Amarcord: c’era una volta il Barletta in serie B

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Era tutto un altro calcio in quei favolosi anni ottanta: il calcio che in Italia spopolava e che vedeva le squadre nostrane imporsi sui campi di tutta Europa. Ma era anche il calcio di provincia, di piccole compagini che si affacciavano allora nel pallone dei grandi e che oggi sono solide realtà, dall’Empoli al Lecce, fino al Parma. E poi c’era il Barletta, sconosciuto nel panorama calcistico nazionale e diventato in pochi anni centro della serie B, in 4 indimenticabili stagioni.

E’ il giugno del 1986 quando il Barletta Calcio, impegnato nel campionato di serie C1, vede sfumare la promozione in serie B, un salto di categoria storico e mai raggiunto dalla piccola società pugliese e che sembra rimanere un sogno impossibile da culminare. “Una stagione così sarà irripetibile”, sottolineano i tifosi barlettani quella domenica pomeriggio, senza sapere che solamente un anno dopo la squadra biancorossa guidata in panchina da Giuseppe Marchioro festeggerà ugualmente quel traguardo, centrando il secondo posto alle spalle del Catanzaro e raggiungendo quella serie B inseguita fin dalla sua fondazione. A Barletta la festa è indescrivibile al fischio finale di Sorrento-Barletta 0-1 del 7 giugno 1987: tutta la città si riversa nelle piazze e nelle vie, impazzita per una promozione storica ma meritata da parte di una squadra solida e ben organizzata, seguita per tutta la stagione da un pubblico appassionato che riempie costantemente il piccolo ma caldissimo stadio Comunale. L’artefice di quell’impresa è il presidente Franco Di Cosola che è umile ma molto determinato: “In serie B non saremo una comparsa”, afferma il patron al termine della gara col Sorrento. Il Barletta si prepara così a disputare la sua prima stagione in B, fra difficoltà ed inesperienza.

Ai nastri di partenza del campionato cadetto 1987-88 il Barletta viene relegato nei pronostici in ultima fila: l’organico a disposizione del nuovo allenatore Giorgio Rumignani sembra tutt’altro che competitivo e gli squadroni che popolano la serie B in quella stagione (Atalanta, Bari, Bologna, Cremonese, Genoa e Lazio, tanto per citare le più celebri) appaiono come giganteschi mostri pronti a fare un sol boccone di quel piccolo manipolo di ragazzi con la maglia biancorossa che mai hanno calcato quei campi. L’inizio del torneo, poi, non fa che dar ragione a chi vede il Barletta pronto a tornarsene subito in serie C e a chi inizia malignamente a soprannominarlo Burletta: l’esordio dei pugliesi in cadetteria è datato 13 settembre 1987 a Piacenza dove la squadra di Rumignani viene sconfitta 1-0 dall’altra neopromossa emiliana grazie ad una sfortunata autorete di Lancini. Nelle prime cinque giornate il Barletta ottiene solo 2 punti, frutto di due pareggi per 0-0 contro Arezzo e Brescia, mentre le tre gare in trasferta vengono tutte perse contro Piacenza, Lecce e Triestina; al termine di Barletta-Brescia 0-0 dell’11 ottobre, la società barlettana decide di esonerare Rumignani ed affidare la panchina ad Enzo Riccomini che sembra dare una scossa al gruppo che pareggia 1-1 in casa della fortissima Cremonese. Ma è un fuoco di paglia perchè il Barletta non vince, segna poco e gioca pure male perdendo malamente a Udine, a Bergamo e in casa contro la Lazio, racimolando stentati pareggi contro Modena e Sambenedettese; proprio dopo lo 0-0 casalingo contro i marchigiani arriva un altro scossone: in panchina torna Rumignani che, finalmente, il 13 dicembre 1987 riesce a cogliere la prima vittoria del Barletta in serie B al termine di un vibrante derby contro il Taranto, vinto per 2-1 grazie a una rete di Pileggi ad un soffio dal 90′; è un successo fondamentale per i biancorossi, dati da tutti per spacciati e bravi invece a dimostrare di essere ancora vivi.

