Golpe fallito in Turchia. Erdogan: “La pagheranno”

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Turchia. Il tentativo dell’esercito di rovesciare il premier Erdogan non è andato a buon fine. Ancora sconosciuti i veri organizzatori

Nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 luglio c’è stato un tentato golpe in Turchia. Il Paese, già sotto pressione per l’inasprimento del conflitto con i curdi, la gestione dei profughi siriani e il recente attacco terroristico all’aeroporto di Istambul, si trova in una posizione di instabilità. Non si sa chi sia dietro il tentato colpo di stato. L’esecutore materiale è stato l’esercito, e si sospetta un coinvolgimento delle sue alte sfere, dato che mezz’ora prima del primo atto ostile, la chiusura del ponte sul Bosforo a Istambul, gli attachè militari delle ambasciate turche in tutto il mondo hanno ricevuto la comunicazione di quanto stava per succedere.

Gli scontri maggiori si sono verificati a Istambul e ad Ankara. Il bilancio ufficiale a scontri conclusi è di circa 1500 militari golpisti arrestati e di 200 vittime. Di queste 104 sarebbero golpisti (probabilmente militari), 47 civili e 41 poliziotti. La polizia Turchia, infatti, come la Marina militare, si è schierata contro il golpe, dalla parte del presidente Erdogan.

Le giustificazione addotte dai militari per il colpo di stato sono state esplicitate sul loro sito: “Abbiamo preso il potere per proteggere la democrazia e ristabilire i diritti civili”. La ragione era la “restaurazione dell’ordine costituzionale, della democrazia, dei diritti umani e delle libertà, garantendo che la legge regni di nuovo nel Paese”. Era stato sottolineato anche che “tutti gli accordi internazionali sarebbero stati mantenuti, e le buone relazioni con tutti i Paesi del mondo continuate”.

Nella notte di venerdì sono state occupate le principali sedi di giornali, radio e televisioni turche. Le trasmissioni sono riprese quando i lealisti le hanno liberate. Critica è stata anche la situazione del presidente Erdogan: raggiunto dalla notizia del golpe mentre era a Marmaris, sulla costa egea, il premier è decollato da Bodrum, senza specificare la destinazione sul piano di volo. Sono girate molte voci sul Paese a cui avrebbe chiesto asilo, ma l’aereo si è limitato a sorvolare i cieli della Turchia fino a quando non è stato possibile atterrare a Istambul. Nel mentre, Erdogan, ha rilasciato un messaggio alla popolazione via Facetime, diffuso dalla CNN turca. Nel comunicato invitava la popolazione e i muezzin a diffondere il messaggio dello scendere in strada e contrastare i golpisti. Un appello che non è stato raccolto da tutta la popolazione: sono state riferite scene di gente che ad Istambul è scesa in strada ad acclamare i carri armati dei militari.

L’ordine è stato parzialmente ricostituito, anche se permangono ancora degli interrogativi, come il vero mandante e perché la scelta di colpire proprio in questo momento. In un primo momento era stato paventato il coinvolgimento di Fethullah Gülen, ex alleato di Erdogan, ora in un esilio autoimposto negli Stati Uniti. Gülen ha energicamente negato le accuse, prendendo le d

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