Amarcord: la morte scomoda, segreta e dimenticata di Giuliano Giuliani, il portiere del Napoli di Maradona

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Aveva iniziato a fare il portiere per emulare le gesta di Enrico Albertosi, suo idolo da bambino. Giuliano Giuliani è stato un portiere conosciuto ed apprezzato negli anni ottanta, ha giocato in serie A e vinto, vinto a Napoli dove solitamente si vince poco. Ha giocato e vinto con Diego Armando Maradona, un personaggio completamente diverso da lui, un guascone tutto vizi e mondanità, mentre la vita di Giuliani è stata caratterizzata da calma, silenzi e riservatezza. Una vita terminata presto e altrettanto presto dimenticata.

Nato a Roma ma cresciuto e vissuto ad Arezzo, Giuliano Giuliani, classe 1958, si afferma in fretta nel mondo del calcio: è un portiere essenziale, poco appariscente ma assai efficace, bravo sia fra i pali che nelle uscite. Gioca con le maglie di Arezzo, Como e Verona fin quando nel 1988 il Napoli lo sceglie come successore di Garella, curiosamente lo stesso portiere sostituito da Giuliani anche a Verona. E’ il Napoli di Diego Maradona, il Napoli che vuole vincere in Italia e in Europa, ma anche il Napoli dei vizi e degli stravizi, della cocaina, delle feste a luci rosse, il gruppo a cui la Napoli città perdona tutto perchè dopo tanti anni di anonimato la squadra ha vinto lo scudetto ed è fra le più forti d’Italia. Alla prima stagione in azzurro, 1988-89, Giuliani è protagonista della vittoria dei partenopei in Coppa Uefa, il primo e al momento unico alloro europeo del Napoli; il secondo anno, poi, la squadra allenata da Alberto Bigon conquista lo scudetto, il secondo della storia napoletana, e Giuliani è fra i simboli del successo di un Napoli che si appresta così a riprovare l’avventura in Coppa dei Campioni, il grande sogno di Giuliano che quella coppa se la sogna pure di notte. Non la giocherà mai, però, perchè nell’estate del 1990 il Napoli cambia ed acquista dal Milan Giovanni Galli, per Giuliani si chiudono le porte del Napoli, dell’Europa e della Coppa dei Campioni; il portiere termina la carriera con tre anni a Udine dove incredibilmente prende un’altra volta il posto di Garella, una costante nella vita calcistica di Giuliani che si ritira nel 1993 dopo aver festeggiato la salvezza in serie A dell’Udinese nello spareggio di Bologna contro il Brescia. Bologna, la stessa città dove Giuliani si ritira a vivere assieme alla famiglia negli ultimi tre anni della sua sfortunata esistenza.

Perchè fin qui si è parlato del Giuliano Giuliani atleta e professionista, ma la sua storia, purtroppo, è costellata anche da un contorno che col calcio c’entra ma fino ad un certo punto. Già nel 1992 un giornale esce con l’agghiacciante titolo: “Giuliani ha l’AIDS”. Uno scoop terribile che paralizza il mondo del calcio, anche perchè Giuliano Giuliani è ancora un atleta in attività, sapere che ha una malattia così grave e contagiosa è una scoperta terrificante; tutti attendono la conferma o la smentita del diretto interessato che, però, è come sempre schivo ed introverso, si limita a dire lontano dai microfoni: “Bastardi! Sono capaci solo di mettere in giro voci”. Sembra un no, il suo, in realtà non conferma e non smentisce. Coinvolto in una storia per spaccio di droga dalla quale esce pulito nel giro di 24 ore appena, di Giuliani si perdono le tracce perchè esce dal mondo del calcio e si ritira a Bologna dove ha un magazzino di abbigliamento. Di lui non si sa più niente fino al 14 novembre del 1996 quando le agenzie di stampa battono la notizia della sua morte a soli 38 anni; la causa ufficiale è legata a complicazioni polmonari, ma si dice che già da tempo le sue difese immunitarie fossero notevolmente diminuite. Inoltre la morte avviene all’ospedale Sant’Orsola di Bologna e nel reparto malattie infettive. Fin da subito si capisce che c’è mistero intorno alla morte dell’ex calciatore, che esista una verità ufficiale ed una reale non detta. Dal mondo del calcio arrivano cordoglio e commozione, ma nessuno pare interessarsi veramente alla vicenda; Osvaldo Bagnoli, allenatore di Giuliani ai tempi del Verona, dice: “Ho perso un amico. Quando arrivò a Verona era un tipo chiuso, introverso, parlava pochissimo e io parlavo meno di lui, eppure andavamo d’accordo, avevamo rispetto reciproco e quel poco che ci dicevamo bastava a tutti e due”.

