Legge elettorale, ritirato il testo base in Commissione. Salta l’intesa alla Camera

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Il Parlamento torna a discutere di legge elettorale.  Ma l’accordo verso un testo condiviso appare ancora lontano.  Dopo un nutrito gruppo di proposte di legge, il testo base presentato l’11 maggio dal relatore Andrea Mazziotti, è stato ritirato prima del voto previsto per il 16 maggio. Lo stop alla Camera, in Commissione Affari Costituzionali, comporterà probabilmente tempi più lunghi per la presentazione della proposta di legge in Aula.

Commissione I Affari Costituzionali
Commissione I Affari Costituzionali Fonte foto: www.camera.it

La Camera dei Deputati il 16 maggio, in sede referente, avrebbe dovuto votare il testo per introdurre la Modifica della legge elettorale per l’elezione dei componenti del Senato. La proposta, presentata dal relatore centrista del gruppo “Civici e Innovatori”, Andrea Mazziotti Di Celso, Presidente della I Commissione Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni, non è riuscita a mettere d’accordo i componenti della Commissione di Montecitorio. Nella fitta agenda pomeridiana del 16 maggio, il voto per estendere al Senato la legge elettorale in vigore alla Camera, alla fine, non è arrivato. Tutto da rifare, o quasi. Ripresentare un nuovo testo, con molta probabilità, si tradurrà in uno slittamento della discussione del provvedimento in Aula, inizialmente calendarizzato alla Camera il 29 maggio.

Nella tarda serata di ieri, il relatore Mazziotti ha deciso di ritirare la sua proposta, dopo che il Pd aveva preannunciato la bocciatura del testo base. Il “no” sarebbe arrivato anche da Lega, Ala, Svp e DirIt. Il testo Mazziotti, invece, avrebbe incassato i “sì” di M5s, Fi, Ap e piccoli partiti. Mdp e SI si sarebbero astenuti. La maggioranza, almeno in Commissione, ci sarebbe stata. Alla vigilia del voto, il partito di maggioranza relativa ha negato il suo appoggio. “Non possiamo tornare al proporzionale. E l’Italicum che ci viene proposto è un proporzionale puro”, aveva dichiarato il capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato.

Il testo base presentato dal relatore Mazziotti arrivava dopo 31 proposte di legge che si sono susseguite in Commissione. Difficile trovare un’intesa: troppo distanti le posizioni delle forze politiche per convergere su un testo di partenza, che avrebbe potuto avere il via libera per poi essere sostanzialmente emendato. Invece, dopo il “no” al “Legalicum” che piaceva ai pentastellati, resta in piedi la prospettiva del “Mattarellum” modificato, come ha confermato il capogruppo del Pd in Commissione Affari costituzionali, Emanuele Fiano: «Noi proponiamo come testo base uno che si basa sul 50% di maggioritario e collegi e 50% di proporzionale».

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Fonte immagine: Pixabay

Il Partito Democratico, insomma, vorrebbe un meccanismo simile a quello tedesco, un sistema più maggioritario. Se non dovesse arrivare in tempi brevi, però, la legge elettorale valida per la Camera potrebbe essere estesa al Senato, così com’è. I giudici della Corte Costituzionale, infatti, avevano definito la legge elettorale frutto della sentenza 35/2017 “suscettibile di immediata applicazione”. Tuttavia, dopo la sentenza della del 25 gennaio 2017, i partiti puntavano a cambiare le cose in Parlamento. Non sono mancate le sollecitazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sulla necessità di adottare un sistema omogeneo tra le due Camere, ma adesso, lo stop in Commissione rischia di creare, di fatto, una (nuova) situazione di stallo, quando l’inizio dell’iter sembrava avviato.

Le divergenze verso il sistema elettorale proporzionale corretto dalla Consulta – che bocciava il ballottaggio, concedendo il premio di maggioranza a favore della lista in grado di ottenere il 40% dei voti, ammettendo le candidature plurime dei capolista, a patto di scegliere il candidato per sorteggio – si erano fatte sentire subito dopo la pronuncia. A poco più di tre mesi dal deposito delle motivazioni, gli schieramenti politici non riescono ancora a trovare un’intesa.

La “rappresentatività”, che per la Corte Costituzionale il meccanismo del ballottaggio andava a ledere, resta centrale anche nella discussione di questi giorni, così come la questione della “governabilità”. La modifica “minimale” della legge elettorale, ribattezzata “Italicum bis”, basata sull’estensione anche al Senato dell’impianto dell’Italicum, previsto dalla legge elettorale n. 52 del 2015, dopo i correttivi della Corte Costituzionale, non convinceva del tutto nemmeno il relatore: «Questa soluzione sicuramente rappresenta il miglior risultato nelle condizioni date, ma sicuramente non il sistema elettorale che preferisco». Punti chiave della proposta Mazziotti erano: l’introduzione del premio di maggioranza al Senato, per la lista che detentrice di almeno il 40% dei voti; 50 collegi al Senato, plurinominali con delega al governo; soglie di sbarramento uniformi al 3% sia alla Camera che al Senato, su base regionale; un sistema di liste identico a quello dell’Italicum anche al Senato, con capilista bloccati e preferenze.

Comunque la si voglia chiamare – “Italicum bis”, “Legalicum”, “Verdinellum”, Cespugliellum” – la legge elettorale resta un tema spinoso. Le forze politiche continuano a lavorare ad una soluzione condivisa, mettendo in chiaro i “punti irrinunciabili” in vista del prossimo testo che approderà in Commissione. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, a poche ore dal ritiro del testo, su Facebook ha dichiarato: «Chiediamo un sistema elettorale proporzionale (con eventuale premio di maggioranza alla coalizione che raggiunge il 40%), […] escludendo quindi il voto di preferenza», contrariamente al “Verdinellum” (sul quale “molto perplessi” sono i componenti di FI) e che potrebbe essere la prossima (papabile) alternativa.

Fortemente critico è il Movimento 5 Stelle, che aveva espresso il suo appoggio al testo Mazziotti. Come ha sottolineato il Portavoce alla Camera Danilo Toninelli su Twitter: «Il Verdinellum è l’Anti5Stellum del Pd: ammucchiate, liste bloccate e potentati locali. Peculiarità di una II Repubblica dura a morire». Riconferma del relatore a parte, è appena ricominciata la strada delle negoziazioni tra i gruppi parlamentari verso nuove alleanze su un testo che possa mettere d’accordo la maggioranza della Camera e soprattutto passare il vaglio del Senato.

(Elena Angiargiu)

 

 

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