Donne “intruse” al potere

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L’associazione Openpolis ha pubblicato il minidossier “Trova l’intrusa” dedicato all’analisi del numero di donne con incarichi di potere rilevanti

"Trova l'intrusa" minidossier firmato da OpenpolisTrova l’intrusa“: ha un titolo emblematico il rapporto steso dall’associazione Openpolis che indaga la presenza delle donne in ruoli significativi all’interno del panorama politico – economico nazionale e internazionale.

In generale, la situazione delineata dal minidossier risulta piuttosto positiva: si attesta attorno al 30 per cento, infatti, la percentuale delle donne presenti in settori decisionali importanti, a livello nazionale e internazionale. Per fare esempi concreti, sono il 30% le titolari di seggi nel Parlamento italiano ed europeo e, per la prima volta nel 2016, le donne hanno conquistato il 30 per cento degli incarichi nei consigli di amministrazione delle aziende quotate in Borsa Italiana.

I dati positivi, dunque, esistono e sono innegabili.

Tuttavia, andando più a fondo, si può comprendere come,in realtà, il percorso professionale delle donne non viaggi lungo una linea univoca e determinata. Come si legge nel minidossier del 2017, infatti, se è fuori discussione la crescente presenza femminile nei “palazzi del potere”, è altrettanto evidente quanto siano ancora lontane le conquiste di quelle poltrone che davvero contano. Prendiamo il caso, per esempio, dei ruoli all’interno delle società quotate in Borsa. Come già evidenziato, la presenza delle donne nei consigli di amministrazione è aumentata in maniera consistente, tuttavia è necessario sottolineare quanto sia ancora esiguo il numero delle amministratrici delegate: attualmente solo 2,5% delle figure femminili ricoprono questo ruolo.

È chiaro che evidenti passi in avanti sono stati compiuti altrimenti non avremmo Federica Mogherini come vicepresidente della Commissione Europea e Alto rappresentate dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o Laura Boldrini alla presidenza della Camera dei deputati. Non avremmo Virginia Raggi e Chiara Appendino che, nelle ultime elezioni amministrative, sono state elette a guida di due grandi città come Roma e Torino. Una novità non da poco, considerando la tendenza totalmente negativa che vede soltanto 9 prime cittadine nei 106 capoluoghi di provincia (l’8,4%).

Eppure, salendo verso i vertici istituzionali, la presenza femminile diminuisce in modo consistente. Tale tendenza, in Italia, è confermata soprattutto nel panorama politico: in parlamento, per esempio, quando si osservano con occhio critico gli incarichi ricoperti da deputate o senatrici; oppure al governo, confrontando il numero di ministre con quello delle viceministre e sottosegretarie. In Europa, infine, dove ad una buona percentuale di europarlamentari (37%) corrispondono numeri molto bassi nelle istituzioni più importanti dal punto di vista decisionale: nel consiglio europeo le donne sono solo 4 su 28, nell’ecofin (l’istituzione finanziaria di maggior rilevanza) 3 su 28 e al consiglio degli affari esteri addirittura 1 donna su 28 componenti.

Questo per dire quanto sia ancora poco coerente la strada intrapresa: perchè, di fatto, all’aumentare della presenza femminile nei luoghi del potere non coincide un innalzamento del numero di donne nei ruoli chiave della politica e dell’economia.

Quasi a voler dire che va bene progredire e intraprendere un percorso orientato verso la parità di genere, ma sempre entro alcuni limiti. Tale realtà, tradotta in linguaggio comune, racconta una certa diffidenza nei confronti di una totale eguaglianza professionale tra uomini e donne. La speranza è che sia una diffidenza momentanea, la stessa che interviene di fronte a una situazione totalmente nuova e sconosciuta e che, con il passare del tempo e l’apertura al confronto esterno, lascia spazio ad una fiducia costruttiva, naturale e progressista.

(di Giulia Cara)

Fonte immagini: openpolis.it

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