Giuliano Giuliani muore a 38 anni lasciando una bambina, Gessica, di 7 anni ed una ex moglie che tanto sarà utile per far conoscere la verità e per far entrare gli appassionati di calcio nel vero mondo di Giuliano. Lei è Raffaella Del Rosario, ex valletta televisiva molto in voga negli anni ottanta, sposata con Giuliani dal 1988 al 1991, conosciuto nel 1987 ad una festa: amore a prima vista. La storia del calciatore e della stellina della tv, una vicenda abbastanza usuale, una notizia che non fa scalpore, così come scalpore non fa la loro separazione, anche se dopo appena tre anni di matrimonio. Raffaella Del Rosario decide di lasciare Giuliano Giuliani per una ragione ben precisa: il marito torna a casa un giorno ed è triste, rabbuiato, più silenzioso del solito. Alla fine non può tacere: racconta alla moglie di aver fatto delle analisi ben specifiche e di aver ottenuto le risposte; ha contratto il virus dell’HIV, ha l’AIDS. “Non ho scampo”, si lascia scappare. La Del Rosario è sotto shock, riesce solo a chiedergli come sia stato possibile rimanere contagiato, lui che non ha mai toccato droga in vita sua, lui che è un atleta, lui che non ama la vita notturna, gli eccessi sfrenati. Giuliani risponde con un filo di voce che l’ha tradita, una volta, una volta sola, con un’altra donna. Può essersi infettato solamente in quell’occasione. Raffaella lo lascia, è delusa per il tradimento, arrabbiata perchè sa, intuisce, deduce che quella scappatella può essere avvenuta il 7 novembre 1989 quando il marito ha partecipato allo sfarzoso matrimonio di Diego Armando Maradona a Buenos Aires, evento a cui lei non ha potuto presenziare perchè aveva appena partorito. Un matrimonio chiacchieratissimo, così come chiacchieratissimo era quel Napoli fuori dal campo: cocaina, festini a luci rosse, orge, squillo di lusso, possibili coinvolgimenti con la Camorra. Ma Raffaella Del Rosario non vuole entrare in simili vicende, si limita a parlare del marito e dell’AIDS, di quegli amici del calcio che lo hanno lasciato solo durante la malattia e pure dopo.

Sì, perchè di Giuliano Giuliani nessuno parla, nemmeno oggi, nessuno lo ricorda, nessuno ha un pensiero per lui, nemmeno a Napoli dove è stato il portiere del secondo scudetto, dove la gente lo amava per ciò che era, taciturno e solitario, l’esatto contrario di una città turbolenta e chiassosa, l’esatto contrario di una squadra di marpioni e festaioli, capitanati dal lussurioso Maradona. Giuliani non c’entrava nulla con loro come uomo, forse non c’entrava nulla col calcio, anche le sue interviste, rare e tutto sommato banali, erano semplici sussurri, monosillabi di risposta alle domande dei giornalisti, la perenne sensazione che se avesse potuto ne avrebbe volentieri fatto a meno. Giuliano Giuliani contrae l’AIDS forse al matrimonio di Maradona, forse ad un’altra festa a Napoli, di certo è una donna a contagiarlo, lo confessa lui stesso a sua moglie; lei lo lascia, va via, poi torna, non più come moglie ma come compagna, come unico sostegno di una vita ormai prossima alla fine. E’ lei a sostenerlo, è lei l’unica a non aver paura di quella malattia che a Giuliani fa terra bruciata intorno: qualcuno all’interno del calcio sa, qualcuno no, ma in ogni caso tutti se ne infischiano, di lui e della sua salute. Il 14 novembre 1996 Giuliano Giuliani, debilitato e perennemente assalito da bronchiti, tossi e difficoltà respiratorie, si alza presto ed accompagna la figlioletta a scuola, la bacia, la saluta e fa per tornare a casa. Non ci arriverà mai. L’ex portiere si sente male e si accascia a terra; lo ricoverano immediatamente, l’ospedale Sant’Orsola di Bologna lo accoglie nel reparto malattie infettive, un bunker da dove non filtra nulla e nel quale i pazienti sono protetti da qualsiasi spiffero sulle loro condizioni di salute. Raffaella Del Rosario corre al capezzale del marito, ma non ha nemmeno il tempo di capire, di parlare coi medici: la sera stessa, intorno alle 21, Giuliano Giuliani si spegne per una crisi polmonare derivante dallo stato avanzato dell’AIDS. La notiza viene battuta qualche ora dopo, poche righe, fredde, laconiche, nessuno dei vecchi compagni del pallone sembra interessarsi più di tanto e così sarà nei successivi vent’anni.