Ma la strada verso la salvezza è lunga e tortuosa, il gruppo è unito e stretto attorno all’allenatore, ma ha tante lacune e la semplice forza di volontà rischia di non bastare in un campionato difficile come la serie B italiana. Alla fine del girone d’andata il Barletta mette insieme solo 10 punti e il ritorno in serie C appare scontato, anche perchè non si capisce come possa una squadra simile cambiare marcia nella seconda parte del campionato, tanto che un articolo della Gazzetta dello Sport elenca per filo e per segno possibilità e probabilità di salvezza delle squadre impegnate per non retrocedere, omettendo però di menzionare il Barletta, ormai considerato già spacciato. E invece nel girone di ritorno la compagine pugliese si trasforma improvvisamente: Rumignani registra la difesa e il giovane portiere Savorani chiude a doppia mandata la porta; gli esperti Pileggi, Magnocavallo e Scarnecchia diventano i leader del gruppo, in campo e nello spogliatoio, l’attaccante Cipriani comincia a buttarla dentro con discreta regolarità e i risultati iniziano a farsi vedere e sentire: il Barletta lascia all’Arezzo l’ultima posizione della classifica, quindi comincia ad arrampicarsi ancora più in alto, a rimontare posizioni come una macchina di Formula 1 che inanella sorpassi a ripetizione. Nelle prime 8 giornate del girone di ritorno i biancorossi restano imbattuti e conquistano pure 4 vittorie, compreso il 3-2 in rimonta contro i corregionali del Lecce che a fine campionato saliranno in serie A. E’ una rimonta pazzesca quella del Barletta che il 5 giugno 1988 batte 1-0 il Genoa con rete di Magnocavallo al 77′ e prenota una salvezza certificata poi coi successivi pareggi contro Bari e Bologna che sanciscono l’aritmetica permanenza in serie B dei pugliesi, traguardo forse ancora più incredibile della promozione di un anno prima, altro che Burletta.

Ma se salvarsi all’esordio è stato un miracolo, ripetersi sarà pressochè impossibile. Nell’estate del 1988 ricominciano i tormentoni sul Barletta già spacciato e sulle pochissime possibilità di salvezza della squadra ora affidata al nuovo allenatore Specchia; l’entusiasmo dei barlettani resta immutato, la formazione biancorossa è spinta e sospinta dai 15 mila del Comunale che vogliono godersi e tenersi stretta quella serie B apparsa per anni un semplice miraggio. Ma già prima dell’inizio del campionato arriva il terremoto: i risultati in Coppa Italia sono disastrosi col 5-1 patito a Bologna, il 3-0 incassato a Napoli e lo scialbo 0-0 casalingo contro una formazione di serie C come lo Spezia; così, a due giorni dall’inizio del nuovo campionato, Specchia saluta Barletta e al suo posto viene scelto Gesualdo Albanese, tecnico della Primavera. L’avvio della nuova stagione è però sorprendente, intanto perchè il presidente porta in Puglia nientemeno che Evaristo Beccalossi, ormai a fine carriera ma pur sempre un signor giocatore, e poi perchè il Barletta inizia col piede giusto in campionato pareggiando 2-2 all’esordio contro la Cremonese e vincendo 4-1 in casa con la Sambenedettese. Non mancano le domeniche buie, come quella del rovescio casalingo contro il Parma (0-3) o del ko nel derby di Bari, ma la sensazione è che stavolta la salvezza possa essere centrata con minor sofferenza rispetto all’anno precedente, grazie all’ottimo lavoro di Albanese e ad un gruppo molto ben amalgamato. Nel finale di campionato arrivano anche due vittorie consecutive per 4-1, la prima contro il Catanzaro e la seconda a Padova, sigillo ad una stagione coi fiocchi, chiusa al 12.mo posto, record della storia del club e punto più alto mai raggiunto dai biancorossi in serie B. Beccalossi è capocannoniere della squadra con 6 reti alla pari di Vincenzi, la città è grata ad una società che sta prolungando un sogno impossibile anche solo da fantasticare.

