Roma, Festa dell’Unità: scintille Giachetti-D’alema su referendum

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Nel quartiere di Pietralata a Roma, ha preso vita in queste ultime settimane la Festa dell’Unità di Roma.

giachetti-dalema-mentana-e1474057593337-1024x717Quest’anno l’iniziativa della sinistra italiana ha ospitato uno dei dibattiti più attesi e caldi di questo periodo: nella serata di venerdì, moderati da Enrico Mentana, si sono confrontati e scontrati Massimo D’Alema e Roberto Giachetti. I due hanno scritto l’ennesimo capitolo del dibattito sul referendum costituzionale, davanti ad una folla gremita e animata da entusiasmo e nervosismo da stadio.

Sotto la pioggia settembrina della Capitale D’Alema e Giachetti, tra urla e fischi, applausi e insulti, mostrano chiaramente le due diverse e lontanissime anime del Partito Democratico.

“Le uniche due cose che abbiamo in comune io e Giachetti sono l’iscrizione al Pd e la Magica”, dice D’Alema, aggiungendo: “Io non guido nessuna corrente, do semplicemente il mio contributo alla campagna referendaria perché c’è una parte della sinistra che non vuole votare sì. Mi sono mosso perché nessuno lo faceva”. Giachetti controbatte: “Gli italiani si sono stufati di aspettare riforme che da trent’anni non arrivano”.

Si passa allora a ricordare la storia più prossima e gli obiettivi raggiunti dalla sinistra nell’ultimo trentennio: “abbiamo fatto lotta politica, altro che chiacchiere – sottolinea D’Alema – abbiamo introdotto l’elezione diretta dei sindaci, è stata fatta la riforma del Titolo V nonostante io fossi contrario. E poi abbiamo modificato l’articolo 81 mettendo il pareggio di bilancio in Costituzione, abbiamo introdotto il giusto processo. Non sono chiacchiere. Il D’Alema del ’97 non avrebbe votato questa legge neanche per idea”, rincara l’ex Premier, per passare poi all’attacco: “Questa riforma è un pasticcio. Per citare Onida è una stravaganza ai limiti dell’amenità”.

Giachetti non resta a guardare e attribuisce storicamente alla sinistra la battaglia costituzionale: “Massimo, ti ricordo che nel programma del Pds si parla già di superamento del bicameralismo perfetto. Ed è quello che stiamo facendo noi oggi. Sei stato un leader storico e questa riforma discende dalla storia della sinistra che però troppo spesso si è risolta in chiacchiere”.

Ma per D’Alema resta un disegno inaccettabile: “viene fuori un pasticcetto dato che avremo un Senato proporzionale e una Camera ultramaggioritaria, con rischi seri di paralisi nel caso venissero fuori due diverse maggioranze, questa è una riforma costituzionale di governo, approvata da una ristretta maggioranza eletta con il Porcellum che la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale. Non c’è nessun mandato elettorale”.

Ma il vicepresidente della Camera si difende e difende il Premier: “riforme e Italicum erano il cuore del programma su cui Renzi ha ottenuto la fiducia delle Camere. Sono allibito dal tuo discorso” – l’affondo arriva così: “Vedo che Massimo si adopera per dare consigli ai grillini”. E da qui partono le urla da stadio, una parte del pubblico fischia, la maggioranza attacca Giachetti.

Ma la gara tra le tifoserie è serrata, sembra incredibile che si stia assistendo ad un dibattito tra due membri dello stesso partito. Le provocazioni sono continue e il clima, sotto i gazebo, si fa incandescente, nonostante la serata da autunno inoltrato.

“Giachetti non può provocare sempre – grida D’Alema – Mentana! Devi moderarlo! Hai capito?”. I sostenitori di Giachetti si infiammano: “Massimo, di’ qualcosa di sinistra! Dilla Massimo, ce la puoi fare!”. Mentana dal canto suo, smorza i toni paragonando i due a dei novelli Sandra e Raimondo.

Quando Giachetti tenta di riportare alla luce alcuni scheletri nell’armadio, come il Patto della Crostata tra D’Alema e Berlusconi: (accordo stipulato a casa di Gianni Letta per portare a compimento i lavori della Bicamerale) la folla termina la pazienza e non ci sta: “Se questi sono i vostri argomenti allora voto No”, grida un militante. D’Alema dal canto suo si limita a chiarire: “Non ci fu nessun patto e non ci fu nessuna crostata” – concludendo senza possibilità d’appello: “L’insieme di queste riforme, quella costituzionale e quella elettorale, riduce la sovranità popolare”.

(di Azzurra Petrungaro)

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