Il mistero sulla morte di Giuliano Giuliani sembra un po’ il segreto di Pulcinella: in molti sanno, nessuno ne parla. Fa comodo tenere lontano l’AIDS dal dorato mondo del calcio, fa comodo lasciare fuori una morte scomoda da un mondo comodo, del resto, si sa, chi muore giace e chi resta si dà pace. Si dà pace anche Raffaella Del Rosario che per anni mantiene riservatezza sulla fine dell’ex marito, fin quando qualcuno non le attribuisce dichiarazioni inventate di sana pianta nelle quali avrebbe insultato il Napoli di Maradona e l’allora presidente partenopeo Corrado Ferlaino, tutti colpevoli della morte di Giuliani. Raffaella prende così coraggio e nel 2010 rilascia una lunga intervista* in cui ammette che l’ex marito è morto di AIDS, contratto dopo un tradimento con una donna, forse il giorno del matrimonio di Maradona nel 1989. Ammette che per anni non ne ha mai parlato, per riservatezza, anche per vergogna, per salvaguardare la figlia, per non alimentare polemiche. Poi, però, ecco la verità ed ecco la delusione nei confronti del calcio, una macina di soldi, un nucleo di omertà che scaccia con decisione ogni tipo di interferenza che ne possa minare la comodità e quell’aurea di perfezione che lo circonda: fuori l’omosessualità perchè i calciatori devono essere i super machi con più avventure possibili, ma rigorosamente con donne, fuori le malattie perchè i calciatori devono essere fisicamente perfetti e psicologicamente forti. Giuliano Giuliani, già troppo schivo in attività per i gusti del pallone, viene emarginato anche da morto, perchè la sua morte è troppo scomoda per essere ricordata, la verità troppo pesante per essere rivelata.Anche oggi che quel 14 novembre 1996 è lontano ma più chiaro agli occhi di chi per anni si è interrogato su quelle complicazioni polmonari derivate non si sa bene da cosa, di Giuliano Giuliani non si parla più. Anche oggi a chi chiede qualcosa ai suoi vecchi compagni di squadra, le risposte sono sempre le stesse: “Un bravo ragazzo, un buon portiere, un destino triste”. Nient’altro, la parola AIDS neanche nominata, fa paura anche adesso, anche ora che Giuliani non c’è più.

Alla fine degli anni novanta il Bari tessera un attaccante africano, tale Chukwu, sieropositivo. Nessuno lo sa all’esterno, lo sanno però dirigenza e compagni di squadra. Il ragazzo resta poco a Bari, gioca pochissimo, non segna praticamente mai. Chiedete ai suoi vecchi compagni di squadra cosa pensino di lui e della sua sieropositività: nessuno sarà chiaro e sincero, tutti abbasseranno gli occhi senza dire niente di sensato. A Giuliano Giuliani è andata anche peggio: Giuliano Giuliani è morto di AIDS, da solo, così come da solo è rimasto dopo la sua morte; la sua vita si è fermata ancor prima di quel 14 novembre 1996, la sua vita si è fermata alle prime voci sull’HIV, da allora sembrano scomparsi anche i ricordi di calciatore, come in un film di fantascienza sembra che Giuliano Giuliani non sia mai esistito. E’ esistito eccome, invece, ha giocato a pallone e vissuto la sua vita, pagando a carissimo prezzo un errore commesso, un errore che può imputare a sè stesso e al contesto in cui si è trovato. Giuliano Giuliani vive ancora nei ricordi che pure in tanti hanno provato e provano tuttora ad offuscare.

*intervista rilasciata a Libero l’11 ottobre 2010.

di Marco Milan

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