatamente in vantaggio gli uomini di Bianchi. Gianfranco Matteoli è il cervello della squadra lariana, è il regista che dirige il gioco, imposta le azioni e detta i tempi della compagine azzurra; sarà notato dall’Inter che ne farà il fulcro dello scudetto dei record di Trapattoni nel 1989 e diventerà il direttore d’orchestra del Cagliari che tornerà in serie A e conquisterà una miracolosa salvezza con Claudio Ranieri in panchina nel 1991. Prima dell’intervallo, inoltre, il Como realizza anche il 2-0 grazie ad uno stacco da centravanti puro di Pasquale Bruno, che di mestiere fa il difensore ma che è in libera uscita nell’attacco comasco approfittando dell’immobilismo della retroguardia milanista, ferma e piantata a terra. Milan-Como 0-2 al 45′: stanno saltando diversi banchi, primo fra tutti quello del Totocalcio che si prepara a sborsare vincite da record.

Nel secondo tempo, tra l’altro, succede poco o nulla, il tempo peggiora, il Milan attacca a fatica e il Como si difende con ordine senza rischiare praticamente niente. Finisce così, col successo dei lariani a San Siro su un campo ormai completamente bianco e nella sorpresa generale; a fine gara, Ottavio Bianchi elogia i suoi ragazzi, dice che seppur giovani, si allenano con costanza e serietà. Il tecnico lariano dice pure che il ritmo è stata la caratteristica migliore del suo Como nella splendida giornata milanese che da fredda e gelida si è trasformata in caldissima. Qualcuno, però, inizia a sospettare che dietro quel successo soprendente ci sia dell’altro: il Milan cadeva e scivolava ad ogni azione, il Como correva e saltellava come se nulla fosse; com’è stato possibile? Nasce così, riguardando le immagini alla televisione, la leggenda secondo cui i lariani calzassero ai piedi scarpette magiche, dotate di tacchetti dalla miglior presa sul terreno e, chissà, magari irregolari. Il Como ha vinto a San Siro grazie alle scarpe miracolose, scriverà qualcuno nella settimana che consacra gli azzurri ed il proprio allenatore; al campo di allenamento della squadra vengono spediti giornalisti e reporter, i calciatori lombardi un po’ se la ridono giocando sull’ipotesi miracolosa ed un po’ si infastidiscono perchè temono che la loro vittoria possa essere messa in discussione o ridimensionata. Nulla di tutto ciò: la leggenda prosegue, ma la realtà dice che il Como aveva ai piedi dei semplici scarpini a 5 tacchetti metallici, fatti comperare in Germania su consiglio di Hansi Muller, calciatore tedesco dei lariani, abituato a simili campi ed abilissimo a suggerire alla società il miglior acquisto invernale.

A fine stagione, il Milan raggiungerà la qualificazione in Coppa Uefa grazie al quinto posto finale, mentre il Como acciufferà una meritatissima salvezza stabilendo anche il record di imbattibilità in casa con zero sconfitte ed appena due reti al passivo. Il 13 gennaio 1985 resta storico per la serie A: oltre al “miracoloso” successo del Como a San Siro, infatti, quel giorno ad Avellino arriva pure la prima sconfitta in campionato del Verona capolista che vincerà l’incredibile scudetto che ancora oggi tutti ricordano come una delle più grandi imprese nella storia del calcio. Evidentemente, in quella freddissima giornata di inverno, qualcosa di magico sul calcio italiano dovrà in ogni caso essersi abbattuto.

di Marco Milan

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