Il terzo anno del Barletta in serie B parte alla grande col successo estivo in Coppa Italia contro il Verona (compagine di serie A), ma come la stagione precedente, l’estate si porta via tante certezze e l’inizio di campionato è tutt’altro che semplice: arrivano sì due successi (entrambi per 1-0) contro Padova e Foggia, ma restano pure le uniche affermazioni dei pugliesi nelle prime 10 giornate. Il pubblico inizia a rumoreggiare, anche perchè la squadra gioca male, sembra la copia sbiadita della brillante formazione capace di salvarsi con anticipo l’annata precedente. Il 3 dicembre, dopo lo 0-2 casalingo contro l’Avellino ed una feroce contestazione dei tifosi dentro e fuori lo stadio, la società dà il benservito ad Albanese e affida la panchina a Mario Corso, altra ex gloria interista da calciatore. Il nuovo tecnico punta tutto sulla pragmaticità: pochi fronzoli e tocchi di fino, l’importante è portare a casa il risultato, se qualcuno si lamenta del gioco, pazienza. La formula pare funzionare: Corso esordisce nella difficilissima trasferta di Pisa al cospetto di una delle migliori compagini del torneo e che a fine stagione salirà in serie A, e il Barletta si presenta compatto e chiuso nella sua trincea con l’obiettivo di strappare uno 0-0 utile alla classifica e al morale del gruppo biancorosso. Lo 0-0 arriva e fa da preludio al succeso casalingo contro il Monza della settimana successiva. Il Barletta non dà certo spettacolo con Corso in panchina, ma pian piano riesce a risalire la graduatoria del campionato, collezionando tanti pareggi e qualche vittoria striminzita per 1-0, compresa quella del 25 febbraio 1990 in casa contro il fortissimo Torino, asosluto dominatore del torneo. La salvezza giunge grazie a due pareggi nelle ultime due giornate (1-1 col Brescia e 0-0 a Catanzaro) e grazie alla classifica avulsa: ben 4 formazioni, infatti, chiudono la stagione con 34 punti (Cosenza, Barletta, Monza e Messina) ma i barlettani possono fa festa in virtù dei risultati negli scontri diretti che permettono loro di ottenere la terza salvezza consecutiva e il diritto a disputare il quarto torneo di fila fra i cadetti.

Nonostante l’arrivo in Puglia dell’ex romanista Odoacre Chierico, il Barletta 1990-91 appare squadra assai indebolita rispetto all’anno precedente: il nuovo allenatore Salvatore Esposito è chiamato ad un’autentica impresa con in mano un gruppo di valore assai basso e col contorno di un pubblico che ha smesso di inneggiare la squadra come prima ed è in aperta contestazione col presidente Di Cosola, accusato di spendere poco e male per rinforzare l’organico e di non avere più a cuore le sorti del Barletta come qualche anno prima. “La città e i tifosi si sono imborghesiti – ribatte il patron – quasi 4 anni di serie B gli hanno fatto male, pensano che siamo diventati il Milan, ma noi siamo sempre il Barletta”. La nuova stagione non parte con buoni auspici, eppure nelle prime giornate la squadra di Esposito si difende bene in un campionato che la vuole già spacciata in partenza: al Comunale cade perfino il super Foggia di Zeman che a fine torneo vincerà il campionato e darà vita alla fantastica epopea zemaniana pure in serie A. Ma il Barletta nel girone d’andata ottiene anche altri ottimi risultati, come lo 0-0 in casa del Verona e il 2-2 di Cremona (altre future promosse) o il 4-0 inflitto al Messina. Il 3-0 all’Avellino del 10 febbraio 1991 è il canto del cigno del Barletta in serie B, poichè da quel momento e da una salvezza quasi solo da ratificare con l’aritmetica, la squadra si spegne e tutti i limiti temuti ad inizio stagione e mai riscontrati finora, si palesano improvvisamente: l’1-5 casalingo col Verona lancia più di un campanello d’allarme in casa barlettana, ma in generale si nota come la squadra stia lentamente perdendo fiducia e vada progressivamente distruggendosi. Dopo la sconfitta per 2-0 rimediata a Foggia, Esposito viene esonerato e la panchina affidata al più esperto Roberto Clagluna, ma i risultati continuano a mancare e la classifica si fa sempre più pericolosa.

La vittoria per 2-0 contro la Lucchese del 12 maggio 1991 è ad oggi l’ultima del Barletta in serie B, giunta quando ormai c’era ormai poco da salvare. I biancorossi retrocedono chiudendo la stagione all’ultimo posto con 28 punti, lasciando la serie B dopo 4 anni e chiudendo un capitolo splendido, la pagina più importante dell’intera storia barlettana. Da allora, infatti, oltre a tante delusioni in campo, a Barletta si sono vissuti spettri di fallimenti continui e ripartenze dai campionati dilettantistici, qualche buona stagione di serie C ma nulla che potesse anche solo minimamente avvicinarsi a quei 4 anni di quella serie B mai più assaporata da quelle parti; anni custoditi per sempre nel cuore e nella mente di un popolo che spera ancora oggi che quel sogno un giorno si possa anche ripetere.

di Marco Milan

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